SOCIETÀ

Il caso Neuralink tra segretezza e grandi aspettative

Sta facendo sempre più discutere l’annuncio via X di Elon Musk, secondo il quale sarebbe stato impiantato per la prima volta un chip della Neuralink nel cervello di un soggetto umano con paralisi. L’azienda di neurotecnologie cofondata da Musk nel 2016 ha l’obiettivo di sviluppare interfacce cervello-computer all’avanguardia che siano un giorno in grado di restituire il controllo motorio a persone affette da malattie del sistema neurologico o con gravi lesioni del midollo.

Oggi esistono diverse aziende – tra cui la Synchron, la Clinatec, e la ONWARD – che si occupano di sviluppare interfacce cervello-computer (o BCI, acronimo di Brain Computer Interface). Si tratta di dispositivi capaci di stabilire un collegamento diretto tra la mente umana e i computer. Tali tecnologie riescono a registrare l’attività cerebrale e a convertire i segnali elettrici rilevati in comandi destinati a dispositivi digitali o protesi esterne. Le interfacce variano inoltre a seconda del modo in cui sono costruite, del funzionamento, della qualità delle prestazioni e delle modalità di utilizzo.

Nature ha battezzato il 2023 come “l’anno delle interfacce cervello-computer” a causa dei più recenti (e promettenti) sviluppi di queste tecnologie: la Synchron, ad esempio, ha testato il proprio dispositivo – impiantabile nel cervello attraverso una tecnica che non richiede un intervento a cranio aperto – su quattro pazienti paraplegici, i quali sono riusciti a interagire con un computer attraverso la mente. Ad agosto, invece, sono andati a buon fine i test clinici di due interfacce progettate per agevolare la comunicazione nei pazienti affetti da SLA.

Nel caso di Neuralink, la BCI su cui sta puntando l’azienda di Musk è un dispositivo delle dimensioni di una moneta che viene impiantato nel tessuto cerebrale umano da uno specifico robot. Dopo un tentativo fallito nel 2022, a maggio 2023 Neuralink ha annunciato su X di aver ottenuto da parte dell’FDA (la Food and Drug Administration statunitense) l’agognato consenso necessario per iniziare i trial clinici sugli esseri umani. A fine gennaio è stato lo stesso Musk, sempre attraverso il suo social network, a raccontare al mondo dell’avvenuto impianto del primo prototipo di questa interfaccia. Si tratta di un dispositivo soprannominato “Telepathy” dotato di 64 fili straordinariamente leggeri e flessibili (ognuno dei quali è più sottile di un capello) che contengono un totale di 1024 elettrodi, i quali servono a registrare i segnali provenienti da altrettanti neuroni per rendere l’utente in grado di controllare un computer con il pensiero.

Ma qual è il motivo per cui gli annunci della Neuralink stanno suscitando enorme scalpore e Telepathy è diventata l’interfaccia che più di tutte le altre attira l’attenzione (e, come vedremo, la preoccupazione) del grande pubblico e della comunità scientifica?

“Credo che gli sviluppi di Neuralink abbiano ricevuto più rilievo dal punto di vista mediatico soprattutto a causa del coinvolgimento di un personaggio controverso e carismatico come Musk, il cui ruolo nella società americana contemporanea l’ha reso capace più di chiunque altro di attirare e polarizzare l’opinione pubblica”, commenta Alessandro Delfanti, professore di politica dei media e della tecnologia all’università di Toronto ed esperto di capitalismo digitale. “Dai progetti di colonizzare Marte, all’acquisto di Twitter (che ha ribattezzato “X”), alla fondazione di Neuralink, Musk ci ha abituati a questi tentativi di spettacolarizzare la scienza e la tecnologia tramite una forma di comunicazione – decisamente malsana per la relazione tra tecnologia e società – altisonante e poco concreta”.

“Un’altra caratteristica di Musk che contribuisce ad attirare le critiche verso Neuralink riguarda le sue posizioni da transumanista”, continua Delfanti. “Il miliardario sudafricano è infatti un sostenitore dell’idea secondo cui la tecnologia possa un giorno farci trascendere i limiti dei nostri corpi e migliorare come specie. Per questo motivo, nonostante ci siano altri imprenditori, aziende ed enti di ricerca che si occupano dello sviluppo di BCI, le differenze che preoccupano non sono tanto quelle tecnologiche, ma piuttosto quelle ideologiche. Per ora si sta parlando di riabilitazione e di protesi, che rappresentano le applicazioni più immediate e interessanti di queste tecnologie; ma il sogno più futuristico di Musk resta quello di progettare impianti neurali che ci permettano di connetterci all’intelligenza artificiale per integrarla nel nostro corpo”.

