SCIENZA E RICERCA

Terremoti e geotermia: uno studio rivela il ruolo del cambio di fase dell'acqua sul comportamento delle rocce

La riduzione dei combustibili fossili, fondamentale per mettere un freno alle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e al riscaldamento globale, passa necessariamente anche attraverso l'utilizzo di fonti di energia alternativa e meno inquinante. In questo contesto il calore presente all'interno della Terra è una risorsa che presenta molti vantaggi e consente ai territori che hanno condizioni favorevoli, come caso del bacino geotermico di Larderello in Toscana, di coprire una parte consistente del proprio fabbisogno energetico. 

Naturalmente ci sono differenze importanti a seconda che l'obiettivo sia l'impiego diretto a scopi termici oppure la produzione di energia elettrica. In questo secondo caso le temperature della sorgente devono infatti essere superiori ai 90-100°C e si parla di geotermia ad alta entalpia 

Una problematica importante connessa allo sfruttamento dell'energia geotermica ad alte temperature è la possibilità che il prelievo e/o la reiniezione di fluidi in profondità generi eventi sismici in aree tettonicamente attive, come quelle vicine ai confini delle placche dove si trovano aree geotermiche ad alta temperatura. Due casi di rilievo sono quelli avvenuti a Pohang in Corea del Sud (dove nel 2017 si è registrato un terremoto di magnitudo Richter 5.5) e a Basilea in Svizzera dove in seguito agli eventi sismici sono state sospese le attività industriali.

Per sfruttare in sicurezza le risorse geotermiche occorre conoscere nel dettaglio come si comportano le rocce e le faglie, le strutture geologiche che producono terremoti, in presenza di fluidi caldi e pressioni elevate. Tuttavia riprodurre queste condizioni in laboratorio, controllando quindi i parametri di riferimento, è una sfida tecnologica che presenta notevoli difficoltà.

Uno studio appena pubblicato sulla rivista Nature Communications, realizzato impiegando apparati sperimentali di nuova concezione installati presso i laboratori del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova e del centro di eccellenza della China Earthquake Administration di Pechino, è riuscito a spiegare diverse caratteristiche della sismicità osservata in campi geotermici e a svelare il ruolo, in precedenza poco considerato, del cambiamento di fase dell’acqua sul comportamento delle rocce.

A seconda delle diverse condizioni di temperatura e pressione l’acqua può infatti essere allo stato liquido, vapore o, sopra i 374°C, supercritico (uno stato intermedio tra quello liquido e gassoso) e il principale risultato di questo studio è aver compreso che le transizioni di fase dell'acqua influenzano in modo significativo la risposta delle faglie in termini di attrito (o resistenza allo scivolamento), con tutte le conseguenze che questo può comportare sulla nucleazione di un terremoto. 

"Quello che abbiamo visto sperimentalmente, utilizzando una roccia molto comune, tipica della crosta oceanica ma anche presente in alcuni sistemi geotermici, è che l'attrito raddoppia quando l'acqua passa dallo stato liquido o supercritico allo stato di vapore", spiega a Il Bo Live Giulio Di Toro, professore del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova che ha coordinato questa ricerca. 

Il professor Giulio Di Toro spiega i risultati dello studio e il funzionamento dello strumento con cui sono stati condotti gli esperimenti. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

Energie rinnovabili e il ruolo della geotermia per ridurre le emissioni di CO2

Nel luglio di quest'anno, come confermato dal bollettino mensile del servizio europeo Copernicus, le temperature globali dell'aria e della superficie degli oceani hanno stabilito nuovi record nella storia recente della Terra (da quando sono iniziate quindi le misurazioni di questi dati). Il cambiamento climatico sta rendendo più probabili e prolungate le ondate di calore e ad aumentare sono anche l'intensità e la frequenza di eventi meteo estremi. Occorre quindi un rapido cambio di passo che consenta di diminuire la dipendenza dai combustibili fossili, responsabili della gran parte di anidride carbonica di origine antropica immessa in atmosfera.

