SCIENZA E RICERCA

Piombo e altri metalli tossici, su acqua e cibo: c'è ancora molto da fare

Del piombo, come di altri metalli pesanti di comprovata tossicità per la salute umana, non è facile liberarsi. Nel corso del tempo numerose fonti di esposizione sono state eliminate o messe sotto controllo (pensiamo a particolari tipi di vernici e insetticidi, alla benzina, o più recentemente alle munizioni usate nelle zone umide europee per l’attività venatoria), ma una parte rilevante del problema è rimasto ampiamente irrisolto, se si considerano le contaminazioni da acqua potabile o da cibo. Vale a dire risorse vitali per la nostra sopravvivenza ma che possono nascondere, soprattutto nelle aree più svantaggiate, insidie non facilmente riconoscibili.

I numeri lo rivelano in modo chiaro: ogni anno nel mondo circa 900.000 mila persone muoiono a causa dell’esposizione al piombo (più del doppio rispetto alle vittime della malaria) e studi recenti stimano che 800 milioni di bambini, quindi addirittura 1 su 3 su scala globale, presentano concentrazioni di piombo nel sangue superiori a 5 microgrammi per decilitro, un valore che è al di sopra della soglia di sicurezza che i Centers for Disease Control and Prevention statunitensi alla fine del 2021 hanno abbassato a 3,5 µg/dL.

Qualsiasi esposizione al piombo in realtà può essere dannosa. E lo è in modo particolare per i bambini a causa dello sviluppo ancora in corso e dell'accumulo del metallo tossico nel corso del tempo. I principali problemi di salute collegati alle contaminazioni da piombo si osservano sul cervello non solo con la possibilità che insorgano disturbi del comportamento e dell'apprendimento, ma anche con il rischio di una compromissione irreversibile dello sviluppo cognitivo. Al riguardo si stima che il 30% delle disabilità cognitive di cui sia ignota la causa siano imputabili proprio al piombo. Inoltre la sostanza può essere anche alla base di patologie cardiovascolari, insufficienza renale e ipertensione. 

Man mano che altre fonti di esposizione al piombo sono state sottoposte a un maggiore controllo, il piombo proveniente dai sistemi di acqua potabile è diventato sempre più importante ma è rimasto in parte irrisolto, in particolare nei paesi a basso e medio reddito. Partendo da questa considerazione un gruppo di scienziati ha recentemente pubblicato un appello su Plos Water invitando tutte le parti in causa (in primis i governi e le autorità idriche, ma anche tutti i responsabili della costruzione, installazione, riparazione e riabilitazione dei sistemi di approvvigionamento idrico e, nei paesi a basso e medio reddito, anche le Ong che spesso aiutano le realtà locali in materia di accesso all'acqua) ad impegnarsi con tutte le azioni necessarie a prevenire o mitigare l'esposizione al piombo proveniente dall'approvvigionamento di acqua potabile

Il piombo può finire nell'acqua come contaminante naturale, presente nella crosta terrestre, ma la principale fonte di esposizione sono i fenomeni di corrosione che possono interessare parti dei sistemi idrici come i tubi, i rubinetti e i giunti, ma anche le pompe, i loro raccordi e le componenti dei sistemi di trivellazione. Apprezzato per la sua robustezza e duttilità sin dall'antichità, il piombo è stato un materiale chiave per il mondo romano: in passato era stato addirittura ipotizzato che potesse aver contribuito alla caduta dell'Impero a causa dell'avvelenamento degli ignari abitanti che lo assumevano attraverso l'acqua. Studi successivi hanno escluso che la scomparsa della civiltà romana possa essere in qualche modo attribuita al piombo, ma non vi è dubbio che le contaminazioni da questo metallo rappresentino (allora come oggi) un grave pericolo per la salute pubblica. 

Storicamente, come ricorda anche una nota informativa del ministero della Salute, il piombo è stato diffusamente utilizzato in molti paesi europei, inclusa l’Italia, come materiale per le tubazioni e altre componenti delle reti idriche, sia di acquedotti che di impianti di distribuzione domestici. A partire dagli anni sessanta, nuove normative e nuove tecniche o materiali ne hanno ridotto l’impiego nelle reti di distribuzione dell’acqua destinata al consumo umano ma "dato il susseguirsi di tecniche costruttive diverse e l’impiego di differenti materiali negli ultimi decenni, può non essere facile poter determinare di quale materiale siano composti le tubature o gli accessori della propria utenza domestica per la fornitura di acqua potabile", osserva il documento del ministero della Salute. In generale, i centri o i quartieri storici possono rappresentare aree a più elevato rischio, qualora non siano state effettuate ristrutturazioni degli impianti idrico-sanitari. E certamente la situazione è molto più complessa nei Paesi a basso o medio reddito dove i dati disponibili (e spesso sono pochi) indicano un problema diffuso.

