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Una delle batterie di missili israeliane che compongono il sistema Iron Dome
Nella tempesta di ordini esecutivi emessi da Donald Trump nei primissimi giorni della sua seconda amministrazione non poteva mancare un obiettivo fortemente sostenuto nel rapporto 2025 Presidential Transition Project, che sembra guidare l'azione presidenziale: l'executive order The Iron Dome for America del 27 gennaio 2024. L'ordine vuole attualizzare quanto promesso dallo stesso Trump alla recente convention del partito repubblicano: "Ripristineremo le nostre forze armate e costruiremo un sistema di difesa missilistica, una 'cupola di ferro' (Iron Dome) per garantire che nessun nemico possa colpire la nostra patria. Israele ha una Iron Dome. Hanno un sistema di difesa missilistica. Perché altri paesi dovrebbero averlo e noi no?".
L'ordine esecutivo si apre con la dichiarazione che "la minaccia di attacchi da parte di missili balistici, ipersonici e cruise e altri sistemi aerei avanzati rimane la minaccia più catastrofica per gli Stati Uniti".
Dal punto di vista strettamente militare è un fatto che gli Stati Uniti, grazie alla situazione geografica e ai rapporti con i paesi confinanti, devono solo temere attacchi dal cielo, a differenza delle altre potenze nucleari; pertanto una 'cupola' impenetrabile renderebbe il paese ermeticamente chiuso ad azioni militari ostili. Esistono comunque altre forme cruciali di sicurezza di ogni paese, oltre alla dimensione militare, criticità che Trump appare sottovalutare.
Trump ricorda come il presidente Ronald Reagan abbia cercato di costruire una difesa efficace contro gli attacchi nucleari, e afferma che "sebbene questo programma abbia portato a molti progressi tecnologici, è stato cancellato prima che il suo obiettivo potesse essere realizzato." In realtà l'Iniziativa di difesa strategica reaganiana del 1983 (le 'Guerre Stellari'), nonostante fosse sostenuta da un programma da svariati miliardi di dollari all'anno, non ha portato ad alcun sistema d'arma operativo o che avesse una qualche probabilità di funzionare in un prossimo futuro. Era vera e propria fantasia (a pie in the sky).
Dopo Reagan, Trump dà merito a George W. Bush del ritiro nel 2002 dal Trattato sui sistemi anti-missile balistico (ABM Treaty) e dell'avvio dello sviluppo di una difesa missilistica, "che poi è rimasta limitata poiché la politica ufficiale degli Stati Uniti in materia di difesa missilistica nazionale è rimasta quella di salvaguardarsi unicamente dalle minacce delle nazioni canaglia e dai lanci di missili accidentali o non autorizzati".
Effettivamente, gli attuali sistemi ABM americani, secondo la Missile Defense Agency, sono solo pensati in veste anti-Corea del Nord e anti-Iran.
Pertanto l'ordine esecutivo intende cambiare la politica americana e una difesa missilistica globale deve diventare la componente fondamentale dell'architettura della sicurezza nazionale degli USA.
Nelle sezioni successive dell'ordine vengono definite: la nuova politica, la sua attuazione e una revisione della difesa missilistica alleata e per operazioni localizzate.
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Il sistema Iron Dome israeliano in azione durante i recenti attacchi di Hamas
L'iron dome israeliano (kippat barzel)
Trump mutua il nome per il suo obiettivo di difesa totale dalla suggestiva denominazione scelta dall'Organizzazione israeliana per la difesa missilistica (IMDO) per la componente inferiore del proprio sistema di protezione, che comprende gli apparati attivi Arrow-3, Arrow-2, David's Sling e, appunto, Iron Dome:
• Iron Dome intercetta i razzi a corto raggio lanciati da terra e proiettili d'artiglieria (livello inferiore);
• David's Sling (fionda di Davide) Intercetta missili terra-superficie a corto-medio e medio-lungo raggio (livello centrale);
• Arrow-2 (freccia-2) intercetta missili a medio-lungo raggio (livello superiore);
• Arrow-3(freccia-3) intercetta missili a lungo raggio (livello superiore).
Iron Dome è progettato appunto per intercettare e distruggere razzi di bassa quota a corto raggio e proiettili di artiglieria da 155 mm sparati da distanze comprese tra 4 e 70 km e diretti verso un'area popolata israeliana. Iron Dome, sviluppato dal 2007, è diventato operativo e schierato dal marzo 2011. Oltre all'impiego terrestre, batterie Iron Dome sono dispiegate in mare su corvette di classe Sa'ar 6, per proteggere le piattaforme di gas off-shore. Gli Stati Uniti sono stati partner nella creazione di Iron Dome e continuano a svilupparlo assieme a Israele.
