SCIENZA E RICERCA

Verificate le predizioni di Einstein sul principio di equivalenza

Un gruppo di ricercatori ha messo al vaglio un elemento chiave della relatività generale nel campo gravitazionale più estremo, quello prodotto da Sagittarius A* (Sgr A*), il buco nero supermassivo al centro della nostra galassia. I risultati, pubblicati su Physical Review Letters, forniscono nuovi indizi in preparazione di futuri test che saranno realizzati con telescopi di nuova generazione.

Mentre gli scienziati del consorzio EHT (Event Horizon Telescope) presenteranno a breve i risultati preliminari dell'esperimento più atteso dell'anno, in cui si spera di ottenere la prima immagine del buco nero al centro della Via Lattea, o almeno della sua ombra, il gruppo di ricercatori della collaborazione GRAVITY ha già realizzato una serie di test analizzando la luce emessa da una stella che orbita in prossimità di Sgr A*. L’obiettivo è verificare le predizioni di Einstein

Finora, gli scienziati si sono limitati a studiare la gravità considerando oggetti astronomici meno massivi, come il Sole o le nane bianche. Ma l'intenso campo gravitazionale prodotto da Sgr A* rappresenta un banco di prova ideale per validare, o meno, le teorie della gravità, tra cui appunto la relatività generale.

Nonostante gli scienziati abbiano testato diverse volte la teoria di Einstein, esistono ancora alcuni problemi aperti come, ad esempio, il fatto che tutta la materia e l’energia visibili nell'universo non sono sufficienti a spiegare la sua espansione accelerata. Trovare, dunque, delle violazioni ai principi fisici fondamentali su cui si basa la relatività generale permetterebbe di risolvere certe stranezze.

L’esperimento condotto dal gruppo di ricercatori del progetto GRAVITY ha permesso di testare una delle tre asserzioni del principio di equivalenza di Einstein, nota come invarianza locale di posizione, secondo cui le misure di tipo non gravitazionale di un oggetto devono essere uguali in qualsiasi parte dello spazio-tempo.

Fig 1 - L’immagine raffigura il centro galattico così come osservato nell’infrarosso dallo strumento NACO installato presso il Very Large Telescope dell’ESO. La croce indica la posizione di Sgr A*, il buco nero di 4 milioni di masse solari che risiede nel cuore della Via Lattea. Nel 2018, la stella S2 ha effettuato un passaggio ravvicinato attorno a Sgr A* ed è stata utilizzata per testare le predizioni di Einstein relative all’intenso campo gravitazionale prodotto dal buco nero supermassivo. Crediti: ESO/MPE/S. Gillessen et al.

Questo principio può essere provato misurando lo spostamento verso il rosso della luce soggetta agli effetti di un campo gravitazionale (redshift gravitazionale). Infatti, gli autori del presente studio hanno tracciato la luce emessa dagli atomi di idrogeno ed elio di una stella, chiamata S2, man mano che orbita attorno al buco nero Sgr A*. Ora, a causa del redshift gravitazionale, la frequenza apparente della luce cambia mentre si avvicina al buco nero, raggiungendo il suo valore più elevato di redshift quando la stella si trova nel punto di minima distanza.

Secondo il principio di invarianza locale di posizione, la variazione di frequenza dovrebbe essere uguale per entrambi gli atomi. E di fatto, gli scienziati hanno trovato che tali valori sono consistenti entro gli errori sperimentali.

Queste misure forniscono preziosi indizi aprendo la strada a nuovi test che saranno realizzati con i telescopi di nuova generazione, come lo European Extremely Large Telescope (E-ELT) che dovrebbe essere in grado di monitorare il moto delle deboli stelle che orbitano attorno ai buchi neri supermassivi nelle galassie più distanti e, quindi, di rivelare eventuali minime violazioni del principio di equivalenza e di altri principi fondamentali su cui si basa la teoria della relatività generale.

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