SCIENZA E RICERCA

La vita delle api mellifere potrebbe essersi dimezzata negli ultimi 50 anni

La vita media delle api mellifere potrebbe essersi dimezzata nel corso degli ultimi 50 anni, passando da 34 a 17 giorni. A questo risultato, che aggiunge un nuovo motivo di preoccupazione sul futuro di questo straordinario insetto, è giunto uno studio condotto da due entomologi dell'università del Maryland che hanno realizzato la scoperta mentre conducevano esperimenti sull’alimentazione di esemplari allevati in laboratorio.

Lo scopo iniziale degli scienziati era quello di valutare gli effetti ottenuti affiancando acqua semplice alla dieta a base di acqua zuccherata con cui tipicamente vengono nutrite le api in cattività. L’obiettivo era quello di imitare meglio le condizioni naturali in cui vivono le api. Confrontando i risultati con quelli sulla storia dell'approvvigionamento idrico negli studi in gabbia presenti in letteratura, i ricercatori hanno così osservato che, indipendentemente da come venivano nutrite, la vita media delle loro api era la metà di quella delle api studiate in esperimenti simili fatti negli anni ’70 negli Stati Uniti.

Gli autori della ricerca, pubblicata su Scientific Reports, hanno poi utilizzato un modello matematico per stabilire il possibile impatto del dimezzamento della longevità degli alveari sui quantitativi di miele e dunque sul settore dell’apicoltura. Quello che è emerso è una diminuzione di produttività pari al 33%, in linea con i tassi medi di perdita realmente riportati dagli apicoltori statunitensi negli ultimi 14 anni.

Lo studio

I ricercatori hanno condotto lo studio raccogliendo api allo stadio di pupa entro 24 ore dalla loro uscita dalle celle dell’alveare, per poi far loro proseguire la crescita in un'incubatrice e trasferirle in laboratorio all’interno di gabbie speciali. Il fatto che le api oggetto della ricerca siano state allevate in condizioni controllate, senza quindi essere soggette a fattori ambientali dannosi come virus e pesticidi, ha portato gli scienziati ad avanzare l’ipotesi che a questo significativo declino della longevità possano contribuire cause genetiche. “Noi isoliamo le api dalla colonia appena prima che diventino adulte, dunque tutto ciò che sta riducendo la loro longevità, avviene prima di questo passaggio", ha spiegato Anthony Nearman, primo autore dello studio.

E’ stato proprio Nearman, studente di dottorato al dipartimento di Entomologia dell’università del Maryland, ad accorgersi per primo che la vita media delle api operaie allevate in laboratorio era di appena 17 giorni, indipendentemente dal tipo di alimentazione somministrata all’insetto impollinatore. Una revisione approfondita dai dati presenti in letteratura ha quindi permesso di constatare che negli anni ’70 le api operaie in gabbia vivevano in media oltre 34 giorni e il declino della longevità è risultato essere costante lungo l’intero arco di mezzo secolo, nonostante gli standard con cui vengono mantenute le api in laboratorio siano andati progressivamente migliorando.

E sebbene le condizioni presenti in laboratorio siano molto diverse da quelle che contraddistinguono le colonie negli alveari, la vita media delle api di laboratorio si è sempre dimostrata simile a quella delle api in colonia (che per le operaie è pari a poco più di un mese).

Le cause che hanno portato al dimezzamento della vita media delle api allevate in laboratorio restano ancora da chiarire: il fatto che gli insetti siano stati precocemente portati in condizioni controllate tende a far escludere un ruolo da parte di agenti patogeni, inquinamento o pesticidi (sebbene in generale sia assodato che alcuni prodotti fitosanitari usati in agricoltura abbiano pesanti ripercussioni sulle api). Al riguardo i ricercatori spiegano che per quanto non si possa del tutto scartare la possibilità che fattori ambientali, come appunto virus o pesticidi, siano entrati in gioco durante lo stadio larvale degli insetti, quando stanno covando nell'alveare e le api operaie le stanno nutrendo, gli esemplari studiati non hanno manifestato sintomi evidenti che fossero riconducibili a questa tipologia di esposizioni.

Per questo motivo Anthony Nearman e il co-autore Dennis van Engelsdorp hanno avanzato l'ipotesi che la longevità delle api si sia ridotta a causa di cambiamenti genetici che potrebbero a loro volta essere la conseguenza involontaria delle pratiche di selezione condotte dagli apicoltori: le colonie costituite da api che vivono meno tempo potrebbero apparire più sane ed essere state quindi favorite dagli apicoltori rispetto a quelle composte da api che vivono più a lungo ma che sono colpite da malattie o da patogeni. 

Questo studio è il primo a mostrare un declino complessivo della durata della vita delle api da miele potenzialmente indipendente da fattori di stress ambientali, il cui impatto sulle api è comunque fortemente distruttivo, come recentemente ricordato anche dall'esperienza che Paolo Fontana entomologo e apidologo della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, ha condiviso con Il Bo Live. La sopravvivenza delle api è infatti già messa a dura prova da molte pressioni: solo per citare qualche esempio, un recente studio dell'università di Bristol pubblicato su Pnas Nexus ha scoperto che i fertilizzanti alterano il modo in cui le api percepiscono i fiori, scoraggiandone la visita. C'è poi il ben noto problema della tossicità delle sostanze chimiche usate in ambito agricolo dove, secondo uno studio pubblicato nel 2021 su Science, in un decennio l'impatto tossico dei pesticidi sulle api e altri impollinatori è raddoppiato, nonostante un calo della quantità di prodotti utilizzati. A tutto questo si aggiunge poi l'alterazione dell'habitat delle api con una forte perdita delle superfici dei prati di fiori selvatici, convertiti in suoli agricoli.

La ricerca condotta da Nearman e vanEngelsdorp si propone adesso di confrontare i dati provenienti da altri paesi del mondo per scoprire se la tendenza è in atto anche al di fuori degli Stati Uniti. E non bisogna dimenticare che le condizioni di laboratorio possono nascondere dettagli difficilmente confrontabili a distanza di mezzo secolo, come i materiali delle gabbie o la velocità del flusso di aria negli incubatori.

La vera sfida è adesso capire se la vita media delle api mellifere si è ridotta anche in natura e se un simile trend è comune a diverse specie di api. A questa domanda occorre trovare presto una risposta: le api e altri insetti impollinatori sono essenziali per un buon raccolto per il 75% delle colture che coltiviamo in tutto il mondo. Inoltre impollinano circa l'80% di tutte le piante selvatiche e hanno un ruolo fondamentale per la tutela della biodiversità. Le conseguenze del loro declino riguardano tutti noi.

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