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In Salute. Sinner e non solo: quando lo sport causa problemi (e cosa fare)

Anche chi non è appassionato di tennis conosce ormai Jannik Sinner, il giovane ventiduenne che dopo 48 anni ha regalato nuovamente all’Italia uno Slam, vincendo il primo dei quattro tornei annuali più prestigiosi del settore, l’Australian Open del 2024. Spesso agli onori della cronaca proprio per i risultati raggiunti, che lo vedono attualmente al secondo posto nella classifica mondiale ATP dei tennisti professionisti, nelle scorse settimane ha fatto parlare di sé per i dolori insorti all’anca destra. Il problema fisico lo ha costretto a ritirarsi dal torneo di Madrid e a saltare gli internazionali di Roma. Ora – dopo molte incertezze – le ultime notizie lo danno in Francia, per la partecipazione al secondo Slam della stagione, il Roland Garros.  

Sinner non è l’unico atleta ad aver avuto infortuni di questo tipo, con conseguenze sul proprio percorso professionale: anche Asia D’Amato, ginnasta italiana campionessa europea nel 2022, vede sfumare la propria partecipazione alle prossime Olimpiadi a causa di una nuova lesione al legamento crociato del ginocchio sinistro; e la stessa sorte tocca a Yulimar Rojas, campionessa olimpica del salto triplo a Tokyo 2020 e quattro volte campionessa mondiale, a causa di una lesione al tendine d’Achille

Chi fa sport a livello agonistico sottopone il proprio fisico a traumi talora importanti, ma anche chi pratica attività fisica con costanza nel tempo libero talvolta deve fare i conti con sollecitazioni fisiche non prive di conseguenze. Ne abbiamo parlato con Stefano Zaffagnini, coordinatore del centro di riferimento specialistico di Traumatologia dello sport dell’istituto ortopedico Rizzoli e professore di ortopedia a traumatologia all’università di Bologna.

Gli sport più a rischio trauma

“Gli sport che provocano i traumi maggiori – spiega il docente – sono quelli da contatto quindi il soccer, il rugby, il football americano. Vengono poi il basket, la pallavolo, il tennis e via via sport come il nuoto, che invece causa traumi di minore entità”. 

Chi pratica questi sport in maniera continuativa e agonistica può avere traumi da allenamenti ripetuti, dovuti dunque all’esercizio continuo e alla velocità del gesto che deve essere sempre più rapido. Oppure possono verificarsi durante le gare o le partite, a seconda dei casi. “Ci possono essere traumi legati a un gesto atletico svolto in modo non corretto per ragioni legate a uno sbilanciamento del corpo oppure dovuti a un contatto con un avversario (traumi dunque in assenza di contatto diretto, o da contatto diretto)”. Zaffagnini porta l’esempio del tennis: problemi all’anca come quelli accusati da Sinner potrebbero essere dovuti a movimenti come le scivolate che, se arrivano a una forzatura eccessiva dell’articolazione, possono provocare un trauma all’articolazione stessa. 

Padel, calcetto e jogging

Bisogna distinguere innanzitutto tra agonisti e non agonisti, tra chi dunque fa sport in modo continuativo e strutturato e chi invece sceglie un certo tipo di attività fisica per occupare (bene) il proprio tempo libero. “Se un atleta professionista ha delle capacità intrinseche fisiche già selezionate in partenza, lo stesso  invece non può dirsi di chi si avvicina a uno sport in modo amatoriale. Ci sono persone, per esempio, che praticano un certo tipo di attività pur possedendo caratteristiche fisiche che invece lo sconsiglierebbero. E questo espone maggiormente a traumi anche importanti”.

Facciamo qualche esempio, tra le attività più in voga di questi anni tra giovani e meno giovani. “Si prenda il padel e il calcetto – osserva Zaffagnini –: sono attività che richiedono gesti e cambi di direzione molto veloci in spazi molto ristretti, ma questo, insieme al tipo di scarpa indossata e al campo in cui si gioca, è uno dei fattori che può causare traumi fisici”. Più la persona è giovane e più ha possibilità di risolvere un eventuale trauma, quanto più uno è avanti con l’età invece tanto più il problema può rivelarsi grave e lento il recupero. E nei casi peggiori possono insorgere anche disfunzioni che ostacolano la completa soluzione del problema e impediscono la ripresa dell’attività fisica.

Qualche considerazione va fatta anche per gli amanti del jogging: “Chi vuole dedicarsi alla corsa deve innanzitutto avere il fisico adatto: non deve assolutamente essere sovrappeso, perché anche cinque, sei chili in più possono creare una disfunzione molto grave a livello articolare. In questi casi, meglio preferire attività come il nuoto o la bicicletta”. Prima di scegliere l’attività fisica cui dedicarsi è necessario dunque fare qualche considerazione. “Bisogna valutare la propria forma fisica, i parametri fisiologici e fisici, e magari fare anche una valutazione della massa corporea, solo poi si può scegliere lo sport più idoneo in base a ciò che il fisico può permettere. Tutti dovremmo svolgere attività motoria, ma dobbiamo anche essere più consapevoli di ciò che le nostre condizioni e caratteristiche fisiche ci permettono di fare, scegliendo sport adatti a noi e non destruenti”.

Età e sesso fanno la differenza

Ci sono anche altri fattori da considerare. “L'attività fisica ha effetti positivi a qualsiasi età, tuttavia con qualche precisazione – osserva Zaffagnini –. Se una persona è giovane può praticare sport di tutti i livelli, ma quando subentrano problemi di artrosi o di sovrappeso bisogna scegliere un tipo di attività che permetta un recupero funzionale o comunque un mantenimento della forza muscolare tale da avere un buon supporto fisiologico alla sua attività. Pertanto non si devono scegliere sport che causino un peggioramento delle condizioni fisiche di partenza. In presenza di sovrappeso e artrosi, nel caso specifico, meglio evitare la corsa e preferire le camminate nell’acqua o in pianura, evitando per esempio anche il trekking in montagna, che è faticoso e pericoloso specie per chi ha un’artrosi al ginocchio femoro-rotulea”.   

Ci sono poi anche differenze tra popolazione maschile e femminile di cui tener conto. “Ci sono dei parametri biomeccanici e cinematici delle articolazioni diversi tra uomo e donna. Ad esempio la donna, quando cambia direzione o atterra da un salto, tende ad avere una deviazione dell’anca e del ginocchio in flessione in genere più alta rispetto a quella di un uomo e quindi tende a essere più predisposta ad avere dei traumi. Ciò dipende proprio dalla conformazione fisica femminile in relazione al tipo movimento”.

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