SCIENZA E RICERCA

Ascolta, è l’universo

La nostra conoscenza dell'universo e dei mondi che stanno oltre i confini del nostro non si basa unicamente sull'osservazione delle stelle e degli altri pianeti attraverso l'uso dei telescopi, ma anche (e soprattutto) sui risultati di complessi calcoli e misurazioni astronomiche come, ad esempio, la luminosità di un corpo celeste, la sua distanza dalla terra o il suo movimento in un arco di tempo. Questi dati vengono solitamente rappresentati visivamente, attraverso l’uso di grafici. E se invece volessimo ascoltarli? Recentemente si è sviluppato un campo di ricerca finalizzato alla produzione di sonificazioni, un processo attraverso il quale un set di dati fisici e numerci viene convertito in una sequenza di impulsi sonori che variano per frequenza o intensità.

L’impiego delle sonificazioni in astronomia è al centro di un progetto chiamato The audible universe, che coinvolge esperti provenienti da diversi ambiti disciplinari quali l’astronomia, la psicoacustica e il sound design per tradurre in suoni i dati utilizzati per la ricerca e la divulgazione astronomica.

L’idea che ha dato vita al progetto nasce dall’incontro tra Anita Zanella, oggi ricercatrice dell’INAF Osservatorio astronomico di Padova, e Chris Harrison, astronomo della Newcastle University, con l’astronomo Nicolas Bonne dell’università di Portsmouth, il quale dirigeva (e dirige tutt’ora) un progetto analogo chiamato Tactile universe. “Insieme, abbiamo iniziato a immaginare altri modi di rendere l'astronomia più accessibile”, ha raccontato Zanella a Il Bo Live. “Abbiamo perciò valutato la possibilità di utilizzare la sonificazione per rappresentare i dati astronomici ed è apparsa subito chiara la necessità di coinvolgere psicologi, sound designer e, in generale, esperti provenienti dalle diverse discipline che si occupano di studiare il suono. Abbiamo perciò organizzato un workshop per mettere in contatto queste diverse comunità scientifiche”.

All’incontro in questione, tenutosi a dicembre 2021, hanno partecipato oltre cinquanta esperti di astronomia, psicoacustica e progettazione sonora che hanno unito le forze per condividere competenze, metodi e proposte.

Oggi Anita Zanella è a capo del gruppo italiano che partecipa al progetto, al quale lavorano anche Lucrezia Guiotto Nai Fovino, dottoranda in brain mind & computer science all’università di Padova e Massimo Grassi, professore di psicologia della percezione uditiva e audiovisiva dello stesso ateneo.

L'intervista ad Anita Zanella, Lucrezia Guiotto Nai Fovino e Massimo Grassi. Montaggio di Barbara Paknazar

“In astronomia, i dati fisici su cui si basa la ricerca vengono solitamente rappresentati graficamente”, osserva il professor Grassi. “Eppure, l’abitudine di disporre delle quantità numeriche su un asse cartesiano è frutto di una decisione arbitraria, perché quei numeri possono essere rappresentati anche in altri modi. È possibile, infatti, tradurli in frequenze o intensità sonore. La conversione dai numeri ai suoni genera la sonificazione, e chi ne fruisce non fa altro che “ascoltare un grafico”.

“Tra i diversi parametri che al momento si stanno imponendo come standard per la produzione di sonificazioni, il più frequentemente usato in astronomia consiste nell’associazione del pitch – ovvero dell’intonazione di una determinata nota – alla luminosità dell'astro osservato”, spiega Guiotto Nai Fovino. “Una sonificazione costruita in questo modo può rivelarsi particolarmente utile per la rappresentazione delle curve di luce, su cui si sono concentrate le nostre prime ricerche. Dopodiché, l'unico limite è la fantasia: in base al tipo di informazione che si vuole comunicare si possono immaginare e applicare diversi metodi che associno il suono al dato. Bisogna infatti tenere conto che i dati astronomici hanno molte dimensioni che devono essere considerate e che la sonificazione risultante non debba essere fastidiosa, cosa che invece accadrebbe se non venisse realizzato un bilanciamento ad hoc per ogni tipo di dato”.

Un esempio di sonificazione:

icone audio

La variazione di luminosità registrata dalla terra viene rappresentata con l’intonazione della nota e la sua durata. Il punto saliente della curva di luce è quello in cui si possono udire le note più gravi e più lunghe.

