SOCIETÀ

Lo sport come motore di inclusione e occasione di crescita per tutti e per tutte

Era il 1960 quando a Roma venne disputata la prima gara paralimpica della storia. Negli ultimi 60 anni, la promozione di una cultura dello sport aperta è inclusiva è cresciuta grazie all'impegno delle associazioni sportive, degli atleti, dei professionisti della salute e dei media. Le paralimpiadi di quest'anno, che sono state seguite con grande entusiasmo nel nostro paese, hanno permesso al pubblico italiano di conoscere meglio l'ambiente paralimpico e di comprendere il valore dell'attività fisica per tutti e per tutte.

La diffusione della cultura paralimpica e la passione per lo sport sono temi che verranno ripresi e affrontati anche in un convegno rivolto a medici e odontoiatri iscritti all'Ordine dei medici di Padova dal titolo L’attività fisica nella disabilità. Storie di campioni che si terrà il 17 novembre al Crowne Plaza di Padova dalle 20.30 alle 22.30 e sarà trasmesso anche in video conferenza. All'incontro parteciperanno anche alcuni atleti, come il nuotatore Francesco Bettella, medaglia di bronzo alle ultime olimpiadi, e la campionessa di canottaggio Chiara Nardo, che a Tokyo ha conquistato il quinto posto nella finale del doppio para rowing 2mix. Oltre a loro sarà presente anche Chiara Coltri, capitana della squadra di basket in carrozzina del CUS di Padova, e tutti insieme porteranno la loro testimonianza per parlare dei benefici dell'attività fisica per le persone con disabilità a livello di salute, soddisfazione, rapporti sociali e crescita personale.

Il convegno è nato a partire dall'iniziativa di Ruggero Vilnai, presidente del Comitato Italiano Paralimpico (CIP) del Veneto. “Ho proposto all'Ordine dei medici di organizzare questo evento per sensibilizzare i medici di base sul nostro territorio riguardo ai benefici dello sport per i pazienti con disabilità. La dottoressa Gaya Spolverato, consigliera dell'Ordine e delegata alle politiche per le pari opportunità dell'università di Padova, ha accolto la mia proposta con molto entusiasmo e insieme abbiamo voluto creare un'occasione di incontro tra il personale medico-sanitario e gli atleti e gli allenatori paralimpici”, ha raccontato Vilnai a Il Bo Live.

“La sensibilizzazione dei professionisti della salute su questo tema dovrebbe partire dai medici di base e dai pediatri e poi coinvolgere progressivamente anche i fisioterapisti e gli specialisti, a cominciare dai medici internisti e dai chirurghi ortopedici”, sottolinea Gaya Spolverato, responsabile scientifica dell'evento. “È fondamentale stimolare l'opinione pubblica della società in generale per superare finalmente lo stereotipo secondo il quale le persone con disabilità non possono fare attività fisica.
Per questo motivo è necessario non solo diffondere la testimonianza degli atleti paralimpici più famosi – che possono diventare dei role model, ed essere quindi delle figure di riferimento a cui aspirare – ma anche far conoscere le associazioni sportive presenti sul nostro territorio, come ad esempio il CUS di Padova”.

“Negli ultimi anni, l'attività fisica e lo sport hanno assunto un grande valore nella vita delle persone. È cresciuta, in altre parole, l'attenzione che la società in generale dedica al benessere del corpo e della mente”, continua Spolverato. “Questi meccanismi sociali hanno influenzato naturalmente anche le persone con disabilità, le quali possono trarre grande giovamento dall'attività sportiva a livello fisico, psicologico e di inclusione sociale”.

Questo è un punto particolarmente importante se consideriamo che ci sono voluti decenni per superare l'idea che l'attività fisica abbia un valore puramente terapeutico per le persone con disabilità e passare a una concezione dello sport nel verso senso della parola, da praticare quindi per passione, per divertimento o come carriera.