In Italia a partire dal 26 dicembre del 2013 sono entrati in vigore limiti più restrittivi che hanno ridotto a un massimo di 10 microgrammi/litro (μg/litro), la quantità di piombo che può essere presente nell'acqua potabile. Prima di quella data la soglia stabilita era di 25 microgrammi/litro e la riduzione (avvenuta dopo una lunga fase di transizione per consentire un adeguamento graduale e le opere di risanamento necessarie) è stata finalizzata a recepire sia le indicazioni dell'Oms, che per il piombo ha appunto stabilito un valore guida provvisorio di 10 μg/litro in acque destinate a consumo umano, sia le indicazioni contenute in una direttiva europea del 1998. 

Attualmente le acque rifornite dal gestore del servizio idrico contengono livelli di piombo significativamente inferiori a 10 microgrammi/litro, spiega il ministero della Salute, ma possibili criticità possono essere riscontrate negli impianti domestici, in particolare nelle abitazioni dei centri storici o in quelle più datate, soprattutto quando l'acqua non scorre dai rubinetti da oltre 4 ore. 

Nella maggior parte dei paesi ad alto reddito il rischio che l'acqua potabile rappresenti una fonte di esposizione al piombo è comunque piuttosto circostanziato, sebbene non siano mancati casi rilevanti come quello che ha riguardato Flint, cittadina di centomila abitanti in Michigan, non lontano da Detroit, dove per due anni i residenti hanno bevuto e utilizzato, a loro insaputa, acqua contaminata da una quantità di piombo pericolosa e dove l'esposizione al metallo pesante ha provocato morti e malattie, anche tra i bambini.


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Diverso è lo scenario delle aree più svantaggiate del mondo dove la presenza di quantità elevate di questo metallo pesante nel sangue delle persone, soprattutto dei bambini, è un fatto purtroppo piuttosto comune. Il rapporto The Toxic Truth: Children’s Exposure to Lead Pollution Undermines a Generation of Future Potential, pubblicato dall'Unicef nel 2021, ha rivelato che circa un bambino su tre a livello mondiale ha livelli di piombo nel sangue pari o superiori a 5 microgrammi per decilitro, una soglia su cui è fondamentale intervenire. Fino allo 85% del piombo rilasciato in ambiente proviene dalle batterie per auto nei Paesi a basso e medio reddito, secondo quanto affermato da un rapporto pubblicato dall'Oms nel 2017. E i giovani lavoratori che effettuano operazioni di riciclaggio delle batterie in condizioni pericolose e spesso illegali o che cercano qualcosa per vivere nelle immense discariche di rifiuti collocate a poca distanza dalle baraccopoli alla periferia delle città sono particolarmente esposti. Anche l'acqua corrente è però una fonte di esposizione non trascurabile e, più in generale, il piombo è un fattore di rischio ambientale chiave che, come scrivono gli autori dell'appello pubblicato su Plos Water, "aggrava le disuguaglianze a lungo termine che colpiscono soprattutto i gruppi emarginati" e rappresenta una minaccia per la salute pubblica. 

L'Organizzazione mondiale della sanità e i suoi partner hanno recentemente pubblicato una guida per sostenere questi sforzi. Si intitola "Piombo nell'acqua potabile: rischi per la salute, monitoraggio e azioni correttive" e contiene una serie di indicazioni concrete che spaziano dalle analisi necessarie per accertare eventuali sforamenti delle soglie, all'identificazione della principale fonte di piombo nell'acqua potabile (che solitamente è la lisciviazione da materiali contenenti piombo nei sistemi idrici), dalla comunicazione rivolta alle comunità alle opzioni correttive, sia attraverso misure provvisorie immediate (come l'introduzione di inibitori di corrosione se si sospetta che l'origine del problema sia nei sistemi di distribuzione oppure appunto far defluire l'acqua dal proprio impianto per qualche minuto prima di utilizzarla o ancora l'impiego di specifici dispositivi che sono in grado di ridurre la concentrazione di piombo), sia attraverso soluzioni definitive a lungo termine. 

Un ulteriore impegno in questa direzione è stato assunto di recente dall'iniziativa Global Lead Free Water il cui obiettivo è prevenire la lisciviazione di piombo dai nuovi sistemi di acqua potabile entro il 2030 e rendere tutta l'acqua potabile senza piombo entro il 2040. Tra i fondatori, oltre alla stessa Oms e a Unicef, ci sono i governi del Ghana, del Sud-Africa e dell'Uganda. 