"Negli ultimi decenni l'umanità sta vivendo qualcosa di epocale per quanto riguarda gli effetti del riscaldamento globale. Il livello del Mediterraneo sta aumentando dai tre ai cinque millimetri all'anno e in futuro i cambiamenti climatici comporteranno fenomeni migratori molto più intensi di quelli che stiamo vivendo già oggi e probabilmente altre guerre. Quindi dobbiamo in qualche modo reagire. Nel nostro piccolo, come comunità di geologi, stiamo lavorando per proporre lo sfruttamento in sicurezza dei campi geotermici, soprattutto quelli ad alta entapia, dove le temperature nei serbatoi raggiungono i 300-400 gradi centigradi e c'è parecchia energia a disposizione", introduce il professor Giulio Di Toro.

E' il caso, ad esempio, di Larderello, piccola frazione in provincia di Pisa, dove viene prodotto il 10% delle energia geotermica mondiale. Nell'area, ricca di soffioni boraciferi, ci sono condizioni particolarmente favorevoli per l'ottenimento di energia a scopi industriali e la Toscana riesce a coprire il 30% del suo fabbisogno elettrico grazie alla geotermia. 

"Il vantaggio, ovviamente, è che in questo modo non immettiamo CO2 nell'atmosfera, come abbiamo fatto in maniera indiscriminata negli ultimi due secoli. Dall'altra parte ci sono però alcuni svantaggi. E uno di questi è che un serbatoio geotermico necessita di alcune caratteristiche per essere utilizzato dall'uomo", spiega il docente del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova. In primo luogo occorre che andando in profondità sotto la superficie terrestre l'aumento di temperatura sia repentino perché in caso contrario le perforazioni avrebbero dei costi eccessivi. Dall'altro lato lo sfruttamento industriale delle risorse geotermiche richiede l'iniezione di acqua che fa da vettore del calore presente all'interno della Terra. "La roccia che è in profondità deve essere permeabile ed essere in grado di interagire con l'acqua e scaldarla. Questo fa sì che un sistema geotermico abbia delle problematiche, come la possibilità che si verifichino terremoti indotti dall'attività dell’uomo, attraverso l'iniezione di fluidi. Occorre quindi capire meglio questi meccanismi se vogliamo sfruttare in sicurezza l'energia geotermica" osserva Giulio Di Toro.

Le transizioni di fase dell'acqua 

Uno dei grandi problemi è capire come si comportano le rocce quando l'acqua raggiunge temperature che possono superare i 400°C ed è sottoposta anche a forti cambiamenti di pressione. "L'acqua a queste temperature va incontro a transizioni di fase: all'aumentare del calore può passare dallo stato liquido allo stato di vapore o ancora, se si arriva ai 374°C, può passare allo stato supercritico, che è uno stato particolare intermedio tra liquido e vapore o gassoso. Il problema è per noi studiare come le rocce rispondono quando l'acqua ha queste proprietà. Dalla sismologia e della geofisica sappiamo che questo avviene nei campi geotermici, così come negli ambienti vulcanici. Però il tipo di interazione è poco noto e tra i motivi c'è la difficoltà di studiare in laboratorio come si comportano le rocce quando si trovano a contatto con fluidi caldi e pressurizzati o, ancora di più, se si vuole simulare il comportamento di una faglia consentendo a blocchetti di roccia di scivolare uno rispetto all'altro in presenza di fluidi caldi e pressurizzati", approfondisce il professor Di Toro. 

Una sfida tecnologica

I risultati appena pubblicati su Nature Communications dal team di ricercatori guidato dal professor Giulio Di Toro sono stati ottenuti grazie a una macchina sperimentale unica al mondo. A realizzare il prototipo, dopo 20 anni di tentativi, è stato il professor Toshihiko Shimamoto e oggi ne esistono solo due esemplari: uno si trova all'interno del laboratorio di Meccanica delle rocce del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova mentre l'altro è a Pechino. 

