Paola Bazz nel suo studio a Padova. Foto: Massimo Pistore
Il mondo di carta di Paola Bazz trova spazio in un piccolo ma luminoso atelier padovano con due affacci: uno sulla strada che conduce a Porta Liviana o Pontecorvo - dove passano continuamente macchine, biciclette, persone in passeggiata - e un altro che permette di ammirare un cortile segreto e silenzioso. “Mi piace ascoltare la vita e il rumore della città, sembrerà strano ma il traffico mi stimola, e allo stesso tempo amo la quiete del giardino interno. Nel mio spazio esiste una dualità e io sto precisamente nel mezzo”. Dalla finestre entra moltissima luce, elemento essenziale per il lavoro della paper artist protagonista del ventiquattresimo episodio della nostra serie dedicata agli atelier. “La luce mi aiuta a cogliere ogni sfumatura di colore”.
Paola Bazz ha trasformato una stanza della casa nel suo studio, e in questo spazio il tempo si dilata. “Qui sono in un mondo tutto mio, con ritmi diversi rispetto all’esterno. Lo chiamo: il meraviglioso mondo di Paola Bazz”, spiega divertita. “Per questo non so neanche se chiamarlo lavoro, per me è una gioia”. Il processo di ideazione, preparazione e assemblaggio delle sue opere di carta avviene sul grande tavolo al centro della stanza, su cui l’artista si appoggia per lavorare in orizzontale, riorganizzando strumenti e materiali all’inizio di ogni nuova creazione.
“ La luce mi aiuta a cogliere ogni sfumatura di colore Paola Bazz
Servizio di Francesca Boccaletto e Massimo Pistore
Una artista con un percorso di studi e formazione “non classico”: prima cinque anni al liceo scientifico, poi la scelta di Architettura, frequentata con piacere e determinazione: “Non ho fatto l’Accademia e degli studi in Architettura non mi sono mai pentita, anzi, mi hanno dato un metodo e una certa libertà nella scelta dei materiali, insegnandomi ad accogliere la contaminazione con altri mondi”.
Padovana di nascita, ma cittadina del mondo, Paola Bazz ha vissuto per ventitré anni lontana dalla sua città d’origine. Undici in provincia di Lecco, due a Bruxelles e altri dieci a Manchester, quest’ultima ben presto rivelatasi “il posto ideale in cui dedicarsi all’arte, perché il tempo lì è talmente brutto, piove cinque giorni alla settimana, da permetterti di concentrarti appieno in una attività”, racconta con il sorriso. E continua: “A Manchester conoscevo poche persone e non avevo distrazioni. Nel periodo in cui ci ho vissuto, piano piano ho deciso di spostarmi dalla pittura - dove molto è già stato detto e fatto - a una esplorazione più personale: sono ripartita dalla carta e dalla tecnica”.
“ Per le mie creazioni uso la carta recuperata da riviste, giornali, libri, materiale pubblicitario, carta da parati Paola Bazz
“In un singolo quadratino io vedo un pixel. In un’epoca ad alta definizione, mi piace l’idea di poter creare immagini a bassa definizione”, spiega, mentre tiene tra le mani pezzi di carta sistemati sul tavolo da lavoro, pronti per essere utilizzati nella creazione della prossima opera. “Sono convinta che una immagine a bassa definizione porti a riflettere, a vedere qualcosa oltre il visibile”. E su temi e ricerca aggiunge: “Per lavorare sull’identità ho iniziato facendo molti ritratti. Poi ho capito di poter elaborare il tema anche in altri modi. L’identità non è qualcosa di fisso, continuamente si trasforma. Nel corso delle mie sperimentazioni ho anche ideato una tecnica in cui l’origami mi serviva per scomporre l’immagine della stessa persona realizzandone due diverse, da guardare cambiando punto di osservazione. Si creava così un movimento capace di trasformare l’immagine”.
“La carta è sensibile a diversi fattori ma allo stesso tempo, se piegata o tagliata, può diventare resistente. È più robusta di quel che si crede, io l’ho scoperto negli anni, maneggiandola. Quando la taglio cambia natura, diventa un tessuto, si trasforma in qualcosa di fluido e malleabile. La uso per le mie creazioni recuperandola da riviste, giornali, libri, materiale pubblicitario, carta da parati. Scelgo un tipo specifico per ogni opera, a seconda della tecnica: un po’ più spessa per le fisarmoniche, più sottile per gli origami, un’altra ancora per i kirigami”, precisa, mentre ritorna con la memoria alla sua infanzia, a una famiglia abituata a non buttare nulla, a riciclare qualsiasi cosa, a dare nuova vita a stoffe, oggetti, strumenti. Come facevano i suoi nonni e anche i suoi genitori, che Paola osservava con attenzione cogliendo nei loro gesti la gioia della creazione e l’abilità manuale, veri e propri esempi di controllo e cura. Tutto poteva essere ripensato, recuperato e infine riutilizzato. Così oggi fa lei, traducendo quella lezione in opera d’arte.
Atelier d'artista
Una serie ideata e realizzata da Francesca Boccaletto e Massimo Pistore
Intervista di Francesca Boccaletto, riprese e montaggio di Massimo Pistore
Con la consulenza artistica di Giulia Granzotto
Tutti gli episodi della serie Atelier d'artista sono QUI