“Lo sport paralimpico è nato inizialmente come sport-terapia grazie all'impegno di Antonio Maglio, medico dell'Inail e organizzatore della prima paralimpiade del 1960”, racconta Vilnai. “La concezione dello sport come terapia per le persone con disabilità si è mantenuta almeno fino al 1980, quando venne formata la FISHa (Federazione Italiana per lo Sport degli Handicappati)”.
Allo stesso anno risale anche la fondazione, da parte di Vilnai, dell'ASPEA (Associazione Sportiva Portatori di Handicap e Affiliati) di Padova, una onlus molto attiva ancora oggi nella promozione dell'attività sportiva per le persone con ogni tipo di disabilità.
“La FISHa, che dopo la sua fondazione venne riconosciuta ufficialmente anche dal CONI, rappresentava tutte le discipline sportive ma solo per le persone con disabilità fisica”, continua Vilnai. “Per questo motivo, dieci anni dopo cambiò il suo nome in FISD (Federazione Italiana Sport Disabili) per comprendere anche le disabilità intellettive e sensoriali.
Nel 2005 venne fondato il CIP, che da quel momento in poi avrebbe rappresentato le federazioni paralimpiche mentre il CONI avrebbe compreso solo quelle olimpiche. Fu da quel momento che lo sport paralimpico iniziò finalmente ad essere seguito anche dai media nazionali. Infatti, la RAI ha iniziato a trasmettere in diretta anche le paralimpiadi a cominciare da quella di Londra del 2012.
Insomma, grazie ai successi raggiunti in questo ultimo decennio possiamo dire con soddisfazione che lo sport è diventato di tutti e di tutte”.

La diffusione mediatica ha avuto senza dubbio un ruolo chiave nella promozione dello sport paralimpico e questo è stato particolarmente evidente dopo le ultime olimpiadi. Come racconta Vilnai, infatti: “dopo i traguardi raggiunti dai nostri atleti a Tokyo abbiamo ricevuto moltissime telefonate di persone con disabilità che volevano avvicinarsi allo sport. Con il sostegno della regione Veneto abbiamo anche organizzato una campagna per promuovere la conoscenza del mondo paralimpico che aveva come testimonial la campionessa Bebe Vio ed era animata dallo slogan Volere è potere”.

“Il nostro impegno è poi continuato con l'organizzazione di diversi incontri con il personale delle USL del Veneto e con i cittadini per informarli riguardo ai benefici dell'attività fisica per le persone con disabilità e far conoscere le società paralimpiche del nostro territorio”.

La diffusione di una cultura dello sport per le persone con disabilità è fondamentale, anche perché il numero di persone con disabilità che fanno sport è purtroppo ancora molto basso.

“Oltre alla difficoltà di superare i pregiudizi associati alla disabilità, gli ostacoli che possono impedire a queste persone di avvicinarsi allo sport sono anche di tipo organizzativo ed economico”, spiega Gaya Spolverato. “Di conseguenza, è necessario creare delle reti tra persone e associazioni che si occupano, ad esempio, di accompagnare gli atleti agli allenamenti o di metterli in contatto con medici e fisioterapisti specializzati nella medicina dello sport per i pazienti con disabilità”.

“Avvicinarsi allo sport è a volte difficile soprattutto per le persone con disabilità intellettiva, le quali spesso hanno bisogno di essere accompagnate in palestra”, aggiunge Vilnai. “Queste strutture possono essere anche molto lontane da casa loro. In Veneto, ad esempio, ci sono solo 250 società che si occupano di sport paralimpico. Ne servirebbero molte di più per garantire la loro diffusione su tutto il territorio.
Inoltre, la promozione dell'importanza dello sport in condizioni di disabilità deve rivolgersi anche alle famiglie e ai care giver. È necessario che anche questi ultimi abbiano l'occasione di conoscere l'ambiente paralimpico per scoprire da vicino quanta soddisfazione possano trarre dall'allenamento in palestra le persone con disabilità”.

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