SOCIETÀ
Rapporto FAO-OCSE: consumo cibo in crescita ma ancora troppe disparità di accesso

Terreni destinati all'agricoltura. Foto di Denis Zhyravlev/Pexel
Il cibo – almeno per i Paesi che si considerano sviluppati – è un po’ come l’acqua: si è portati a pensare che sia una certezza, abbondante perlopiù. Non è così, almeno non allo stesso modo in tutto il mondo. E se, in qualche modo, la situazione globale attorno alla produzione e al consumo di prodotti alimentari sta migliorando, da qualche parte – sulla Terra – ci sono ancora milioni di persone che soffrono la fame. È con queste premesse (e con quella, doverosa, riservata alle condizioni tremende, di stenti e di fame, con cui stanno convivendo quotidianamente le popolazioni della Striscia di Gaza) che si deve dare la lettura dell’ultimo rapporto congiunto FAO-OECD (rispettivamente l’Organizzazione mondiale del cibo e dell’agricoltura delle Nazioni Unite e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).
Un rapporto in chiaro e scuro
L’Agricultural Outlook 2025‑2034, giunto alla sua 21esima edizione, fornisce una valutazione completa delle prospettive decennali per i mercati delle materie prime agricole e ittiche a livello nazionale, regionale e globale. l’Outlook funge da riferimento prospettico per supportare la pianificazione delle politiche alimentari, tenendo in considerazione l’evoluzione dell’agricoltura mondiale di fronte alle sfide economiche, politiche e ambientali.
Secondo le previsioni decennali di FAO-OECD, al 2034 ci sarà un generale aumento del consumo di materie prime agricole e ittiche, trainato soprattutto dai Paesi a basso-medio reddito. In parte, la crescita del consumo è alimentata da un tenore di vita in miglioramento e questa è una buona notizia. Tuttavia, mentre la metà della crescita dei consumi nei paesi a medio reddito è attribuibile all’aumento del consumo pro capite, tre quarti di quella nei paesi a basso reddito dipende dalla crescita della popolazione, a prescindere dalla condizione economica.

Una crescita globale del 13%
L’aumento del consumo totale di prodotti agricoli e ittici sarà pari al 13% entro il 2034.
L’aumento del reddito disponibile e il processo di urbanizzazione, soprattutto nei paesi a medio reddito, dovrebbero determinare un cambiamento delle diete verso alimenti più diversificati e nutrienti, inclusi prodotti di origine animale e ittici. Secondo l’Outlook, la quota di calorie totali nelle diete provenienti da prodotti zootecnici e ittici è destinata ad aumentare del 6% a livello globale entro il 2034. Nei paesi a reddito medio‑basso, una crescita più marcata del 25% porterà il consumo medio giornaliero pro capite di alimenti nutrienti in queste regioni a 364 kcal (chilocalorie), superando le 300 kcal previste dall’Healthy Diet Basket, il sistema utilizzato dalla FAO per calcolare il costo e l’accessibilità di una dieta sana.
Questo dato, che preso da solo sarebbe sicuramente positivo, non tiene conto delle persistenti disuguaglianze distributive all’interno dei vari Paesi. Secondo il rapporto FAO-OECD, “nonostante i progressi significativi molti individui nei paesi a reddito medio‑basso continueranno a incontrare difficoltà nell’accesso a un’alimentazione adeguata, mettendo a rischio il raggiungimento dell’obiettivo di sviluppo sostenibile relativo al miglioramento della nutrizione globale entro il 2030”. E nei paesi a basso reddito la situazione appare ancora più grave: il consumo medio giornaliero pro capite di alimenti animali nutrienti dovrebbe fermarsi a 143 kcal, un dato ben al di sotto delle 300 calorie previste dalla FAO. Si tratta di un persistente divario nutrizionale che mette in evidenza barriere strutturali importanti quali – per una grande fetta della popolazione – l’accesso limitato a cibi proteici e a prezzi accessibili.