Oltre che gradevole all’udito, una sonificazione dev’essere anche comprensibile per riuscire effettivamente a veicolare un dato astronomico. È qui che entrano in gioco le competenze di chi si occupa di psicoacustica e psicologia della percezione.

“Grazie alla ricerca in psicoacustica è possibile ottenere una misura della sensibilità umana al suono, elemento fondamentale da considerare per essere certi di produrre sonificazioni che siano sufficientemente semplici da udire e in cui i diversi suoni siano discriminabili”, spiega Grassi. “I risultati tratti dalla psicologia della percezione, dalla psicoacustica e dalla psicologia cognitiva aiutano quindi a stabilire delle associazioni tra il dato fisico e il dato sonoro che diano frutto a sonificazioni intuitive e comprensibili per chi le ascolta. Sembra un’impresa semplice ma non lo è affatto, per quanto la letteratura scientifica disponibile a riguardo sia in aumento”.

“La sonificazione è un ambito di ricerca che si sta sviluppando negli ultimi anni”, ribadisce Guiotto Nai Fovino. “Al momento stiamo lavorando per ottimizzare la sonificazione per due scopi fondamentali: la ricerca e la divulgazione.

Per quanto riguarda l’uso delle sonificazioni per la ricerca scientifica, stiamo cercando di perfezionare le indicazioni già esistenti che stabiliscono le associazioni più efficaci tra il dato astronomico e l’impulso sonoro a seconda dell’oggetto di studio specifico.

Quando invece ci si occupa di produrre una sonificazione a scopo divulgativo, rivolta quindi al pubblico generalista oppure a studenti, l’obiettivo non è più quello di rilevare un segnale o un pattern attraverso l’esame di complesse quantità di dati, ma incoraggiare un approccio alla materia che sia interessante e stimolante da un punto di vista multisensoriale. In questo caso, è importante migliorare il più possibile la piacevolezza sonora, anch’essa oggetto di studio delle nostre ultime ricerche”.

Clip tratta dallo spettacolo audiovisivo per planetari "Audio Universo".

“La rappresentazione sonora dei dati astronomici è utile, innanzitutto, a migliorare l’accessibilità dei dati in questione”, spiega Zanella. “Siamo abituati a immaginare la conoscenza astronomica come una conoscenza solo visiva, soprattutto quando pensiamo alle suggestive immagini dell’universo. Allo stesso modo, anche i ricercatori sono abituati ad analizzare i dati attraverso la loro rappresentazione grafica. Eppure, tutti noi possiamo vedere solo una piccola fetta dello spettro elettromagnetico della luce che viene messa dagli astri. La maggior parte della conoscenza astronomica viene in realtà registrata sottoforma di numeri, e la rappresentazione visiva di questi è solo un’abitudine. La trasposizione sonora di tali dati permette quindi di rendere l’astronomia accessibile anche alle persone non vedenti. Inoltre, dai primi esperimenti che stiamo conducendo, abbiamo osservato che, a livello divulgativo, l'utilizzo del suono permette di ottenere un maggior coinvolgimento del pubblico.

Il potenziale che avranno questi studi nell’ambito della ricerca scientifica è invece ancora tutto da scoprire, ma è verosimile pensare che l’utilizzo del suono potrebbe condurre a scoperte astronomiche che solo attraverso la vista non sarebbero possibili, come ad esempio la ricezione di un segnale molto debole in un rumore molto forte. Si tratta certamente di un campo di ricerca ancora all’inizio, ma non vedo l’ora di scoprire in quale direzione ci condurrà”.

Infine, come ricorda il professor Grassi, “il progetto rappresenta un ottimo caso di ricerca interdisciplinare che unisce ricercatori con competenze in ambiti disciplinari apparentemente molto distanti, a cominciare dalla psicologia e l’astronomia”. “Durante la mia esperienza da studentessa ho sentito molte volte parlare di ricerca interdisciplinare – aggiunge Guiotto Nai Fovino – ma per la prima volta ho avuto l’opportunità di prendere parte in prima persona a un’impresa di questo tipo, in cui il contatto tra ambiti di studio molto diversi si rivela così proficuo e in cui le competenze di tutti servono a raggiungere un obiettivo comune”.

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