Questi sviluppi rientrerebbero a pieno titolo sotto l’etichetta di human enhancement (potenziamento umano) di cui si discute ormai da decenni. Tale espressione serve a definire progetti scientifici e tecnologici che hanno lo scopo di andare oltre la finalità terapeutica, con l’obiettivo di migliorare le prestazioni anche dei soggetti sani attraverso la manipolazione genetica, farmaci di nuova generazione, oppure, come nel nostro caso, interfacce cervello-computer.

Perciò, nonostante gli attuali progetti di Neuralink sembrano essere finalizzati esclusivamente a restituire il controllo motorio a persone affette da paralisi, alcuni temono che questi traguardi rappresentino solo i primi passi dell’evoluzione di una tecnologia che un giorno potrebbe diventare in grado di leggere i nostri pensieri più privati e le nostre emozioni, raccogliere dati che violerebbero la privacy mentale o, addirittura, interferire con le nostre decisioni.

Si tratta di un argomento che in bioetica viene definito slippery slope (letteralmente: “pendio scivoloso”) secondo cui lo sviluppo di un dispositivo o di una pratica scientifica dovrebbe sempre essere accompagnato da una riflessione sui possibili usi indesiderabili e sul rischio di spianare la strada a ulteriori sviluppi potenzialmente nocivi della tecnologia in questione. Tenere conto di questi pericoli dovrebbe di conseguenza spingerci ad agire secondo un “principio di precauzione”.

Ad alimentare questo tipo di timori è proprio la mancanza di trasparenza lamentata da molti esperti del settore. Come riporta su Nature il giornalista scientifico Liam Drew, le uniche informazioni fornite al pubblico rispetto ai dettagli del trial clinico sono state diffuse tramite una brochure che serviva a raccogliere volontari (persone con tetraplegia causata da lesioni spinali o da sclerosi laterale amiotrofica) che accettassero di sottoporsi alla sperimentazione. Non sarebbero stati pubblicati, però, i dettagli del protocollo sperimentale, né i parametri esatti secondo cui sarà valutato il successo di Telepathy su ClinicalTrials.gov, l’archivio pubblico online del National Institutes of Health statunitense.

È lecito domandarsi, allora, quali siano i motivi di tanta segretezza.

“Il motivo è sicuramente legato alle polemiche da cui la Neuralink è avvolta da tempo riguardo alla questione della sperimentazione animale”, afferma Delfanti. “L’azienda, che aveva intrapreso una collaborazione con il centro di ricerca sui primati della UC Davis in California, ha ricevuto pesanti accuse di maltrattamento per alcune pratiche particolarmente violente e brutali che hanno coinvolto diversi animali, tra cui anche alcune scimmie. Com’è stato raccontato da diversi ricercatori che hanno lavorato per Musk, tali atrocità sarebbero state la conseguenza non tanto della natura stessa della tecnologia, bensì delle pressioni provenienti direttamente dall’imprenditore, il quale avrebbe insistito per accelerare i tempi della ricerca con ogni mezzo possibile. Si tratta di un comportamento in linea con l’ideologia turbocapitalista di cui Musk è dei principali promotori al mondo, basata sull’eliminazione di qualsiasi ostacolo (giuridico, etico, amministrativo) all’innovazione, alla crescita economica e alla libertà d’impresa”.

A proposito di capitalismo. Secondo Delfanti “la scarsa trasparenza è dovuta anche alla necessità di mantenere il segreto industriale che spinge le aziende a stare particolarmente attente alle informazioni che decidono di rendere pubbliche non solo per eludere la concorrenza, ma anche per evitare di far sapere quando le sperimentazioni non ottengono i risultati desiderati e i dati concreti rischiano di raccontare una realtà molto meno interessante di quello che ci si aspetterebbe”.

Una possibilità, quindi, è che anche la tendenza a spettacolarizzare la tecnologia attraverso annunci misteriosi ed eclatanti serva a tenere salda la presa di Musk sui mercati finanziari nonostante la mancanza di basi solide. “Qualcosa di analogo lo abbiamo visto accadere ciclicamente con le promesse di conquistare Marte, ad esempio”, riflette Delfanti. “Questi grandi proclami fanno presa proprio grazie alla scarsità concretezza con cui vengono presentati. Entrare nei dettagli, invece, potrebbe rischiare di far capire ai finanziatori quanto le tecnologie prospettate siano fondamentalmente molto difficili da realizzare, da commercializzare e dagli effetti positivi sulla società discutibili o comunque molto remoti. Al contrario, alimentare la curiosità attraverso annunci spettacolari contribuisce ad attirare i capitali che continuano a finanziare queste iniziative.

Non sarà possibile insomma commentare questi risultati o valutare la fattibilità del progetto finché non verranno pubblicati i dati veri e propri dell’esperimento. Solo allora potremo davvero scoprire se dietro i grandi annunci di Musk si celi una realtà altrettanto interessante”.

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