Iron Dome ha tre componenti:
• il radar di rilevamento e tracciamento EL/M-2084: individua il lancio del razzo e ne traccia la traiettoria;
• il sistema Battle Management & Weapon Control: calcola il punto di impatto in base ai dati riportati e utilizza queste informazioni per determinare se il bersaglio costituisca una minaccia per un'area importante per densità di popolazione o per strutture significative. Solo quando tale minaccia è determinata, un missile intercettore viene lanciato per distruggere il razzo attaccante prima che raggiunga l'area di impatto prevista;
• missili intercettori Tamir, dotati di sensori elettro-ottici e di diverse alette di guida per un'elevata manovrabilità, operano a una velocità massima di Mach 2,2; il costo di ogni missile si aggira sui 40 mila dollari.
Iron Dome è costruito per essere dispiegato in modo mobile e sparso. Composto da una serie di unità (attualmente dieci) trasportate da camion e posizionate strategicamente in punti critici, il sistema reagisce in pochi secondi ed è presidiato 24 ore al giorno; ogni batteria è in grado di proteggere un'area di circa 150 km quadrati. Ogni unità di lancio, contenente 20 intercettori, viene dispiegata in modo indipendente e gestita a distanza tramite una connessione wireless sicura.
Iron dome era concepito per affrontare i razzi Katyusha degli Hezbollah dal nord e i Qassam di Hamas dal sud. Le autorità israeliane sostengono che il sistema abbia un tasso di successo superiore al 90%, ma alcuni analisti mettono in dubbio questo dato e parlano di un'efficacia operativa che si aggira sul 30%; in particolare non si conosce il suo punto di saturazione a fronte di lanci multipli. L'impiego contro droni è ancora considerato inadeguato.
Pertanto, nonostante il nome altisonante e (volutamente) rassicurante, le attuali 10 batterie di Iron Dome riescono a proteggere solo un migliaio di km quadrati di Israele unicamente da una frazione di razzi di corta gittata e soltanto obiettivi 'importanti'; secondo analisti indipendenti, solo il tempestivo sistema di allarme e l'efficiente apparato di rifugi permette di mantenere limitato il numero di vittime a fronte dei fitti attacchi dei razzi di Hezbollah e di Hamas.
La nuova politica americana e la sua attuazione
"Per promuovere l'obiettivo della pace attraverso la forza, la politica degli Stati Uniti è di provvedere alla difesa simultanea dei cittadini e della nazione dispiegando e mantenendo uno scudo di difesa missilistica di nuova generazione" in modo da "dissuadere qualsiasi attacco aereo straniero e garantire una capacità sicura di risposta di rappresaglia".
Per attuare la disposizione "entro 60 giorni dalla data del presente decreto”, il segretario della Difesa dovrà:
• presentare al presidente un'architettura di riferimento e un piano di attuazione per lo scudo missilistico di prossima generazione;
• rivedere l'organizzazione del dipartimento della Difesa per sviluppare e dispiegare le capacità alla velocità necessaria per attuare la presente direttiva;
• presentare al presidente un piano per finanziare la presente direttiva nell'anno fiscale 2026.
"L'architettura dovrà includere, come minimo, piani per la difesa degli Stati Uniti da missili balistici, ipersonici, da crociera avanzati e da altri attacchi aerei di nuova generazione provenienti da parte di avversari di ogni livello", sia nella fase di lancio, che in quelle intermedia e terminale, nonché "prima del lancio"; vanno impiegati nello spazio sia sensori per individuare missili ipersonici e balistici che intercettori con "capacità cinetiche e non cinetiche". Il cruciale dispiegamento di costellazioni di satelliti di individuazione e di attacco richiede inoltre un sistema di protezione e custodia della complessa architettura spaziale risultante.
L'Agenzia per la difesa missilistica si è messa in moto a un ritmo incalzante rispetto agli standard tipici del Pentagono; con una 'richiesta di informazioni' del 31 gennaio si è rivolta al mondo industriale per suggerimenti utili a soddisfare i requisiti stabiliti nell'ordine esecutivo e una prima 'giornata industriale' si è svolta il 18 febbraio. Lo sviluppo del nuovo sistema di difesa missilistica è concepito come una successione di quattro 'epoche' biennali successive da qui al 2031, anche se alcuni industriali hanno già espresso dubbi sul realismo di tale scala dei tempi, tenuto anche conto della necessità di una catena di forniture sicura e resiliente per tutti i componenti indispensabili.
Qualche osservazione
Come giustamente afferma l'ordine, la creazione di una protezione globale dagli attacchi missilistici garantisce a una potenza nucleare di imporre una propria "pace attraverso la forza", in quanto annichila le capacità di reazione da parte degli altri paesi nucleari e può quindi impiegare le proprie armi nucleari (o minacciarne l'impiego) in modo coercitivo. Si supera la strategia della reciproca deterrenza, per molti versi indigesta, e non si deve accedere a paritetiche forme di controllo degli armamenti.
