SCIENZA E RICERCA

CRISPR, bambine e (quanti) errori!

Non c’è alcuna prova scientifica che le due gemelline fatte nascere dal biofisico He Jiankui della Southern University of China di Shenzhen con una tecnica CRISPR di ingegneria genetica corrano il rischio di morire prematuramente, come era stato affermato da Rasmus Nielsen, della University of California di Berkeley, e da altri in un articolo apparso di recente su Nature Medicine.

È stato lo stesso Nielsen insieme al suo collega Xinzhu Wei a trovare l’errore e a correggere se stesso. Così il 3 ottobre scorso ha ritirato l’articolo pubblicato. Dando un bell’esempio di come ci si rapporta all’errore nella comunità scientifica.

Ma raccontiamo i fatti, così come li propone oggi la rivista Nature

Lo scorso autunno il cinese He Jiankui annuncia di aver fatto nascere due gemelline cui ha disattivato, con tecnica CRISPR, il gene CCR5, che in qualche modo predispone all’AIDS in caso di contaminazione da HIV. La notizia suscitò due volte meraviglia. In primo luogo perché per la prima volta veniva usata la nuova tecnica di ingegneria genetica su embrioni umani fatti poi sviluppare fino alla nascita di due bambine. Molti ritengono che sia ancora troppo presto per un uso clinico di questa tecnica.

La seconda occasione di meraviglia è la disattivazione del gene CCR5 per prevenire l’AIDS in embrioni che bambine che non erano a particolare rischio. C’è un evidente eccesso di precauzione.

Rasmus Nielsen è uno tra i non pochi genetisti che studia i possibili effetti della disattivazione del gene CCR5. E trova che in molti europei in cui 32 lettere del gene sono tagliati per via naturale hanno una maggiore probabilità di morire per l’influenza. Quindi, con i suoi collaboratori, scrive l’articolo per Nature Medicine, il cui succo è questo: caro He Jiankui hai effettuato questa terapia genica per prevenire l’AIDS ma hai esposto le due gemelline al rischio di morire prima (un po’ prima) per una banale influenza

I conti, però, sembrano non tornare. Lo stesso Nielsen, insieme al collega di origini cinesi Xinzhu Wei, capisce dov’è l’errore. Le modifiche apportate al gene CCR5 da He Jiankui non sono omologhe alle 32 lettere che in maniera naturale mancano agli europei che mostrano una minore capacità di difendersi dall’influenza. 

Compreso l’errore, ecco dunque che Rasmus Nielsen chiede il ritiro del suo stesso articolo. 

Questa storia dimostra come lavora (come deve lavorare) uno scienziato. Effettua delle ricerche esponendosi al rischio dell’errore. Un rischio necessario senza correre il quale non c’è possibilità di progresso, come sostenevano tanto il matematico Federico Enriques quanto il filosofo Karl Popper. Ma poi è lo stesso scienziato che, se ne ha sospetto, che deve mettersi alla ricerca dell’eventuale errore e, quando lo trova, con assoluta trasparenza ammetterlo di averlo commesso, l’errore. Perché l’unico errore che non deve commettere uno scienziato e di nascondere i suoi errori.

Onore al merito, dunque, professor Rasmus Nielsen.

Resta però, in questi vicenda, l’errore di He Jiankui. Che ha una duplice natura. Una riguarda la comunicazione della scienza: perché, secondo Nature, il biofisico cinese non ha documentato a dovere il suo annuncio e la sua azione. Gli è mancata la trasparenza.

La natura del secondo errore è di tipo etico. La sana competizione scientifica non può prevedere la violazione di principi etici di base, che prevede un’ampia discussione prima di intraprendere un’azione controversa che riguarda persone e le loro discendenze. 

Ed è proprio perché la terapia genica via CRISPR con modifiche trasmissibili alle future generazioni che Nielsen e Wei consegnano a Nature una dichiarazione che suona così: sarebbe stato molto ragionevole attendere di sapere cosa la delezione del gene CCR5 può comportare. Al momento non lo sappiamo. Per cui è stato un errore intervenire su di esso con l’editing genetico. 

Un errore che non è stato riconosciuto e che non è facile da rimediare.

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