CULTURA

A come ambiente: la parola alle parole

Il 15 marzo migliaia di studenti (e non solo) in tutto il mondo hanno aderito al Global Strike For Future e sono scesi in piazza per chiedere impegni concreti contro i cambiamenti climatici e per il futuro del pianeta. A ispirare la manifestazione Greta Thunberg, giovane attivista svedese che inizia la sua protesta nel 2018, lanciando il movimento studentesco internazionale #FridaysForFuture. Il suo sciopero del venerdì attira l’attenzione dei media. In molti seguono il suo esempio. Fino alla mobilitazione mondiale di venerdì scorso. Pianeta, clima, natura, ambiente sono parole che si sono rincorse, e continuano a rincorrersi, sui giornali, in televisione, negli scambi d’opinione dei molti che prendono parte al dibattito. Ma siamo davvero certi di conoscere il significato di questi termini? Prendiamo la parola “ambiente”: saprebbero darne una definizione compiuta quei giornalisti che, nel giorno in cui ha avuto luogo una mobilitazione generale tanto importante, hanno voluto indugiare sulle lacune di qualcuno dei manifestanti? E per i politici cos’è l’“ambiente”? Una domanda di non poco conto, se si considera che dalla risposta dipendono le possibili strategie di intervento.

A porsi la questione è Ugo Leone – già professore di Politica dell’ambiente all’università di Napoli Federico II e direttore della rivista Ambiente Rischio Comunicazionenel libro dal titolo Ambiente (Doppiavoce 2019), primo volumetto della collana a sua cura La parola alle parole. Una collana che, fin dal titolo, è un invito a “provare ad intenderci sulle parole. Non solo sul loro significato, ma sul modo di usarle e di condividerne il senso”. E la parola con cui si comincia è proprio “ambiente”. Un termine, questo, che manca in molti libri che parlano di parole, come quello di Nunzio Galantini, Vivere le parole. Per un vocabolario dell’esistenza (Piemme 2018); o quello curato da Giulia Cogoli dal titolo 100 parole per la mente (Laterza 2013); o ancora Parole per il futuro. Piccolo vocabolario per il futuro di Federico Pedrocchi (Edizioni Ambiente 2012). E manca nella Costituzione.

Lo scrittore, dopo un’introduzione storica, si sofferma su ciò che “non” è ambiente. Ambiente, innanzitutto non è sinonimo di natura con cui spesso lo si confonde. E non è sinonimo di ecologia. L’ambiente è piuttosto ciò che “sta intorno”. Ci viene in soccorso il latino, il participio presente del verbo “ambire” che significa, appunto, circondare. Lo stesso significato assume in inglese (environment) e in francese (environnement). L’ambiente è dunque ciò che sta intorno a noi ed è un concetto nato con l’umanità. “Con l’uomo è nato l’ambiente… – scrive l’autore – che gli esseri umani hanno progressivamente ampliato e umanizzato”. Dunque, se l’ambiente è ciò che ci sta intorno, ciò che ci interessa è il nostro ambiente di vita dalla qualità del quale dipende la qualità della nostra vita. E il nostro ambiente di vita è la città. Leone ci accompagna passo dopo passo nel suo ragionamento.

Oggi oltre il 50% della popolazione terrestre vive in città, poco meno di quattro dei quasi otto miliardi di persone che popolano la terra vive in ambienti costruiti dall’uomo. Si tratta di una tendenza destinata a crescere, al punto che verosimilmente a fine secolo il 75% della popolazione vivrà in città. Questo sarà un problema? Dipende. Se, sottolinea Leone, anche in futuro come oggi l’ambiente urbano si connoterà come la più significativa fabbrica di inquinamento, soprattutto atmosferico, l’aumento dei residenti costituirà un problema. “Ed ecco perché considero importante definire parola e concetto per orientare in senso corretto e realistico le politiche dell’ambiente. Perché queste politiche con il loro carico di interventi, sono quelle che, individuato l’ambiente come il luogo di vita della stragrande percentuale di popolazione terrestre, indirizzino in questa direzione investimenti e interventi di miglioramento della qualità della vita”. E nell’ottica di Leone non si tratta di miglioramenti che investono solo gli ambiti umani, perché quando si interviene su determinati aspetti riducendone l’impatto ambientale, si ottengono ricadute positive sull’intero “contenitore” Terra.

Gli “ecosistemi” urbani hanno bisogno di essere alimentati da flussi di materia ed energia provenienti dall’esterno, dal territorio circostante. Cibo, acqua, carburanti, merci per la vita degli abitanti. La città consuma risorse non rinnovabili, restituisce rifiuti ed emette sostanze inquinanti. Per questo l’autore ne sottolinea il carattere fortemente parassitario. “Un parassita dell’ambiente rurale” per usare un termine dell’ecologo statunitense Eugene Pleasants Odum nel suo Basi di ecologia.

Leone pone dunque una questione: è possibile ridurre questo parassitismo? Ridurre il deficit tra flussi di materie ed energie in ingresso e consumo degli stessi? Trasformare addirittura la città in produttrice di energia e materia?  Esistono sicuramente, nell’ottica dello scrittore, possibili strade da percorrere. Si può agire adottando opportune politiche di smaltimento dei rifiuti, politiche dei trasporti, di climatizzazione degli ambienti, di gestione delle risorse.

Se la città è il principale ambiente di vita dell’uomo, la natura ne è un immenso contenitore. La terra è costituita dal 75% da mari e oceani che, se non costituiscono ambienti di vita per l’uomo, lo sono per un grande numero di organismi. La natura è dunque la madre di tutti gli ambienti. E l’ecologia? “L’ecologia ha al suo centro di interessi la natura, la politica dell’ambiente ha l’uomo nella natura e in quello che, per successive trasformazioni, negli ultimi 10.000 anni è diventato l’ambiente, il suo ambiente, l’ecumene”.

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