Il perseguimento di questa via alla 'pace' non è chiaramente accettabile da parte delle altre potenze, ognuna mirando alla realizzazione di una propria accezione del concetto di 'pace'; il presidente russo lo ha chiaramente dichiarato nel suo Presidential Address to the Federal Assembly del primo marzo 2018, annunciando lo sviluppo di nuove armi inesorabili e in grado di penetrare ogni difesa.
Dal punto di vista strategico la situazione non è cambiata dagli anni Settanta del secolo scorso, quando si è capito che un sistema ABM globale crea una grave instabilità strategica, sia inducendo una corsa all'allargamento e differenziazione degli arsenali nucleari offensivi per saturare le difese, sia creando in situazioni di crisi incentivi ad attaccare per primi; allora URSS e USA giunsero al trattato ABM, pietra fondante dell'articolata architettura di accordi per il controllo degli armamenti, sviluppata fino al 2000 e messa in crisi appunto a partire dalla denuncia del trattato ABM nel 2002.
Oggi l'instabilità strategica si aggrava ulteriormente, estendendo il confronto a livello spaziale, con incentivi allo sviluppo di tecnologie per armi anti-satellite e di nuove soluzioni per penetrare la proposta cupola difensiva, anche con l'impiego di armi cibernetiche e il supporto dell'intelligenza artificiale.
Per osservazioni tecniche sullo "scudo missilistico di nuova generazione", in particolare sul suo segmento spaziale, occorre attendere la pubblicazione della parte non segreta del documento che il segretario alla Difesa deve presentare ai primi di aprile.
Comunque è certo che il sistema di difesa richiesto da Trump deve integrare sensori, radar, intercettori e sistemi di gestione della battaglia per distruggere i missili (e "aerei avanzati") in fase di lancio (o addirittura pre-lancio) ovvero le testate in volo o nella fase di rientro; la difesa deve essere sia puntuale per beni di alto valore (sedi di leadership politica o di comando e controllo, basi militari o missilistiche) che delle vaste aree del paese e degli abitanti. L'integrazione dei sistemi di difesa missilistica in reti di difesa più ampie comporta complesse sfide di interoperabilità con i mezzi militari esistenti, richiedendo una perfetta comunicazione e la condivisione dei dati, il che può essere tecnologicamente impegnativo.
Il sistema deve, nel breve tempo disponibile (un missile balistico intercontinentale volando a Mach 20 impiega meno di 30 minuti a raggiungere il suo obiettivo): 1. individuare il lancio del missile e, possibilmente, riconoscerne la natura; 2. identificare l’ogiva nemica, prevederne e seguirne la traiettoria; 3. discriminare la testata fra i residui del missile e 'civette' ed esche; 4. guidare gli intercettori contro la testata; 5. verificare la distruzione della testata nemica ed eventualmente lanciare nuovi intercettori, iterando gli ultimi passi del processo.
Il problema della difesa viene ulteriormente complicato dalla varietà di scelta a disposizione dell'attaccante: missili con testate multiple emesse su traiettorie indipendenti (MIRV), testate MARV e missili ipersonici in grado di manovrare in volo, sistemi orbitanti (FOBS), sviluppati appunto per penetrare i sistemi difensivi. Nella tragica eventualità di una crisi comportante un confronto nucleare il difensore deve aspettarsi un attacco integrato su molti livelli da una panoplia di sistemi d'arma nucleari, lanciati anche da piattaforme mobili terrestri, marine e sottomarine.
Secondo gran parte degli esperti, rimangono ancora irrisolti i principali problemi tecnici che hanno costretto alla cancellazione degli ambiziosi piani di Reagan e che hanno escluso la realizzazione di una difesa efficace contro i missili nonostante intense ricerche e vasti finanziamenti per più di 60 anni:
• la capacità del nemico di sopraffare il sistema saturandolo con missili offensivi;
• la discutibile sopravvivenza delle strutture spaziali;
• l'incapacità di discriminare tra testate reali e centinaia o migliaia di esche;
• il problema di progettare una gestione della battaglia, del comando, del controllo e delle comunicazioni che possa funzionare in una reale situazione di guerra;
• la scarsa fiducia nella capacità del sistema di funzionare perfettamente la prima – e forse l'unica – volta che viene utilizzato.
A lungo termine, nuove tecnologie, in particolare le armi a energia diretta e l'intelligenza artificiale, possono alleviare alcuni di questi problemi. A breve termine, tuttavia, non ci sono motivi per il cieco ottimismo tecnologico dei sostenitori della cupola di ferro: la fisica degli intercettori basati nello spazio non è cambiata.