SCIENZA E RICERCA

Cambiamento climatico: gli scenari sono peggiori di quanto previsto

Nessuna emergenza dovrebbe essere dimenticata, tantomeno una legata a un fenomeno globale che rischia di portare il pianeta Terra verso danni irreversibili, a meno di un decisivo e rapido intervento. 

Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo: la pandemia di Covid-19 non può essere un alibi per dimenticarsi di parlare del cambiamento climatico in atto e delle sue conseguenze. 

Ed è proprio un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Reviews of Geophysics  e commissionato dal World Climate Research Program (WCRP), a ricordarci come il pericolo del cambiamento climatico non sia scomparso per magia, ma sia lì, pronto a colpire e a colpire ancora. 

Le 165 pagine dello studio possono essere riassunte così: il ritmo di emissioni di CO2 derivate dall’attività umana sta aumentando così tanto da attivare meccanismi irreversibili di danno alla Terra e al suo clima. Gli studiosi hanno analizzato uno dei più importanti e assillanti quesiti: quanto sensibile è il clima del nostro pianeta rispetto a un aumento del doppio della quantità di CO2 nell’atmosfera? Per oltre 40 anni si è parlato di un aumento delle temperature – rispetto all’era preindustriale – stimato tra gli 1,5 e i 4,5° C. Bene, quest’ultimo parametro non viene rivisto e rimane valido. A cambiare sono le probabilità che questo aumento di temperatura si attesti nella parte più bassa del range: praticamente inesistenti. Le analisi portano tutte verso un’unica direzione: se davvero le emissioni di CO2 nell’atmosfera raddoppiassero rispetto all’era preindustriale, il mondo dovrebbe fronteggiare un surriscaldamento compreso tra i 2,3 e i 4,5° C. La probabilità di rimanere sotto ai 2° C di aumento sarebbe al di sotto del 5%, mentre ci sarebbe una probabilità compresa tra il 6 e il 18% di superare i 4,5° C.

Lo studio dice anche quando potrebbe accadere: “Con la temperatura già superiore di 1,2° C rispetto all’era preindustriale – si legge nel documento – e se l’aumento di gas climalteranti nell’atmosfera proseguirà senza essere contrastato, ci si aspetta un raddoppio delle concentrazioni entro i prossimi 60-80 anni”. 

 

Al ritmo attuale, entro 60-80 anni ci si aspetta un raddoppio delle concentrazioni di CO2

Non si tratta di una data così lontana, di un periodo così distante dal nostro presente. E non si tratta di un’informazione da prendere sottogamba. L’IPCC (l’intergovernmental Panel on climate change, il gruppo di esperti intergovernativo fondato dall’ONU nel 1988) nel suo ultimo report annuale già ammoniva sulla necessità di aumentare gli sforzi per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di una certa soglia. Addirittura, quella soglia era stata ritoccata: da 2° C si era passati a 1,5° C.


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Una sottigliezza, si dirà, ma non per le conseguenze che potrebbe comportare, a maggior ragione dando – attentamente – ascolto a quanto racconta quest’ultimo studio: se l’essere umano non interverrà subito per rallentare l’aumento delle concentrazioni di CO2 nell’atmosfera, non solo il danno sarà irreversibile, ma sarà ancora maggiore rispetto alle stime paventate negli ultimi anni dagli esperti del clima. È il livello di guardia che non si dovrebbe superare, quello in cui la Terra sarà sottoposta a ondate di calore, innalzamento dei mari ed eventi meteorologici estremi sicuramente superiori a quelli che già vediamo ai giorni nostri.

Lo dice questo nuovo studio, lo dicono i rapporti dei vari enti scientifici, lo dicono gli esperti. Gli stessi che hanno prodotto questo studio in quattro anni, lavorando su discipline scientifiche diverse, tutte legate al clima, ma in grado di dare una risposta combinata con risultati appena descritti. “Questo paper – spiega Gabi Hegerl, coautore della University of Edinburgh –grazie all’uso di misurazioni atmosferiche, delle serie storiche delle temperature e rilevamenti satellitari, mette insieme un quadro di quello che sappiamo della sensibilità climatica e di quanto siano improbabili le previsioni più rosee che provengono dai rapporti IPCC”. 

Questa dichiarazione pone l’urgenza di attuare tutte le politiche necessarie per cercare di invertire un processo che corre più di quanto le azioni dell’uomo stiano facendo per frenarlo. Non arrivare allo scenario peggiore è ancora possibile, ma servono interventi rapidi da parte di tutti i Paesi coinvolti.

 La realtà però è diversa e lo ha dimostrato il fallimento (l’ennesimo) della COP25, l’ultima conferenza ONU sul clima organizzata a Madrid, dove 190 leader politici di altrettanti Paesi non sono riusciti a raggiungere un accordo di ratifica per l’ulteriore taglio delle emissioni di gas climalteranti (e per una serie di altri punti altrettanto importanti).  

Certo, alcuni segnali positivi ci sono: l’Unione Europea ha approvato il green deal, un ambizioso piano per rendere l’Europa il primo continente sostenibile entro il 2050. Di fatto, però, nessun passo concreto è stato fatto dopo l’approvazione formale del piano. Sicuramente la pandemia di Covid-19 non ha aiutato.

Ma, appunto, non deve diventare l’alibi perfetto per fare finta di nulla. 

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