SCIENZA E RICERCA

Coronavirus Cina: l'epidemia non rallenta, ma conosciamo meglio il genoma

In Cina l'epidemia di coronavirus (2019-nCoV) non rallenta: ad oggi i morti accertati sono 81, ma i dati evolvono ora dopo ora e il numero delle persone infette sarebbe già prossimo a 3.000, nonostante le rigorose misure predisposte dal governo che ha messo in quarantena 56 milioni di persone. 

L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha rivisto al rialzo il livello di rischio globale e ha corretto i precedenti documenti in cui si parlava di rischio moderato: fuori dai confini dei gigante asiatico finora sono stati registrati casi sporadici in aree molto lontane tra loro, dagli Usa alla Francia, dal Giappone all'Australia, con la malattia che si è manifestata, al momento senza nessun esito mortale, tra persone che facevano ritorno dalla Cina. L'allarme però si è intensificato anche perché il totale delle persone infette in Cina continua a crescere e c'è il timore che i numeri circolati finora siano sottostimati. Per limitare il diffondersi dei contagi sono stati intensificati i controlli aeroportuali e diversi paesi stanno facendo evacuare i loro cittadini dalle aree più colpite dall'epidemia. La stessa OMS ricorda come il rischio sia molto elevato in Cina, alto a livello regionale e alto a livello globale.

E mentre nella città cinese di Wuhan, da cui è partita l'epidemia di polmonite da coronavirus, si procede a tempi record per costruire un nuovo ospedale che dovrebbe essere operativo entro i primi giorni di febbraio, sul versante scientifico si lavora per definire con precisione la mappa genetica del nuovo virus. Un gruppo di ricerca cinese coordinato da Peng Zhou, dell’Istituto di Virologia di Whuan, ha pubblicato sul sito bioRXiv, che comprende articoli che non hanno ancora superato l’esame della comunità scientifica, i risultati degli studi sulla sequenza genetica del virus 2019-nCoV, isolato dal fluido prelevato dai polmoni di un paziente gravemente malato. Dai risultati è emerso che il coronavirus ha una forte somiglianza con il virus della Sars e sono molte le analogie anche nella modalità usata per diffondersi tra le cellule umane.

Per approfondire gli ultimi aggiornamenti sul coronavirus, le modalità di contagio, i sintomi e le informazioni che gli scienziati sono riusciti ad acquisire sul suo genoma, abbiamo intervistato il virologo Giorgio Palù.

"Conosciamo la sequenza almeno di sei o sette genomi - spiega il virologo Giorgio Palù - ed è un virus che assomiglia molto a quello della Sars, con cui ha in comune circa il 90% di identità e ancora di più con il virus del pipistrello da cui ha avuto origine il virus della Sars nel 2002. Sappiamo anche che, con tutta probabilità, usa lo stesso recettore che è l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 che si trova nelle vie respiratorie e sappiamo anche che può essere trasmesso da persona a persona. Da un lavoro pubblicato sul New England due giorni fa sappiamo anche che questo virus cresce meglio in cellule derivate dall'epitelio respiratorio che in cellule coltivate in linea continua. Sappiamo che è un virus che sta mutando e come la Sars può adattarsi sempre meglio al recettore umano. Quello che non conosciamo ancora è la dimensione reale dell’infezione, cioè quante sono le persone realmente infette, anche se abbiamo già a disposizione dei test sierologici. Se ci basassimo su quello che riportano le autorità cinesi, cioè 80 morti e circa 3000 soggetti infetti, dovremmo dire che la mortalità è più bassa rispetto alla Sars. La Sars aveva una mortalità intorno al 10%, qui dovremmo avere una mortalità tra il 3,5% ma è troppo presto per dirlo. Ricordo che nel 2012 è comparso un altro virus che è il virus della Mers, Middle East Respiratory Syndrome, in Arabia Saudita e in quel caso la mortalità è stata molto alta perché era del 30-35%. Oggi grazie all’evoluzione delle conoscenze in ambito virologico possiamo però mettere a punto rapidamente dei metodi diagnostici e Christian Drosten, all’università Charité di Berlino, semplicemente sulla base delle sequenza, dell’omologia con la sequenza delle proteine di superficie di questo nuovo coronavirus 2019 è già riuscito ad approntare dei kit diagnostici importantissimi perché ci aiuteranno a capire quanti sono i portatori sani, quante infezioni asintomatiche ci sono e qual è la dimensione del fenomeno". 

Per quanto riguarda i sintomi caratteristici dell'infezione e le modalità di contagio il professor Palù prosegue spiegando che: "E’ un’infezione respiratoria, una polmonite virale. Ricordo che l’influenza solitamente colpisce le prime vie respiratorie, quindi molto raramente dà un’infezione polmonare interstiziale profonda. Questo virus invece sì. E’ un virus che si trasmette per via aerea, la trasmissione è per goccioline di aerosol che si emettono con la tosse o con le secrezioni, ma può avvenire in modo indiretto attraverso il contatto con gli oggetti, quindi ci si tocca la bocca con e mani e poi si toccano atri oggetti. Ci può essere prima un rialzo febbrile e poi i sintomi. Il periodo di incubazione per questi coronavirus può variare da un giorno a una o due settimane al massimo, quindi le persone che hanno viaggiato nelle aree in cui si è sviluppata l'epidemia o che sono state a contatto con potenziali sorgenti infette devono controllarsi per vedere se presentano sintomi respiratori. Una cosa che tengo a dire è che tanto più un virus causa mortalità tanto più tende ad auto estinguersi perché l’interesse di un patogeno non è quello di uccidere l’ospite. Questo virus probabilmente ha avuto origine dal pipistrello ma non sappiamo quale sia stato il suo animale ospite secondario: per la Sars o per la Mers è passato dal pipistrello allo zibetto o al procione, dal pipistrello al dromedario e poi all’uomo. Per il coronavirus 2019 non abbiamo invece ancora trovato l’ospite intermedio e questo è molto importante. Se questo virus realmente è meno aggressivo della Sars e sicuramente molto meno della Mers dobbiamo aspettarci che possa infettare un maggior numero di persone e quindi la gravità dell’infezione va considerata misurando altri parametri, in primo luogo la diffusione globale, quindi la possibilità che diventi un’emergenza pandemica anche se al momento l’OMS non l’ha etichettata come tale. Bisogna considerare anche l’impatto sociale perché se le persone infette, anche in forma più lieve, sono molte c’è un impatto sulla capacità lavorativa e sull’accesso agli ospedali". 

Palù ha concluso spiegando che è "Impossibile considerare in tempi brevi l’ipotesi di un vaccino e anche per un farmaco antivirale c’è bisogno di un processo abbastanza lungo che è quello di validarne l’efficacia e soprattutto la sicurezza: quindi al momento le azioni a contrasto dell’infezione sono misure di igiene, profilassi, quarantena e identificazione rapida dei casi sospetti". 

 

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