La macchina, che consente di studiare il ciclo sismico in laboratorio, è stata acquistata nel 2010 grazie a un contributo della Fondazione CA.RI.PA.RO e la dotazione tecnologica necessaria per eseguire questo tipo di prove sperimentali è stata poi completata tra il 2020 e il 2022 quando in laboratorio è arrivata anche la cella idrotermale HYDROS.

"L'apparato sperimentale si chiama ROSA, Rotary Shear Apparatus, e consente la rotazione di piccoli provini di roccia che vengono posizionati dentro una cella idrotermale. Abbiamo una fornace esterna che scalda la cella idrotermale, fino a una temperatura di 450 gradi centigradi. E possiamo anche iniettare dei fluidi che vengono a contatto con la roccia, con una pompa a siringa che pressurizza il fluido e lo spinge dentro fino a una pressione di circa 700 atmosfere, 70 Megapascal".

In questo modo, spiega il coordinatore della ricerca, sono state riprodotte le condizioni di temperatura e di pressione che si verificano nei sistemi geotermici ad alta entalpia, cioè quelli da cui è possibile ottenere energia elettrica (e non solo calore, come nei sistemi geotermici a bassa entalpia).  "Inoltre è stata fondamentale la collaborazione con il China Earthquake Administration di Pechino che ci ha consentito di effettuare esperimenti nei loro laboratori quando la cella idrotermale HYDROS, a causa della pandemia, non era ancora operativa a Padova", ricorda il professor Di Toro.

I risultati delle prove sperimentali

Le prove sperimentali - condotte sia a Pechino che a Padova e realizzate in larga parte da Wei Feng, dottorando del dipartimento di Geoscienze e primo autore dello studio - hanno consentito di simulare il comportamento delle faglie (le strutture geologiche che si attivano durante un terremoto) e hanno portato a comprendere il legame tra lo stato fisico dell'acqua e la risposta delle rocce in termini di resistenza allo scivolamento

"L'attrito, la resistenza che ha la faglia, è uno dei due componenti essenziali che controlla il ciclo sismico. L'altro componente è l'energia elastica che nell'arco dei secoli viene immagazzinata nelle rocce e poi viene liberata durante il terremoto, alimentando la propagazione delle onde sismiche. Utilizzando il gabbro, una roccia magmatica molto comune tipica della crosta oceanica ma presente anche in alcuni sistemi geotermici, abbiamo potuto osservare sperimentalmente che l'attrito raddoppia quando l'acqua passa dallo stato liquido o supercritico allo stato di vapore", spiega Di Toro. 

Questo passaggio avviene in natura quando l'acqua, per esempio, partendo da una profondità di tre-quattro chilometri e temperature di 300°C-400°C, arriva verso la superficie e, a causa della depressurizzazione, subisce una transizione di fase e passa allo stato di vapore. Ma questo cosa può comportare dal punto di vista geologico? "Possiamo immaginare che nel momento in cui l'acqua cambia di fase una faglia che in precedenza scivolava e mostrava poca resistenza finisce per bloccarsi. A quel punto può immagazzinare energia elastica che viene liberata in terremoti".

"Questi sono studi assolutamente preliminari e riproducibili. Abbiamo potuto appurare il comportamento di questo tipo di roccia, ma occorre studiare molto di più se vogliamo progressivamente capire meglio quello che avviene in contesti caratterizzati da rocce granitiche o rocce di tipo sedimentario. Per le ricerche che mirano a sviluppare lo sfruttamento in sicurezza di impianti geotermici si stanno aprendo scenari enormi e l'auspicio è certamente contribuire a un mondo che possa emettere meno CO2 rispetto ad oggi", conclude il professor Giulio Di Toro.

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