SOCIETÀ

Caro Nordest ti scrivo

Mai come negli ultimi anni il Nordest è stato oggetto di tanti proclami, discussioni, tentativi di analisi su giornali, trasmissioni televisive e radiofoniche e libri: quasi sempre di taglio giornalistico, economico o al più sociologico. Dov’è però finita l’anima di questa terra? Nei capannoni delle zone industriali, nelle grandi navi che portano migliaia di turisti alla volta in Laguna, oppure nei boschi delle zone montane, nei fiumi e nelle acque sempre più inquinate, nell’ansia per la perdita del benessere? Di scoprirla e raccontarla in passato si sono occupati alcuni tra i maggiori narratori e poeti del ‘900, non solo italiani (pensiamo solo al giovane Hemingway): oggi però a chi tocca raccontare il Veneto, il Trentino, il Friuli Venezia Giulia? È ancora possibile, oppure si tratta di realtà ormai troppo sfaccettate?

Nasce da questi interrogativi la sfida raccolta dai curatori Cristiano Dorigo e Elisabetta Tiveron nel libro Lettere da Nordest (Helvetia 2019), appena presentato al Festival della politica di Mestre. Il volume riunisce i contributi di alcune delle voci più interessanti da Verona a Trieste (Ubah Cristina Ali Farah, Gianfranco Bettin, Francesca Boccaletto e Roberta Cadorin, Antonio G. Bortoluzzi, Alessandro Cinquegrani, Elisa Cozzarini, Fulvio Ervas, Angelo Floramo, Patrizia Laquidara, Luigi Nacci, Silvia Salvagnini, Giacomo Sartori, Tiziano Scarpa, Federica Sgaggio, Gian Mario Villalta, Stefano Zangrando). Autori, scrittori, attori e performer, poeti e giornalisti uniti dall’argomento e dall’uso dello strumento della narrazione, con in più la penna lucida ma immaginifica di Francesco Jori a trarre le conclusioni nel capitolo finale.

“Lettere da Nordest”, terzo libro curato da Cristiano Dorigo e Elisabetta Tiveron, racconta un territorio attraverso lo strumento della narrativa

Era quasi doveroso presentare il nostro libro qui Mestre – spiega la curatrice Elisabetta Tiveron –. Al festival abbiamo presentato anche i due volumi collettivi precedenti, e ci sembra che queste narrazioni siano assolutamente pertinenti rispetto alle le tematiche trattate”. Il libro rappresenta infatti la terza e (per il momento) conclusiva tappa di una trilogia iniziata con “Porto Marghera. Cento anni di storie (1917-2017)” e proseguita l’anno scorso con “La Venezia che vorrei. Parole e pratiche per una città felice”.

Il risultato è un libro sorprendentemente corale, che partendo da diversi stili ed esperienze riesce a trovare una propria voce, unica e cangiante allo stesso tempo. “Se mi consente una parola alta il risultato ha a che fare con l’amore per questa terra – conferma l’altro curatore Cristiano Dorigo –. Gli autori hanno risposto con entusiasmo: avevano anche loro desiderio di dire qualcosa su un argomento che negli ultimi anni è stato abbastanza abusato. Dire che il Nordest non è solo quello che si legge sui giornali: è un territorio che esprime differenze e contrasti, ma anche una grande armonia”.

Volevamo lanciare il segnale a chi vive in questi territori – riprende Elisabetta Tiveron –. Noi abbiamo raccolto solo alcune voci, ma chiunque può intervenire: quello che ci interessava era aprire una strada sul fronte della narrazione di questa terra. Nel libro infatti ogni autore racconta una propria storia, che sia di pura fiction o biografica: crediamo infatti che la modalità narrativa permetta di entrare in pieghe a volte impraticabili per il giornalismo o in generale per la saggistica”.

I contributi affrontano da prospettive diverse questioni fondamentali come l’integrazione, la memoria, la tutela dell’ambiente… sempre da un punto di vista altro, al di là dei luoghi comuni. Così ad esempio Ubah Cristina Ali Farah, cresciuta tra Verona e Mogadiscio, racconta dalla prospettiva della sua infanzia l’incontro e la convivenza tra identità e culture differenti, mentre Gianfranco Bettin si sofferma sul fascino particolare di Mestre, fino a poco tempo fa una delle città più sottovalutate d’Italia. Antonio G. Bortoluzzi da Valturcana (Alpago, Belluno) narra la montagna da una prospettiva diversa dal cliché un po’ frusto della solitudine delle vette innevate, mentre Francesca Boccaletto e l’illustratrice Roberta Cadorin rappresentano con delicatezza un territorio che si scopre sempre più fragile di fronte ai cambiamenti climatici.

“Ce lo siamo detti spesso ed è uno dei nostri crucci: siamo forse l’ultima generazione che ha conosciuto sia il vecchio mondo che quello che in pochi anni sta diventando il nuovo – conclude Dorigo –. I nostri figli, nati con il telefonino in mano, forse non immaginano neppure che questo territorio in passato è stato descritto da alcuni dei più grandi scrittori del Novecento. Non volevamo 'uccidere i padri' ma semplicemente dare un piccolo contributo per aggiornare il quadro”. Anche la memoria in fondo, affinché non vada persa, ogni tanto va rielaborata.

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