SOCIETÀ

Gianluca Costantini: la voce dei diritti attraverso il graphic journalism

Nell’Italia contemporanea, prendere posizione è diventato più rischioso. Molti preferiscono evitare di esporsi, lasciando ad altri il compito di combattere battaglie giuste ma scomode. L'attivismo non è per tutti, perché porta con sé conseguenze che spaziano dalla banale gastrite quando gli amici non comprendono l’importanza della tua visione alle ritorsioni di chi è al potere nel momento in cui diventi un personaggio ingombrante. Eppure è cruciale non cadere nell'apatia politica, perché i soprusi riguardano tutti: se viene manifestato un comportamento prevaricatorio da una persona o da un’istituzione, prima o poi le vittime saremo noi o i nostri cari.

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici […] Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare Martin Niemöller

Questo monito sottolinea l'importanza di impegnarsi attivamente per difendere i diritti di tutti, evitando di trovarsi soli quando sarà troppo tardi.
In questo contesto, il lavoro di Gianluca Costantini, fumettista e graphic journalist, emerge come un faro di speranza e impegno sociale: il suo lavoro continua a dimostrare come l'arte possa essere uno strumento potente di denuncia delle ingiustizie e come possa promuovere la consapevolezza sociale anche tra le persone distratte, che non si accorgono di cosa accade nel mondo.

Conosciuto per i suoi lavori che abbracciano tematiche come la libertà di stampa, i diritti umani e le migrazioni, Costantini utilizza la sua abilità artistica per raccontare storie, alcune delle quali sono trascurate dai media tradizionali. Abbiamo letto la sua ultima opera, Julian Assange - WikiLeaks e la sfida per la libertà d’informazione, edita da Altreconomia, e lo abbiamo intervistato per parlare del suo lavoro di graphic journalism.

Ma che cos’è un graphic journalist? Costantini lo definisce come un autore di fumetti che adotta le tecniche del giornalismo per creare opere che raccontano la realtà in modo visivo e narrativo. "Il giornalismo è un'attività complessa – ci spiega – che comprende la raccolta, la valutazione, la creazione e la presentazione di notizie e informazioni". Questa metodologia rende il graphic journalism un lavoro impegnativo, perché richiede una ricerca approfondita e una capacità di osservazione acuta della realtà che ci circonda. “A differenza di uno scrittore tradizionale, che può descrivere una strada di New York semplicemente con parole – continua Costantini – un giornalista di fumetti deve disegnarla, affrontando numerose domande pratiche e stilistiche. Come sono vestite le persone che camminano? Come sono i loro sguardi? Qual è l'aspetto della strada e del paesaggio circostante? Ogni dettaglio deve essere rappresentato visivamente, richiedendo una ricerca approfondita e una capacità di osservazione acuta. Questa necessità di illustrare con precisione rende il lavoro del graphic journalist unico. Non esistono due fumettisti che disegneranno New York nello stesso modo, anche se utilizzano gli stessi materiali di riferimento. La soggettività del disegno e l'interpretazione personale aggiungono un ulteriore strato di complessità e individualità al reportage visivo. Un disegnatore sceglie cosa rappresentare e cosa eliminare. Questo fa la differenza".

Il graphic journalist non solo informa, ma coinvolge il lettore attraverso un'esperienza visiva immersiva, offrendo una prospettiva unica sulla realtà documentata Gianluca Costantini

Uno dei progetti più recenti di Costantini è stato Portraits of Journalists in the Israel-Gaza Conflict, che racconta le storie di giornalisti che sono morti facendo il proprio lavoro, andando in prima linea per raccontarci la verità. L'idea parte da un dato di fatto: la Convenzioni di Ginevra del 1977 prevede che i giornalisti dovrebbero essere protetti dal diritto internazionale. Ma questo diritto viene effettivamente garantito? A giudicare dalle vittime di questo e altri conflitti sembrerebbe di no. Costantini ci ricorda che secondo il Committee to Protect Journalists 108 giornalisti sono stati uccisi da quando Israele ha dichiarato guerra ad Hamas dopo il suo attacco nel sud di Israele il 7 ottobre. Da quando CPJ ha iniziato a raccogliere questi dati, non c’è stato un conflitto paragonabile per numero di vittime tra i giornalisti.

"Ogni volta che un giornalista viene ucciso in guerra – spiega Costantini – una parte della verità ci viene sottratta. Il mio impegno come artista e attivista politico nel ritrarre le vittime di abusi sui diritti umani ha lo scopo di far sentire le loro voci, disegnandole. È un gesto di cura per la memoria di coloro che non sono più con noi e che avevano scelto il compito di testimoniare come loro missione".