Ma il piombo non è l'unico metallo pesante su cui è necessario rivolgere l'attenzione per evitare che possa rappresentare un rischio concreto per la salute, soprattutto dei bambini. Recentemente un articolo uscito su Undark si è soffermato su un alimento base come il riso che spesso è anche tra i primi cibi solidi mangiati dai neonati e tende ad essere consumato più volte al giorno. La presenza accertata nel riso di metalli pesanti tossici, tra cui arsenico, cadmio, piombo e mercurio, non è rara perché questo cereale, date le sue condizioni di coltivazione e il continuo contatto con l'acqua, ha una capacità di assorbimento di metalli pesanti dal terreno molto superiore rispetto a quella di altri cereali e la rapida crescita industriale ha favorito la diffusione di questi elementi (che sono comunque naturalmente presenti anche nella crosta terrestre e si fanno strada nelle falde acquifere e nei fiumi quando l'acqua attraversa le formazioni rocciose sotterranee e dissolve gli elementi tossici). L'esposizione ai metalli pesanti è particolarmente pericolosa per i bambini perché, rispetto agli adulti, mangiano più cibo rispetto al loro peso corporeo e la loro dieta è meno varia. Le problematiche sanitarie collegate alla contaminazioni riguardano effetti sulla sfera neurocognitiva, un aumentato rischio di insorgenza di patologie tumorali, lesioni cutanee, malattie polmonari e renali. 

E la presenza nel suolo di vecchi pesticidi a base di piombo e arsenico, sebbene vietati da decenni, è ancora rilevabile, e quindi i contaminanti continuano ad essere risucchiati dalle radici delle piante di riso, che assorbono i nutrienti attraverso le proteine nelle loro pareti cellulari. Intanto gli scienziati si stanno impegnando, spiega Undark, per cercare soluzioni che siano in grado di ridurre l'impatto delle contaminazioni: un approccio consiste nell'applicare più zolfo ai terreni delle risaie, che possono legarsi ai metalli tossici e renderli più difficili da assorbire. Altri approcci riguardano la possibilità di inserire nelle risaie altre piante, non destinate al consumo umano, che si sono dimostrate capaci di assorbire l'arsenico oppure si è pensato di sfruttare alcune specie di batteri per ottenere lo stesso risultato. O ancora, dal momento che non tutte le varietà di riso sono uguali e alcune assorbono più arsenico e metalli pesanti di altre, di comprendere meglio quali sono e come funzionano i geni responsabili della limitazione dell'assorbimento di sostanze tossiche. 

Nella maggioranza dei casi si tratta però ancora di approcci studiati in laboratorio e dunque lontani da un'applicazione su larga scala. Nel frattempo la Food and Drug Administration, l’ente regolatorio statunitense per gli alimenti e i farmaci, nel 2020 ha stabilito il tetto di 100 parti per miliardo (ppb) per l’arsenico inorganico nel riso per neonati e nel 2021 ha lanciato l'iniziativa Closer to Zero che utilizza un percorso a più fasi per ridurre l'esposizione ai metalli pesanti tra neonati e bambini. Nell'aprile del 2022, ricorda Undark, è stata pubblicata una bozza sul piombo nei succhi di frutta e verdura e all'inizio del 2023 è stata la volta di una bozza di linee guida per l'industria sul contenuto di piombo negli alimenti per bambini più in generale. I piani d'azione per l'arsenico, il cadmio e il mercurio invece sono attesi non prima del 2024. Come tutte le linee guida della FDA sui limiti alimentari, puntualizza Undark, i limiti sono però solo una raccomandazione, non un requisito legale: alcune indagini di Consumer Reports e del gruppo di difesa Healthy Babies Bright Futures hanno accertato che alcuni alimenti per bambini presenti nei negozi degli Stati Uniti contenevano livelli di arsenico superiori ai valori soglia ma il ritiro dei prodotti dagli scaffali è rimasto un'azione volontaria, compiuta solo da alcuni produttori. 

Per quanto riguarda l'arsenico un segnale importante è arrivato dall'Ue che ha da poco adottato nuove norme per aumentare la sicurezza alimentare e combattere il cancro. La decisione, basata su una relazione scientifica dell'EFSA del 2021, è stata adottata dopo che gli Stati membri erano stati invitati a monitorare la presenza di arsenico negli alimenti e si è tradotta in un Regolamento (il 2023/465) che per sua natura ha carattere vincolante in tutti i suoi elementi.

La misura riduce la concentrazione di arsenico inorganico consentita nel riso bianco e fissa nuovi limiti per l'arsenico in molti alimenti a base di riso, formule per lattanti, alimenti per la prima infanzia, succhi di frutta e nel sale.

 

 

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