CULTURA

Tempo. Il sogno di uccidere Chrónos

No, rassicuratevi: per parlare del Tempo e di Tempo. Il sogno di uccidere Chrónos, l’ultimo libro di Guido Tonelli (Feltrinelli, 2021), non citerò l’abusata frase di Sant’Agostino («Se non mi domandano cos’è il tempo…» eccetera eccetera). Del resto, e per fortuna, non lo fa neanche Tonelli. Il quale, invece, da vero fisico sperimentale non si perde in chiacchiere e affronta di petto una delle più spinose e insolute questioni che noi Sapiens ci siamo mai trovati ad affrontare: insomma, cos’è questo tempo dentro il quale sembrano svolgersi le nostre vite e quella dell’intero universo?

Facile: non lo sappiamo.

Lo avvertiamo «scorrere» dentro e attorno alle nostre esistenze, eppure, per esempio, non siamo in grado di dire rispetto a cosa scorra, oppure a che velocità ci trascini. Ancorati, volenti o nolenti, a una visione newtoniana, lo pensiamo come un assoluto, come un maestoso e irrefrenabile fiume che ci condurrà chissà dove, oppure come un immutabile palcoscenico sul quale va continuamente in scena la rappresentazione dell’Universo.

E tuttavia, quel poco che invece sappiamo – e che Tonelli mette in campo con rara chiarezza espositiva e attingendo non soltanto alla scienza, ma anche ai miti, all’arte, alla letteratura – sembra mettere in discussione proprio ciò che «normalmente» avvertiamo come tempo. Il suo scorrere implacabile e ordinato è soltanto apparente, limitato a una ristretta zona dell’universo. Perfino per il nostro corpo e per il nostro cervello, emozioni, attenzione e memoria giocano un ruolo importante nel farcelo avvertire più lento o più veloce. Ma dove il suo fluire regolare si rivela del tutto illusorio, legato alle limitazioni della nostra scala di grandezza, è nelle enormi distanze cosmiche o nel mondo subatomico.

Poco più di un secolo fa, Einstein ci ha spiegato che quel «tempo assoluto» newtoniano, quel palcoscenico immutabile, invece cambia, si modifica, ha una storia; e che non è nemmeno immaginabile se non legato allo spazio, in un’inestricabile struttura a quattro dimensioni, dove la simultaneità non esiste: nessun grande orologio cosmico batte il tempo di tutto l’universo e ciascuno di noi si porta dietro il suo «tempo proprio» che dipende dalla velocità a cui ci muoviamo. E oggi, sviluppando le grandi intuizioni della relatività, sappiamo che forse al centro di ognuna delle cento miliardi di galassie c’è un buco nero, che rallenta sempre più il tempo intorno a sé, per poi divorarlo, trangugiarlo grazie all’immane forza di gravità del suo centro.

«L’armonia» scrive Tonelli, «l’equilibrio, il perfetto sincronismo di tutti i componenti dell’immenso marchingegno che sovrintendeva alla dinamica dell’universo newtoniano ci rassicuravano e ci consolavano. Tutto questo si frantuma trasportandoci in un sistema altamente caotico in cui ordine e regolarità diventano intrinsecamente locali e temporanei. (…) Il perfetto meccanismo si sbriciola in un immenso caleidoscopio di minutissimi frammenti».

Frammenti minutissimi come le particelle elementari, le quali, in grande maggioranza, consumano la loro esistenza in minime e inafferrabili frazioni di secondo.

E tuttavia, ci spiega Tonelli grazie alla sua lunga esperienza all’Lhc del Cern, se acceleriamo quelle particelle quanto più possibile in prossimità della velocità della luce, la loro vita, per noi osservatori esterni, si allunga e possiamo studiarle. E magari cercare di capire perché il tempo della relatività einsteiniana e quello della meccanica quantistica siano così (apparentemente?) inconciliabili, tanto da non consentirci da più di un secolo di riuscire a unificare due teorie di enorme precisione che in fondo si occupano dello stesso universo.

Il viaggio di Tonelli in un territorio che abbatte ogni nostra certezza prosegue quindi a cavallo della «freccia del tempo», mettendo in campo tutte le ragioni che oggi ci portano a credere che la sua irreversibilità dipenda dall’entropia, dall’inevitabile aumento del disordine nei sistemi chiusi come una tazzina di caffè che cade dal tavolo, come gli esseri viventi o l’intero universo. Ed è per l’entropia che dobbiamo rinunciare, o delegare all’arte e alla letteratura, il sogno di uccidere Chrónos, di dominare e fermare il tempo. Almeno per ora. Quella che Tonelli ci indica si rivela sempre più una strada piena di sorprese, di zone oscure, di tesori, di misteri. A volte, anche di pericoli. Ma a quest’avventura sembra davvero difficile sottrarsi: è un’avventura alle frontiere della conoscenza, là dove, forse, anche il tempo finisce in un orizzonte impalpabile. 

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