Era un venerdì, il 20 novembre 1998, quando veniva lanciato in orbita il primo componente della Stazione Spaziale Internazionale (o ISS, International Space Station), il più grande programma di cooperazione internazionale mai intrapreso in campo scientifico e tecnologico. Il modulo russo Zarja - alba - partiva 22 anni fa dal cosmodromo di Bajkonur con lo scopo di fare da apripista e fornire energia, propulsione e spazio cargo durante le prime fasi di assemblaggio della Stazione, operazioni durate fino al 2011. Una volta raggiunta l'orbita bassa terrestre, a poco meno di 400 chilometri di quota, veniva raggiunta dalla missione STS-88 per l’aggancio del modulo statunitense Unity (il 4 dicembre successivo, solo due settimane dopo), la prima delle 50 missioni spaziali di assemblaggio necessarie per realizzare il più grande e longevo avamposto umano nello spazio.
Il modulo Zarja fotografato dalla missione STS-88. Crediti: Nasa
Qualche numero
I 16 moduli di cui la Iss è composta tra laboratori pressurizzati, nodi, spazi abitativi e moduli per l'aggancio, sono un vero e proprio concentrato di scienza e tecnologia che volteggia ogni giorno sulle nostre teste. Più di 400 tonnellate distribuite in una larghezza di quasi 110 metri, su una superficie simile a un campo da calcio e con un volume abitabile superiore ai 1000 metri cubi orbitano intorno alla Terra 16 volte al giorno alla velocità media di oltre 27mila chilometri orari, ovvero quasi 8 chilometri al secondo.
La Stazione spaziale internazionale è un’impresa titanica che coinvolge 16 Paesi e 4 tra le principali agenzie spaziali nel mondo: l’americana Nasa, la russa Roscosmos, la giapponese Jaxa, la canadese Csa e l’europea Esa. Dal 2010 anche i privati contribuiscono a mantenere operativa la Stazione.
Dal 2 novembre 2000, da quando cioè la missione Expedition 1 ha portato a bordo il primo equipaggio residente, la Stazione spaziale internazionale è stata abitata ininterrottamente da circa 250 astronauti di 18 diversi Paesi diversi. La Iss è un enorme laboratorio orbitante in condizioni di microgravità: sono stati condotti finora 2500 esperimenti di ogni genere, dalla fisica alla botanica, dalla robotica alla fisiologia umana. La Iss fornisce agli scienziati una piattaforma flessibile per compiere misure e osservazioni che non sarebbero possibili sulla Terra e costituisce un insostituibile banco di prova per le tecnologie d’avanguardia del futuro.
Un particolare green: la stazione è totalmente autonoma a livello energetico, i pannelli solari producono tutta l’energia necessaria al mantenimento della stazione e oltre il 93% dell’acqua di scarico viene riciclata.
La Stazione spaziale internazionale (Iss). Crediti: Nasa/Esa
Libertà contro Pace?
Come è facile immaginare, la storia della Stazione spaziale inizia ben prima di 22 anni fa, nel clima teso della Guerra Fredda. All’inizio degli anni Settanta, mentre i Beatles si erano appena sciolti e gli Usa erano concentratissimi sul Programma Apollo per la conquista della Luna, i sovietici erano già al lavoro sul progetto della prima stazione spaziale orbitante con presenza umana stabile. Con i programmi spaziali Salyut - saluto - e a seguire Mir - pace - i russi aprono in solitaria e con successo la strada per l’avamposto umano nello spazio, fino alla risposta a stelle e strisce del presidente Ronald Regan, che nel 1984 chiede ufficialmente alla Nasa di rilanciare con la stazione spaziale Freedom - libertà - da mettere in orbita entro dieci anni, mai realizzata.
Disegno concettuale della stazione spaziale Freedom. Crediti: Nasa
Lo sforzo tecnologico e scientifico americano è poi confluito negli anni Novanta - a Guerra Fredda conclusa - nella progettazione della Stazione spaziale internazionale, in alleanza stretta con la Russia, l’Europa e il Giappone: un esempio senza precedenti di cooperazione politica internazionale tra superpotenze all’insegna dello spazio.
Il ruolo dell’Italia
Non è secondario il ruolo dell'Italia, che ha contribuito allo sviluppo e alla realizzazione del 40 per cento del volume abitabile della Stazione tramite l’Agenzia spaziale italiana (Asi) e aziende di bandiera come Thales Alenia e Leonardo. Tra tutti ricordiamo il modulo abitativo permanente italiano Leonardo, in orbita dal 2011, e senz’altro il più famoso, la Cupola, lanciato nel 2010. La Cupola, grande solo 2 x 1.5 metri, è una postazione panoramica dedicata all’osservazione delle attività robotiche esterne, dell'avvicinamento dei veicoli e delle attività umane extraveicolari, ma soprattutto rappresenta per gli astronauti una vera e propria finestra sul mondo grazie alla quale si è aperta la grande era della comunicazione pubblica tra la Stazione e la Terra.
Crediti: Paolo Nespoli e Roland Miller/Nasa-Asi
Verso il futuro
Dal 2028, privata progressivamente dei finanziamenti statali, la Stazione spaziale internazionale terminerà la sua gloriosa carriera istituzionale, verrà dismessa e poi disassemblata senza rischi. In teoria.