Una domanda crescente
Per sostenere questa domanda crescente, le previsioni parlano di un’espansione della produzione agricola e ittica globale pari al 14%, con i paesi a medio reddito destinati a rimanere la principale fonte di questa espansione. Questi cambiamenti strutturali – secondo le stime FAO-OECD – dovrebbero essere guidati dall’effetto combinato dell’adozione di nuove tecnologie in grado di migliorare la produzione, da investimenti di capitale e da uno crescente di fertilizzanti e mangimi nei Paesi a medio reddito. Ma il processo non sarà guidato solo da una crescita della produzione agricola: il rapporto prevede anche un aumento delle superfici coltivate e degli allevamenti, particolarmente marcate in Africa e in Asia meridionale: si tratta di territori in cui persisteranno limitazioni nell’accesso alle tecnologie innovative.
Il capitolo emissioni di gas serra
E proprio l’aumento delle superfici coltivate e degli allevamenti avrà un impatto anche sulle emissioni di gas climalteranti che potrebbero salire fino al 6%. Questa previsione, però, potrebbe essere compensata dai miglioramenti nella produzione agricola previsti entro il 2034.
Obiettivo fame (quasi) zero e taglio emissioni
Una delle sezioni più importanti è dedicata alla riduzione della fame nel mondo e a quella delle emissioni climalteranti. Due obiettivi ambiziosi e prioritari che il rapporto affronta mettendo in evidenza quali dovrebbero essere le azioni da portare a termine per avere successo.
Rispetto all’alimentazione, il target sarebbe quello di portare la prevalenza della sotto‑alimentazione (Prevalence of Undernourishment, PoU) al di sotto del 2,5 % della popolazione mondiale, un livello compatibile con l’obiettivo Zero Hunger delle Nazioni Unite. Il secondo target mira a ridurre le emissioni agricole globali di GHG di almeno il 7 % rispetto ai livelli attuali.
Lo scenario di FAO-OECD prevede un aumento della produttività unitaria pari al 15% nel prossimo decennio. Il miglioramento dovrebbe includere, di fatto, tutti i settori: dalle colture cerealicole, passando per i semi oleosi fino ad arrivare alla produzione ittico-allevicola. Per il contenimento delle emissioni, il rapporto riporta la necessità di aumentare la diffusione delle ERT (Emission Reduction Technologies), cioè delle tecnologie per la riduzione delle emissioni con una crescita dell’agricoltura di precisione, di migliori pratiche per la gestione di nutrienti e delle acque e l’utilizzo di bio-additivi nei mangimi per ridurre le emissioni enteriche. Da un punto di vista economico, sarebbe necessario aumentare i sostegni pubblici per favorire l’adozione delle tecnologie più innovative e costose e per garantire programmi di consulenza mirati per i piccoli agricoltori, soprattutto nelle regioni a basso reddito.
Sono obiettivi decisamente ambiziosi, raggiungibili sulla carta solo grazie a una soluzione di tipo integrato che combini gli aspetti dell’innovazione tecnologica con quelli delle politiche pubbliche e della cooperazione internazionale.
Il ruolo del commercio
In questa girandola di progressivi aumenti della produzione e del consumo, il commercio avrà un ruolo sempre più definito. Secondo l’Outlook, entro il 2034 il 22% delle calorie consumate a livello mondiale varcherà i confini nazionali (negli anni Duemila la percentuale era del 17%). Il fenomeno riflette l’aumento delle interdipendenze tra Paesi esportatori e importatori. Un’espansione di questo tipo potrebbe riequilibrare surplus produttivi e aree di deficit, consentendo di sopperire alle differenze regionali di offerta e domanda e mitigando gli shock climatici o geopolitici che possono colpire singole zone del pianeta. A patto, ovviamente, che la crescita del commercio vada di pari passo con il rafforzamento di un sistema multilaterale di regole – con accordi coerenti su tariffe, norme sanitarie e fitosanitarie, e procedure doganali semplificate. Uno scenario che, alla luce della guerra commerciale sui dazi in corso tra Stati Uniti e resto del mondo, pare fin troppo ottimistico.
D’altra parte, è lo stesso rapporto a mettere le mani avanti: il quadro delineato e le proiezioni conseguenti si basano sui dati storici disponibili sulle ipotesi derivate da essi riguardo agli sviluppi economici, politici, culturali, climatici e tecnologici del prossimo decennio. Tutti soggetti a fluttuazioni e incertezze che potrebbero influenzare le politiche di consumo, di produzione e di commercio delle materie prime.