La poetry slam, una vera e propria battaglia all'ultimo verso, è arrivata in Italia poco meno di 20 anni fa, dopo essere nata negli Stati Uniti negli anni Ottanta. Più precisamente, l'origine di questo genere di competizione è associato al nome di Marc Kelly Smith, un ex-operaio e poeta dall'età di 19 anni, che nel 1984 e nel 1986 propose delle serate di lettura di poesia con performance, in cui gli artisti erano invitati a esibirsi presentando un testo scritto di proprio pugno e a declamarlo con trasporto e con lo stile recitativo che ritenevano più opportuno al Jazz Club Get Me High Lounge e poi, in forma competitiva, alla Green Mill Tavern di Chicago; furono questi gli eventi che diedero il via alla diffusione di un nuovo modo di fare poesia. Nel 1990 fu organizzata la prima National Poetry Slam, la principale competizione di slam poetry che si tiene ogni anno negli Stati Uniti.
Questa nuova forma d'arte iniziò a diffondersi negli Stati Uniti, e finì per coinvolgere sempre più appassionati in tutto il mondo. In Italia, il primo poetry slam si tenne nel 2002, e fu organizzato da Lello Voce, poeta e perfomer, in occasione del festival Romapoesia. L'iniziativa ebbe molto successo ed è da quel momento che vengono organizzati campionati sempre più frequenti anche nel nostro Paese.
La slam poetry rappresenta fin da subito un modo nuovo di esprimersi, uno stile nato con lo scopo di riportare la poesia all'oralità, fuori dalle scuole e dalle accademie, lontano da quella pesantezza che la parola “poesia” rischia di suscitare nel pubblico medio, nell'animo di chi le poesie non le legge da quando andava a scuola, da quando era stato costretto a impararle a memoria.
Il fascino di questa forma poetica sta nel colpire senza intermediari. Non c'è niente tra l'autore e l'uditore, tranne la poesia. Non si parte da testi scritti nei libri, non ci sono lo scrittore e l'attore, non c'è bisogno di editori, di parafrasi, di testi critici o di aver studiato un certo registro linguistico per comprendere significati e simbolismi occulti. La poesia deve arrivare subito, a un livello precedente a quello del ragionamento, ma certamente non superficiale.
È quindi alta l'attenzione rivolta al modo in cui il testo viene interpretato, dando fondamentale importanza alla dimensione dell'oralità e della recitazione. Il contenuto è rilevante quanto l'esibizione, infatti nelle competizioni vengono valutati sia il contenuto sia gli aspetti performativi. Non si tratta di testi scritti che ognuno legge nel proprio spazio personale, ma sono esperienze in cui il pubblico ascolta attivamente gli slammer. È proprio tra il pubblico infatti che viene sorteggiata la giuria che ha il compito di scegliere il vincitore.
Le modalità con cui si svolgono le competizioni sono molto simili a quelle delle rap battles, originarie anch'esse negli Stati Uniti, per il ritmo serrato della recitazione, e per il modo di esprimersi, che deve riprodurre il più possibile il parlato, dando quasi un'idea di freestyle, affrontando preferibilmente argomenti che il pubblico possa comprendere e situazioni in cui si possa ritrovare, ma raccontati con una profondità e una imprevedibilità tali da poter sconvolgere chi li ascolta. Questo è lo scopo della slam, e non è forse molto lontano da quello della poesia in generale? Il voler suscitare un'emozione, il rifiuto di scadere nello stereotipo e nel banale; il contributo di un vero slammer, insomma, ha senso se quello che dice ha un impatto sul pubblico.
Simone Savogin porta la poetry slam a Italia's got Talent 2019
Nel 2013, a Trieste, nasce la LIPS, la lega italiana di poetry slam, che riunisce gli slammer di tutta Italia, organizza tornei e campionati a livello regionale e nazionale e stabilisce i momenti secondo i quali devono svolgersi. Il regolamento che va rispettato durante le competizioni è molto preciso e si basa su alcuni principi basilari: fondamentale importanza è data all'autenticità delle poesie, infatti viene richiesto che chi le reciti ne sia l'autore, e ne viene in qualche modo richiesta la “purezza”, nel senso che non sono permessi strumenti musicali, oggetti di scena o simili elementi di accompagnamento; il regolamento poi stabilisce il numero di match di cui si svolge la competizione e le modalità attraverso cui la giuria deve valutare i testi in gara.
Detto questo, non ci sono regole di contenuto né di stile nella slam poetry. Non è obbligatorio recitare poesie in rima, nessun argomento è taboo, possono essere presentati testi comici, di denuncia sociale, struggimenti amorosi o qualsiasi cosa solletichi la mente dell'autore e si spera possa essere d'impatto sul pubblico. Gli slammer possono sbizzarrirsi inserendo frasi in altre lingue, in dialetto, possono urlare, sussurrare e cantare, come fa per esempio Eugenia Giancaspro, o Antigone, che nelle sue esibizioni si esprime persino attraverso la lingua dei segni e che ha ormai raggiunto una certa fama in questo ambiente.
Proprio perché la giuria non è composta da “tecnici”, il risultato di una competizione di slam poetry non è mai prevedibile, non essendoci un criterio di valutazione se non quello del gusto personale. Un certo pubblico può essere più incline a preferire pezzi comici, mentre in altri casi può essere stata sorteggiata una giuria che predilige le poesie amorose. I canoni estetici della slam poetry non si basano su rigide regole che rischierebbero di ingabbiare la poesia dentro un unico genere, ma lasciano spazio alla sensibilità degli autori. Finché la poesia è genuina, la gara si svolge senza favoritismi e il pubblico è attivo e coinvolto; qualsiasi sia il risultato, lo slam è andato bene, non importa chi abbia vinto, finché è la poesia che vince.
In conclusione, tanto per citare l'ultimo punto del regolamento della LIPS, nonché il motto di Marc Kelly Smith: il punto dello slam non sono i punti. Il punto è la poesia.