UNIVERSITÀ E SCUOLA

Riforma 3+2, questione di numeri

La riforma universitaria del 3+2 è un flop? Per il quotidiano "la Repubblica" sì, ma per il Consiglio universitario nazionale i dati danno una lettura opposta. La lettera della presidente del Cun, Carla Barbati, che affronta i temi dei laureati e delle risorse a disposizione degli atenei.

Abbiamo letto con interesse l’articolo di Salvo Intravaia sul (presunto) flop della riforma 3+2, pubblicato il 2 settembre (su la Repubblica, Ndr) accanto ad altri interventi dedicati al tema. Apprezziamo l’attenzione dedicata all’Università, ma sentiamo l’obbligo di segnalare che i dati presentati nell’articolo portano a una conclusione opposta a quella indicata nel titolo: i laureati sono in aumento, non in calo. Uno degli obiettivi della riforma 3+2 era innalzare il numero di giovani in possesso di un titolo di studio universitario attraverso l’introduzione di un percorso di laurea triennale, sufficiente a dare una preparazione di alto livello, anche se non necessariamente specializzata od orientata alla ricerca. 

Ebbene: come riportato nell’articolo, nel 2000 abbiamo avuto 144.000 laureati vecchio stile e nel 2016 abbiamo avuto 175.000 laureati triennali. In altre parole, rispetto al 2000, nel 2016 ben 21.000 giovani in più hanno conseguito un titolo di studio di livello universitario, con un aumento di oltre il 20%. Inoltre, l’età media dei laureati triennali 2016 (fonte: rapporto Almalaurea 2017) è di 24,9 anni, contro un’età media di 27,6 anni dei laureati vecchio stile del 2000. Con l’introduzione del 3+2 abbiamo dunque più giovani in possesso di un titolo di studio universitario, ottenuto in media con 2,7 anni di anticipo rispetto ai loro colleghi del 2000. 

Certo non è stato e non è sufficiente. Il confronto con la realtà europea mostra che la percentuale dei nostri giovani in possesso di un titolo universitario è ancora troppo bassa per rispondere alle esigenze di una società e di un mercato del lavoro sempre più basati sulla conoscenza. 

Occorre pertanto continuare a migliorare e ampliare la quantità e la qualità dell’offerta universitaria. A questo scopo, è indispensabile effettuare una manutenzione della struttura dei corsi di laurea e laurea magistrale, in modo da allargare l’offerta di corsi di laurea indirizzati al mercato del lavoro e al contempo garantire e rafforzare l’alto livello culturale e professionale delle lauree magistrali che da sempre contraddistingue il sistema universitario italiano a livello mondiale, come dimostra la facilità con cui i nostri laureati magistrali trovano lavoro all’estero. É indispensabile riportare il finanziamento dell’Università almeno ai livelli di 10 anni fa, cancellando i tagli drammatici effettuati in questi anni. 

Con sempre meno docenti e tecnici-amministrativi, senza la possibilità finanziaria di ampliare le aule, ammodernare e attrezzare più laboratori, offrire tutti i servizi di contesto, di orientamento e supporto che caratterizzano le Università più efficienti nel panorama internazionale non c’è alcuna speranza di riuscire a raggiungere il numero di laureati di cui questo Paese ha bisogno. Non è dunque il 3+2 uno dei punti più deboli. Questi sono semmai da rintracciare, innanzi tutto, in una normativa inadeguata, fatta di un eccesso di regole vecchie e nuove, da sempre in attesa di essere coordinate in un testo unico, e in una drammatica mancanza di risorse. 

Su questo occorre urgentemente intervenire se davvero abbiamo a cuore il futuro dei nostri giovani e del nostro Paese. 

Carla Barbati, presidente Cun

Marco Abate, consigliere Cun

 

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