SCIENZA E RICERCA

Adaptation: come il Veneto cerca di far fronte ai cambiamenti climatici

Una delle serie più lette ed in continuo aggiornamento de Il Bo Live si intitola “Il clima che vogliamo”. Il clima nei prossimi anni però, se non si inizia ad agire a tutti i livelli con decisione, fermezza e velocità sarà probabilmente ben diverso da quello che vogliamo. I cambiamenti climatici, o per meglio dire la crisi climatica, muterà non solo le nostre abitudini stagionali, ma proprio la vita degli esseri umani su questo pianeta.

Come dice Marco Merola, ideatore del progetto Adaptation: ”Un innalzamento di due gradi non significa che dobbiamo mettere o togliere una maglietta in più, significa la totale scomparsa di alcune specie e non solo”.

La scienza da oramai decenni ci dice con ragionevole certezza quali saranno le conseguenze di un innalzamento della temperatura e, purtroppo, sappiamo anche che questo innalzamento è già realtà e che non si sta facendo abbastanza a livello globale per cercare di arrestarlo.

Tutte queste conoscenze però devono essere ascoltate, sia per abbassare le emissioni che per virare con decisione verso forse di sostentamento mondiale, sia energetico che alimentare, più sostenibili. Tutte queste previsioni però ci devono anche far capire che ci dev’essere un duplice binario di azione che coinvolge anche la prevenzione. Prevenire significa mettere in atto tutte quelle azioni che dovrebbero farci trovare pronti anche in caso il futuro climatico non sia quello desiderato e desiderabile.

C’è un progetto che si chiama Adaptation e vuole proprio analizzare come anche a livello locale si possa fare molto per adattarsi ai cambiamenti climatici. L’ideatore è il giornalista Marco Merola che ha messo in piedi un progetto giornalistico internazionale, nato proprio per documentare la convivenza tra l’uomo, la tecnologia e la natura nell’era del climate change

Il tutto si è trasformato in un web doc fatto di splendide immagini ed interviste che ora ha toccato anche il Veneto. 

Dalla desalinizzazione della laguna di Venezia al ripristino delle dune sabbiose tra Cavallino e Punta Tagliamento, dal ritorno prepotente degli allevamenti di ostriche alle ‘super-viti’ della zona del Valdobbiadene che resistono a insetti e siccità, passando per la foresta del Cansiglio, dove vengono piantati faggi del sud Italia, fino all’agricoltura di frontiera, che si potrà fare quasi senz’acqua o usando come fertilizzante speciale letame in pellet e addirittura fango depurato proveniente dalle fogne. Il Veneto sta facendo un grande sforzo per adattare se stesso al mutato scenario climatico e ridurre i danni ‘da clima’ a persone, cose, ecosistemi.

"In Veneto abbiamo toccato con mano cosa significhi lavorare sui territori per renderli adattati e tutelarne la biodiversità - ha dichiarato Marco Merola -. Credo siano in pochi, oltre gli addetti ai lavori, a sapere come sta veramente la laguna di Venezia o come stanno le foreste o le spiagge della regione, tanto amate dai turisti. Andando in giro insieme agli esperti, invece, abbiamo capito quanto lavoro, quanti investimenti e quanti studi ci sono dietro al ripristino di ecosistemi compromessi. Anche se la politica ha tempi lunghi qui tutti si stanno già sforzando di fare la loro parte, anche l’industria e il settore privato”. 

Il Veneto è la terza regione d’Italia approfondita da Adaptation, dopo Emilia-Romagna e Trentino. Cinque capitoli che raccontano come la regione stia cercando, attraverso progetti innovativi e legati al territorio, di farsi trovare pronta. La narrazione parte da Venezia e dal progetto dell’università di Padova per salvare San Marco drenando l’acqua che affluisce nella piazza quando sale la marea. Un’intervista a Francesco Musco, docente di Pianificazione Urbanistica dell’università IUAV di Venezia mette in luce quali sono le azioni che si possono mettere in campo per una delle città più belle e particolari al mondo. Adaptation poi si sposta a Padova per approfondire sia la storia della città che i progetti per cercare di prevenire eventuali inondazioni in città dovute da fenomeni intensi. Sappiamo infatti che una delle conseguenze dei cambiamenti climatici sarà proprio l’intensità delle precipitazioni. 

L’effetto della “tropicalizzazione” del clima ha stretto tutto lo Stivale nella morsa di ondate di calore e piogge torrenziali che provocano effetti catastrofici. Nel solo Veneto le precipitazioni sono aumentate del 15% nel periodo 1993-2020, soprattutto nella fascia prealpina.

Ma questo è soprattutto l’anno della grande siccità e lo si nota già chiaramente. Le risorgive del vicentino, preziose per l’approvvigionamento idrico che assicurano alla città di Padova, registrano abbassamenti della falda (anche se la rete idrica è stata concepita dal gestore in maniera da essere resiliente e autoregolarsi). Il fiume Piave, a marzo, era in agonia, e aveva fatto registrare -36% piogge in meno rispetto alla media 1994-2021. E anche i bacini di montagna non se la passano bene, per colpa dello scarso innevamento invernale. 

La riduzione della piovosità l’aumento delle temperature e l’intensità di queste poche precipitazioni sono tutti fattori che influiscono anche sull’agricoltura. Adaptation illustra un progetto realizzato a Vallevecchia, nel veneto orientale, che vuole riconoscere l’acqua “buona”, cioè quella adatta alle coltivazioni. Una raccolta di acqua piovana con dei sensori che valutano la salinità e, se adatta ad irrigare le culture, viene rimessa nel terreno attraverso delle pompe.

Un modo di fare di necessità virtù che sta alla base di tutti questi progetti. Progetti che vedono sinergie tra pubblico e società private sempre con un’attenzione allo scopo finale.

Il progetto Adaptation offre uno sguardo interessante su diversi progetti veneti che possono essere analizzati ed utilizzati anche come traino per altre zone. Tutti questi progetti però rischiano di essere nulli se non ci sarà anche un grande sforzo a livello globale. Segnano però un nuovo legame ed interesse con la terra in cui si vive, perché tutto parte da lì e deve tornare al territorio.

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