Paradossalmente invece, la Iss è entrata in una nuova fase storica caratterizzata dall’apertura ufficiale della Nasa a nuove opportunità di business spaziale in cui astronauti privati, aziende interessate ad attività produttive, scientifiche o di marketing in orbita bassa potranno accedere alla Stazione Spaziale Internazionale per brevi missioni, dando il via alla cosiddetta Low-Earth Orbit Economy. Le modalità di trasporto competitive e low-cost stanno già segnando una svolta fondamentale nella strategia generale della (new) Space Economy e della dimensione più commerciale dell’industria spaziale. Abbiamo assistito proprio recentemente ai voli delle navicelle private Crew Dragon di SpaceX mentre Boeing si prepara a fare lo stesso tra qualche mese con la sua CST-100 Starliner.
Nei piani della Nasa c’è la volontà di sviluppare un'economia spaziale che deleghi ai privati il compito di finanziare la Stazione spaziale per poter concentrare le risorse finanziarie ad altri progetti spaziali.
Anche se in passato l'agenzia spaziale statunitense si era mostrata contraria allo sfruttamento commerciale di un laboratorio orbitante, è ora nei piani futuri il progetto di dedicare una porta docking della ISS all’attracco dei voli commerciali. Si è proposta come tour operator per vacanze a bordo della Iss la Bigelow Space Operations, spin-off della Bigelow Aerospace che ha sviluppato in via sperimentale BEAM (Bigelow Expandable Activity Module), un ambiente espandibile agganciato con successo alla Stazione Spaziale dal 2016. In futuro, versioni più capienti del modulo in vectran - un materiale due volte più resistente del kevlar che promette di garantire protezione contro micrometeoriti, radiazioni e temperature estreme - potrebbero essere usate come habitat per soggiorni spaziali di turisti o equipaggi durante le missioni lunari e nel lungo viaggio verso Marte.
Il modulo gonfiabile BEAM agganciato alla Iss. Crediti: Nasa
Neanche l'agenzia spaziale russa Roskosmos sembra essere fuori dal business del turismo spaziale e aveva annunciato, già nel 2017, la futura realizzazione del primo resort spaziale privato di lusso da agganciare alla Iss che la RKK Energija dovrebbe realizzare entro il 2022. Non dimentichiamoci che già nel 2001 la Russia portò a bordo della Iss (ovviamente con la Soyuz) il milionario statunitense Dennis Tito in qualità di turista privato, facendo storcere il naso alla Nasa.
Tra le proposte di "made in Space" citiamo a titolo di esempio quella della società texana Axiom Space che vorrebbe annettere alla Iss un proprio modulo per la produzione ottimizzata di merci in orbita (pare per esempio che la produzione di fibra ottica in condizioni di microgravità garantisca una maggiore precisione).
Ora che concorrono alla nuova corsa allo spazio anche agenzie spaziali private, il mercato globale e le sue enormi potenzialità economiche e strategiche sono aperte a un ecosistema in cui il settore pubblico e quello privato convivono, e in cui nuovi attori e investitori che propongono modelli di business innovativi e nuove sfide globali.
Nonostante ancora una volta gli Usa abbiamo un ruolo preponderante nello scenario spaziale, va sottolineato che, di fatto, la Iss non appartiene alla Nasa la quale, avendo pagato la maggior parte dei moduli, ne gestisce buona parte delle attività.
I rapporti e le responsabilità legali delle agenzie spaziali partner nell’impresa della Stazione spaziale internazionale sono garantiti dalla sottoscrizione di accordi normativi ormai in parte ritenuti obsoleti o insufficienti a regolare lo scenario spaziale e geo-politico futuro, molto più complesso che negli anni Novanta.
Oggi oltre alla Nasa, altre agenzie spaziali – come quelle europea (Esa), giapponese (Jaxa) e indiana (Isro) – partecipano a missioni spaziali per raggiungere la Luna, o i corpi minori del Sistema solare. Un caso particolare è rappresentato dalla Cina, in volata solitaria, che sta cercando di attuare in autonomia una strategia civile, commerciale e militare a lungo termine per esplorare e sviluppare il dominio cislunare, con l’obiettivo di superare gli Stati Uniti come principale potenza spaziale. Ricordiamo che la Cina, fuori dagli accordi con la Nasa, punta a completare la costruzione della prima stazione spaziale modulare Tiangong 3 - Tempio del Cielo - entro il 2022.
Gli stessi partner della Stazione spaziale internazionale hanno rinnovato la loro intesa - a parte la Russia - per la prossima ambiziosa impresa: il Lunar Gateway, il futuro avamposto umano nello spazio, una “piccola” stazione spaziale in orbita cislunare che farà da ponte per l’accesso alla Luna, dotata di laboratori scientifici e in grado di ospitare gli astronauti, a circa 400mila chilometri dalla Terra.
Dal Gateway si partirà per le future esplorazioni del Sistema solare, in particolare per le spedizioni umane sulla Luna, con Artemis che si propone di rendere permanente il primo habitat lunare entro il 2028, e poi alla volta di Marte.
Illustrazione artistica del Gateway e della capsula Orion della Lockheed Martin. Crediti: Esa
Lo scetticismo della Russia nell’adesione preliminare al programma Artemis è motivata dalla possibilità più che concreta che gli Stati Uniti si diano un ruolo di leadership per il ritorno alla Luna dimostrato dalla volontà di richiedere come premessa per accedere al programma Artemis la sottoscrizione degli Artemis Accords, destinati a regolamentare unilateralmente i possibili sfruttamenti commerciali delle risorse spaziali. Ridisegnare i fondamenti legali del diritto spaziale finora promossi dalle Nazioni Unite, in primis con l’Outer Space Treaty (1967) e con il Moon Treaty (1984) implica riscrivere le regole dell’accesso allo spazio.