Rispetto a quando ha iniziato a lavorare, il clima in Italia è cambiato, anche se per ora Costantini ci dice che non ha ancora paura (parliamo però di una persona accusata di terrorismo dal governo turco, quindi la sua situazione non è paragonabile a chi agisce solo in ambito nazionale, anche se dobbiamo aggiungere, appunto "per ora"): “In Italia ci stiamo dirigendo – spiega infatti Costantini – verso un governo molto autoritario. Rispetto a qualche anno fa, bisogna fare più attenzione a ciò che si scrive e si disegna, rischiando di auto-censurarsi preventivamente." Tuttavia, mantiene un atteggiamento proattivo e positivo: "Cerco di non attaccare quasi mai in maniera violenta, preferendo creare un dialogo piuttosto che uno scontro. Nel caso dell’accusa di terrorismo da parte del governo turco, attaccai direttamente Recep Tayyip Erdoğan, e questo non fu costruttivo, ma distruttivo, portando a uno scontro molto forte. Ma credo che sia stato tutto il lavoro che avevo fatto precedentemente sulle proteste di Occupy Gezi e sulla situazione curda a portare alla censura del mio lavoro in quel paese".

Tornando all’ultimo libro, la storia di Julian Assange ha un posto speciale nel cuore di Costantini e il lavoro rappresenta una continuità nel suo impegno a portare alla luce la verità. "Il caso di Julian Assange racchiude tutti i temi che considero più cruciali: la denuncia delle tragedie compiute dai governi occidentali, la libertà di stampa e di espressione, la libertà di movimento, e l'uso della tecnologia come 'cavallo di Troia' nella comunicazione." Alcuni hanno trattato la vicenda di Assange come il simbolo di una dicotomia irrimediabile tra conoscere la verità e vivere al sicuro, perché secondo loro WikiLeaks, mettendo in crisi la sicurezza nazionale, poteva essere dannoso anche per i cittadini. Costantini respinge questa visione: “Non ci sono casi in cui le persone siano state messe in pericolo dalle pubblicazioni di WikiLeaks. Le uniche persone che sono state in pericolo sono state quelle perseguitate dai governi a causa di queste pubblicazioni. Il sistema cerca di giustificare e accusare chiunque si opponga alla linea ufficiale. Le grandi rivelazioni sull'Afghanistan e sull'Iraq, tutte verificate, non hanno portato a denunce contro il presidente George W. Bush o il primo ministro britannico Tony Blair: nessuno di loro ha pagato per aver mentito ai propri cittadini. E questo accadeva nel 2010. Ora, con la tecnologia che ha aumentato il suo potere di controllo su cittadini e giornalisti, è diventato evidente cosa succede a chi dice la verità come ha fatto Julian Assange, e sarà sempre più difficile poter svolgere questo tipo di lavoro”.

Vedere Julian Assange camminare e guardare fuori dal finestrino dell’aereo è stato straordinario. È un simbolo della nostra libertà e, finché era in carcere, eravamo tutti un po' meno liberi Gianluca Costantini

Alcuni potrebbero chiedersi se tutto questo può avere un effetto sulla realtà dei fatti. Del resto se nemmeno le prove sono riuscite a distruggere un sistema che protegge i potenti del mondo a discapito dei cittadini comuni, il dubbio è lecito. La domanda che scaturisce da queste osservazioni fa paura: raccontare la verità ha ancora senso? Certamente sì: se smettessimo di lottare per un mondo migliore, verrebbe sancita la nostra sconfitta, non solo come società, ma anche come singoli. Qualcuno magari si chiederà se l’arte può avere effettivamente un impatto in questo senso, ma Costantini non ha dubbi: “Credo che sia l’unica via. L’arte può essere il fattore più influente in una società, ed è per questo che gli artisti fanno così paura ai governi autoritari e vengono perseguitati, arrestati e persino uccisi. Gli artisti hanno il dovere di essere in prima linea nella denuncia di ciò che accade, a meno che non siano artisti di regime. L’arte deve avere un impatto sulla società, che a sua volta sceglie i propri governanti, piuttosto che direttamente su chi è al potere. Solo così possiamo prevenire derive autoritarie, prima che sia troppo tardi”.

Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo L'attimo fuggente

La dedizione di Costantini alla verità e alla giustizia è evidente in ogni opera che crea. Con ogni disegno, ci ricorda l'importanza della libertà di espressione e del ruolo cruciale dei giornalisti e degli artisti nella società. In un'epoca in cui la verità è spesso sotto attacco, il suo lavoro risplende come un esempio di integrità e coraggio, dimostrando che l'arte può davvero cambiare il mondo.

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