CULTURA

Annie Ernaux, un Nobel "del pubblico"

“Tutto veniva coniugato alla prima persona plurale”. Questa frase Annie Ernaux la scrive ne Gli anni, il suo libro più famoso. Come sfogliando un album di fotografie, l’autrice francese che oggi vince il premio massimo, il Nobel per la Letteratura, nella sua prova più conosciuta (ma in realtà in tutta la sua produzione) interseca la sua storia privata con la Storia di tutti, e dà ragione della motivazione con cui l’Accademia di Svezia le conferisce l’attesissimo riconoscimento: “per il coraggio e l'acutezza clinica con cui svela le radici, gli allontanamenti e i vincoli collettivi della memoria personale”.

Gianni Montieri, poeta e suo lettore della prima ora, (oltre a rallegrarsi di questa vittoria, sentimento oggi molto diffuso sia in rete che fuori) parla di lei e della sua scrittura evidenziandone la funzione politica. Proprio ne Gli anni, appunto, raccontandoci la sua storia personale ci rende partecipi, di più: ci fa vivere, – spiega Montieri – le rivolte studentesche francesi del ’68, così come d’altro canto ci fa conoscere quali fossero le pubblicità in Francia all’epoca e altri dettagli minuti, in un continuo interno-esterno che sono la cifra del suo narrare. Cioè Ernaux avvicina il lettore, attraverso la sua propria storia, alle vicende umane di tutti, mescolando il grande con il piccolo, il desueto con l’abituale, e sempre in assenza di giudizio, cioè come fa un narratore, raccontando.

“Quello che la rende a tutti gli effetti una grande scrittrice, una delle più brave se non la più brava tra le viventi” continua Montieri “è la sua capacità, affine a quella che hanno i poeti, di partire da un fatto intimamente personale e renderlo accessibile al lettore che ci riconosce qualcosa di suo”.

Ecco: l’Accademia è come avesse premiato, stavolta, sì una scrittrice la cui opera ha e ha avuto un’evidente funzione sociale (si pensi al libro L’evento, in cui racconta di un aborto clandestino nella Francia del 1963 e la cui trasposizione cinematografica ha vinto il Leone d’oro a Venezia l’anno scorso), ma anche la capacità di operare ai massimi livelli quella fusione ch’è necessaria alla letteratura perché le parole di chi racconta diventino esperienza per chi legge.

E infatti Ernaux è un’autrice molto nota (non mainstream certo, ma certamente “sentita nominare” dal grande pubblico), diversamente da quanto accadeva per gli ultimi Nobel per la Letteratura: senza nulla toglier loro, Olga Tokarczuk, Louise Elisabeth Glück, Abdulrazak Gurnah quando sono stati annunciati dall’Accademia di Svezia hanno per lo più prodotto nella mente di tanti lettori la sensazione di non aver proprio idea di chi fossero. Il Nobel in questo senso diviene un modo per scoprire, o riscoprire, zone cieche della letteratura. Certo, non sempre: Alice Munro, Le Clezio, Ishiguro non troppo tempo fa (nel 2017), ma anche Pamuk, Vargas Llosa, Coetzee erano autori già conosciuti nel panorama letterario mondiale sin prima di vincere il premio massimo, e ogni anno il “toto-Nobel” infatti pronostica la possibilità che, di nuovo, uno scrittore o una scrittrice di fama possano riceverlo. Si fa sempre il nome di Murakami, Javier Marías purtroppo non potrà più concorrervi (è un premio dato in vita), e Annie Ernaux quest’anno era una delle papabili, appunto.

La reazione, all’annuncio, è stata di felicità corale, in fondo anche personale, come racconta Montieri della sorella che, non essendo un’addetta ai lavori ma pur sempre una lettrice forte, lo ha chiamato confessandogli di essersi persino un poco commossa. “La conosco, ho letto tutti i suoi libri!”

Che sono tanti, e toccano aspetti della vita molto diversi: oltre al memoir Gli anni, ne Il posto racconta del padre, in L’altra figlia, invece, di quella sorella che non ha mai conosciuto e che ha scoperto di avere ascoltando accidentalmente una conversazione dei genitori quando aveva dieci anni, in Memoria di ragazza di quella sé diciottenne che per la prima volta scopre l’amore, il sesso e il giudizio degli altri, in Una donna la storia di sua madre. E nell'ultimo Guarda le luci, amore mio (a cui però a novembre seguirà uno nuovo), su richiesta dell'editore Seuil, scrive una sorta di diario delle spese all'Auchan, che diventa un pretesto per raccontare il nostro mondo.

Ma chi sono i lettori e le lettrici di Ernaux? In Italia è pubblicata da una piccola casa editrice, L’Orma, che ha però una gran buona distribuzione nelle librerie indipendenti dove i librai i libri li fanno conoscere ai clienti per passaparola, e certo Ernaux c’è con tutti i suoi titoli anche nelle librerie di catena, perciò senza troppo timore è possibile affermare che un discreto pubblico l’autrice francese lo avesse sin prima d’oggi, in Italia di certo, per non parlare della Francia dove è pubblicata da Gallimard. Barbara da Forno, libraia della Libreria Zabarella di Padova, racconta che, dal suo osservatorio, i fedelissimi di Annie Ernaux sono principalmente donne di qualsiasi età, lettrici forti, ma che dall’anno scorso, cioè dal successo riscosso da L’evento dopo la vittoria del Leone d’oro della trasposizione cinematografica, i libri di Ernaux abbiano visto una diffusione più ampia, anche tra i lettori meno esigenti.

E tra gli appassionati ci sono anche, e tanti, addetti ai lavori. Montieri racconta di come l’autrice piaccia trasversalmente a scrittori anche molto differenti, come per esempio Nadia Terranova e Francesco Pecoraro, e dalle righe di Facebook la stessa scrittrice ed editor di Einaudi Rosella Postorino ammette: “Mi sono un po’ commossa” mentre Ilaria Gaspari, filosofa e scrittrice, racconta di aver avuto i sudori freddi quando l'ha incontrata di recente per intervistarla.

Insomma, se ha senso dire così, questo premio Nobel, è stavolta, molto “sentito” e di questo non possiamo che compiacerci. La letteratura ci abita, e bene che sia così. Grazie Ernaux.

Forse il vero scopo della mia vita è soltanto questo: che il mio corpo, le mie sensazioni e i miei pensieri diventino scrittura Annie Ernaux

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