MONDO SALUTE

Epidemie e virus: perché originano spesso dalla Cina?

A gennaio 2020 su Netflix è uscito, con incredibile tempismo, il documentario Pandemia globale, che racconta di come gli esperti si stiano preparando a un evento che prima o poi accadrà. Sembra sterile allarmismo, ma in realtà chi lo guarda può rendersi conto che ci si sta attrezzando per combattere una battaglia tutt'altro che persa in partenza.

Non sappiamo quando questa pandemia si svilupperà, ma la storia ci dice che accadrà: nel 1918 c'era stata la Spagnola, l'influenza che ha ucciso tra i 50 e i 100 milioni di persone. Sembra già un numero drammaticamente alto, ma in un secolo la popolazione mondiale è notevolmente aumentata e ora tocca quasi quota otto miliardi.

Se è vero che non possiamo immaginare quando quest'evento potenzialmente distruttivo avrà inizio, è statisticamente più facile indovinare dove succederà, perché la maggior parte delle epidemie degli ultimi anni si è sviluppata in Cina: dall'asiatica del 1957 all'influenza di Hong Kong del 1968, passando per la Sars e per il nuovo Coronavirus Covid-19, sembra che questo paese sia particolarmente preso di mira dai virus. Per comprendere l'eziologia di questo fenomeno, abbiamo intervistato il virologo Giorgio Palù.

Intervista al virologo Giorgio Palù. Montaggio di Elisa Speronello

"Se parliamo di pandemie, l'ultima di H1N1 si è sviluppata tra Messico e California nel 2009, mentre in Cina ricordiamo quella del '57 e quella del '68. Il nuovo coronavirus, il Covid-19 o Sars2, non ha ancora dato origine a una pandemia, che richiede una manifestazione su più larga scala" spiega il professore. "Se consideriamo invece le epidemie, molte si sono effettivamente originate in Cina: avrebbero potuto dare inizio a pandemie, ma non lo hanno fatto".

Il motivo principale per cui la Cina, con tutto il Sud-est asiatico, è un luogo particolarmente favorevole ai virus, è lo stretto contatto tra uomini e animali, che vengono tenuti in casa e nelle fattorie per essere allevati o mangiati, per non parlare di tutti quei mercati in cui vengono venduti animali vivi. "Con l'H5N1, aviaria, la Cina ha preso provvedimenti molto draconiani – commenta Palù – e ha fatto ammazzare tutti i polli che c'erano nelle case dei cinesi per diminuire il contagio".

Come se non bastasse, la Cina è sulla rotta migratoria di vari uccelli selvatici come le anatre. "Ci sono poi molte risaie, e gli uccelli che planano in queste zone possono essere portatori sani dell'influenza aviaria che viene trasmessa anche tramite le feci: in quegli stagni ci sono miliardi di virus, e lì vicino vengono allevati maiali e altri animali domestici, anche uccelli. Così i virus si propagano: c'è una commistione tra animali domestici e selvatici e tra loro e l'uomo" dichiara Palù.

E poi ci sono tutti i problemi denunciati dagli ambientalisti: altri fattori che aumentano il rischio di epidemie sono il disboscamento e l'inurbamento ma anche i cambiamenti climatici: se un ambiente in cui vivono gli animali viene occupato anche dall'uomo, possono diffondersi malattie anche molto gravi: è il caso dell'ebola del 2014, epidemia tutt'ora in corso, quando il virus è arrivato anche nelle metropoli.

"Ci sono poi i cambiamenti climatici" spiega Palù. "Il 20% dei virus è trasmesso da vettori come zanzare, zecche e flebotomi che stanno migrando a causa dei cambiamenti di temperatura, si pensi a West Nile".

Ci sono naturalmente delle misure di sicurezza che vediamo messe in atto anche ora con il coronavirus: "Il primo è la diagnosi, che è fondamentale per comprendere le modalità di diffusione del virus, in particolare servono test affidabili per vedere quanto si diffonde tra la popolazione che non manifesta sintomi. Gli altri mezzi sono quelli di protezione individuali: mascherine, guanti, occhiali che proteggano la mucosa congiuntiva, l'attenzione all'igiene, fino ad arrivare all'isolamento e alla quarantena. Un'altra cosa che si può fare è eliminare gli animali che ospitano il virus, anche se non sempre si riesce a individuarli per tempo, e poi c'è il monitoraggio sindromico: bisogna individuare quelli che possono essere i primi sintomi come la febbre: è quello che si sta facendo ora negli aeroporti con i termo rivelatori".

I virologi si stanno impegnando per studiare il viroma degli animali, soprattutto i mammiferi. I pipistrelli sono stati ospiti di molti di questi virus, Nipah, Hendra, Sars, Mers, il nuovo coronavirus ma anche Ebola. Ma non bisogna pensare solo ai virus che fanno notizia: anche una "banale" influenza può diventare molto pericolosa.

"L'influenza è importante, – conferma Palù – fa centinaia di milioni di infetti e decine di migliaia di vittime. Si è cercato di lavorare a un vaccino universale, anche perché quello dell'influenza è un virus che muta molto facilmente, e un vaccino all'anno può non bastare. Per questo si sta studiando un vaccino universale contro i virus A e i virus B e tutti i sottotipi, in particolare dei virus A. L'approccio è genomico, si utilizzano gli anticorpi di pazienti che sono risultati immuni ad alcuni virus influenzali. Si potrebbe tentare lo stesso approccio anche con i coronavirs, ma i tempi non saranno brevi".

Quello che possiamo fare, per ora, è vaccinarci contro l'influenza stagionale e lasciare lavorare i ricercatori.

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012