SOCIETÀ

La centralità del ruolo delle donne nella gestione dei conflitti durante la pandemia

Come riporta un policy brief pubblicato in settembre da UN Women, che presenta un'analisi preliminare degli effetti che la pandemia sta avendo sulla partecipazione delle donne alla decisione di strategie e politiche internazionali per promuovere la pace, sono state principalmente queste ultime a mobilitarsi, anche online, per sostenere i diritti umani in ambiti come l'accesso alla salute, la protezione sociale e lo scambio e il rilascio di prigionieri e a rispondere positivamente all'appello del Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, che il 23 marzo 2020 ha invocato un cessate il fuoco globale per dare modo alle popolazioni di tutto il mondo di concentrarsi sulla lotta al coronavirus. Nello Yemen, ad esempio, è stata rilasciata una dichiarazione congiunta da parte di nove organizzazioni femminili per chiedere un cessate il fuoco che avvenga in modo inclusivo.

Il documento in questione è stato redatto dal team per la pace e la sicurezza di UN Women insieme al Dipartimento delle Nazioni Unite per gli affari politici e di costruzione della pace (DPPA), che collaborano per organizzare e attuare programmi che supportino e valorizzino le capacità e le competenze delle donne nella gestione delle politiche internazionali e nella promozione degli accordi di pace.

In questo periodo è ancora più importante fermare i conflitti in corso, perché le difficoltà già esistenti nei sistemi sanitari resi deboli dallo stato di guerra non possono che aumentare a causa della pandemia. Perché questo avvenga è cruciale che le donne siano coinvolte nella pianificazione delle migliori risposte all'emergenza sanitaria.

Come riporta il documento, infatti, “l'impatto della crisi sulle donne in situazioni di conflitto è particolarmente preoccupante. In questi contesti già tragici, a molte donne è stato severamente limitato l'accesso alla salute sessuale e riproduttiva, ai mezzi di sussistenza e ad altri servizi essenziali”. Inoltre, le donne sono mediamente più esposte al contagio poiché sono maggiormente impiegate in lavori assistenziali. La conseguenze del Covid-19 stanno infatti amplificando le disuguaglianze di genere in tutte le società, a maggior ragione nei contesti di guerra.

Può la pandemia in corso rappresentare un'opportunità per promuovere una partecipazione significativa delle donne nella vita pubblica e agli sforzi collettivi per riportare la pace tra le nazioni e costruire società inclusive? A maggior ragione in questo momento di pandemia, è particolarmente importante che ci siano donne presenti nei comitati che si occupano della gestione dei conflitti per preservare gli interessi della popolazione femminile e dei membri più vulnerabili della società civile, come gli sfollati e i rifugiati.

Come conferma la professoressa Gabriella Salviulo, direttrice del Centro diritti umani “Antonio Papisca” dell'università di Padova, “le donne sono state le più colpite dalla pandemia, come dimostra l'aumento dei casi di violenza nei loro confronti. Possono però contribuire a invertire questa rotta diventando garanti di pace e sicurezza per loro e per i loro figli”.

Secondo il rapporto di UN Women, alcune ricerche precedenti hanno dimostrato che quando le donne sono incluse nei processi che conducono alla definizione degli accordi di pace, è più probabile che questi vadano a buon fine. Questo vale per la presenza di donne nei processi formali di mediazione di alto livello, nella partecipazione diretta di donne in quanto membri di delegazioni, mediatrici e consulenti, e anche per le mobilitazioni spontanee da parte di gruppi di cittadine.
Un punto importante del documento riguarda infatti la centralità del contributo delle organizzazioni femminili all'interno delle comunità con l'intenzione di sensibilizzare il resto della popolazione e i decisori politici perché si impegnino ad agire per fermare le ostilità. Secondo il policy brief di UN Women, il sostegno a questi gruppi dovrebbe essere aumentato e le loro attività di risoluzione dei conflitti e promozione della pace incoraggiate.

Il coinvolgimento della società civile femminile esercita pressioni politiche sulle parti in conflitto e aiuta a cambiare le dinamiche. È fondamentale che i processi per garantire un cessate il fuoco includano la partecipazione delle donne sin dall'inizi COVID-19 and conflict: Advancing women's meaningful participation in ceasefires and peace processes - UN Women (2020)

Questo discorso si rivela particolarmente importante da affrontare nel 20° anniversario della risoluzione n. 1325 redatta nel 2000 ad opera del Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite, che costituisce la pietra miliare dell'Agenda 2030 Donne pace e sicurezza. Si tratta di un documento che andrebbe ripreso e riletto alla luce di questo momento storico, per rimarcare l'importanza di approcci trasformativi e inclusivi volti al raggiungimento di una pace sostenibile.

Come precisa la professoressa Salviulo, “sempre dobbiamo fare riferimento alla risoluzione 1325 su donne pace e sicurezza, articolata proprio sul valore delle cosiddette “3P”: prevenzione, partecipazione e protezione. L'obiettivo di questo documento è riconoscere i diritti fondamentali delle donne nella soluzione internazionale dei conflitti (peace making e peace keeping).

La partecipazione delle donne nell'ambito delle 3P è cruciale non solo nelle situazioni di conflitto in senso stretto, ma anche per quanto riguarda ad esempio le proteste ambientali. Infatti notiamo che sono spesso loro a battersi per i diritti umani legati al territorio e per lo sfruttamento razionale delle risorse, con l'obiettivo di tutelare una vita e una sopravvivenza dignitosa dei loro paesi.

In questi contesti la loro rappresentatività si rivela fondamentale per garantire una partecipazione più inclusiva della società. Anche in una risoluzione di ottobre 2019, la n. 2593, si richiede che venga promossa la piena, equa e significativa partecipazione delle donne alla pace e alla sicurezza proprio perché costoro possano fornire competenze specializzate per aiutare a stipulare e a mantenere gli accordi di pace”.

“Un problema con cui tutte le società devono misurarsi è la sottorappresentazione delle donne sul piano istituzionale a tutti i livelli, dagli stati alle istituzioni locali”, continua la professoressa Salviulo. “Credo che difficilmente si possa smentire che le donne che arrivano a essere parte di consessi così importanti abbiano alle spalle un percorso di crescita e di formazione molto complesso. Le donne, quando raggiungono un alto livello in qualsiasi ambito ci arrivano per capacità, competenza, motivazione e anche sacrifici grandissimi. Da questo deriva anche un elevato grado di motivazione. È evidente che tutti questi fattori sono di per sé in grado di portare sulla strada del successo. Si tratta di caratteristiche anche conseguenti dalla loro capacità di mediazione sulla base della conoscenza, della competenza ma anche della sensibilità, dell'impegno e della passione”.

Nel documento di UN Women è presente infine un elenco di raccomandazioni rivolte ai decisori politici perché questa svolta venga realmente messa in atto da parte di tutte le nazioni e le organizzazioni politiche. Tra queste ci sono lo sfruttamento di piattaforme digitali e di tecnologie per costruire reti di dialogo e collaborazione intensificando la presenza di donne sul web in tutto il mondo, che è mediamente molto più bassa rispetto a quello degli uomini, e la necessità di utilizzare un linguaggio inclusivo di genere negli accordi di pace.

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