SCIENZA E RICERCA

Confondere le acque

Try, for a moment, to be a fish. “Prova, per un momento, a essere un pesce. Mentre nuoti attraverso acque scure, vedi le forme che si muovono e tieni sotto controllo le minacce […] L’acqua è un arazzo di odori che rivela predatori e potenziali compagni, cibo e la via di casa. Ora, immagina che nulla abbia più senso: l'arazzo si è sbrogliato. Gli odori ti raggiungono ancora, ma i loro significati sono confusi. Ascolti la chiamata dei tuoi parenti, ma tutto ciò che senti è il rumore di una barca che passa. Non puoi dire se quell'ombra incombente sia un amico o un nemico”. Elizabeth Preston stimola la nostra empatia e ci invita a metterci, per un attimo, nei panni di un pesce. Nel suo articolo Lost at sea, pubblicato recentemente dalla rivista Science, cerca di fare entrare il lettore in un mondo sottomarino stravolto dall’inquinamento di origine antropica. Non solo la plastica e l'overfishing, ovvero la pesca intensiva, ma anche polveri di ogni genere, che rendono torbide le acque e sempre più difficile gli spostamenti dei pesci, il rumore delle navi, che ne disturbano l’ascolto (di cui ci siamo occupati in un precedente articolo-intervista a Carlotta Mazzoldi, biologa marina dell'università di Padova e responsabile del Museo di zoologia adriatica Giuseppe Olivi di Chioggia), l’acidificazione dei mari, causata dall’aumento della concentrazione di anidride carbonica, che impedisce ai pesci di distinguere gli odori.

Il crescente "smog" sensoriale sta letteralmente confondendo le acque e la vita di chi le abita. Gli scienziati studiano in che modo questi fattori possano influire sulla capacità di un pesce di comunicare, spostarsi e sopravvivere. La creazione di ambienti sottomarini simulati permette una migliore comprensione del loro comportamento, rispondendo così a domande sull'utilizzo dei sensi e sugli effetti dell'inquinamento su di essi. Nel suo laboratorio, Danielle Dixson dell'Università del Delaware ha studiato gli effetti dell'acidificazione dell'acqua sul cervello dei pesci pagliaccio che possono confondere la loro capacità di riconoscere gli odori e, quindi, il pericolo determinato dai predatori: "Come riportato in Ecology letters nel 2010 - si legge nell'articolo di Preston - i giovani pesci pagliaccio allevati in acque più acide erano fortemente attratti dall'odore di un predatore, che il pesce normalmente eviterebbe. Mentre in alcuni pesci predatori l'acidificazione ha avuto l'effetto opposto: Dixson e i co-autori della ricerca hanno scoperto che dopo cinque giorni in acqua con alti livelli di anidride carbonica gli squali smooth dogfish evitano l'odore della loro preda". L'ecologista marina Jenni Stanley del National Oceanic and Atmospheric administration’s northeast fisheries science center e alla Woods hole oceanographic institution in Massachusetts ha misurato l'impatto del rumore antropico concentrandosi sui merluzzi, che comunicano attraverso il suono e che, quindi, sono costretti a competere con le fonti di rumore provocato dalle imbarcazioni da diporto, navi mercantili, sonar ed estrazioni in acque profonde.

Il problema non riguarda solo i merluzzi: almeno 800 specie di pesci producono suoni, ma anche quelli che non comunicano con il suono, lo usano per identificare i predatori o individuare un habitat adatto. Scrive Preston: "Un mondo più rumoroso potrebbe quindi avere conseguenze potenzialmente disastrose per i pesci, hanno avvertito gli autori di una meta-analisi del 2018 pubblicata su Global change biology, che ha esaminato 42 studi pertinenti. Il biologo Kieran Cox dell'Università di Victoria in Canada e i co-autori hanno scoperto che il rumore può danneggiare la capacità dei pesci di trovare cibo, può aumentare il rischio di essere mangiati e può ridurre l'attività riproduttiva".

Non solo i suoni, anche le acque torbide disturbano la capacità riproduttiva dei pesci: per vivere, i piccoli spinarelli a tre punte hanno bisogno di acque pulite, sia dolci che salate, vanno bene entrambe, purché siano limpide. "Sono piuttosto carini quando mettono in atto il corteggiamento", ha spiegato l'ecologa Ulrika Candolin dell'Università di Helsinki che studia la popolazione che vive nel Mar Baltico. "Negli ultimi anni l'inquinamento da azoto e fosforo ha fertilizzato le fioriture algali. Nelle acque densamente ricoperte di alghe, sia gli studi di laboratorio che quelli sul campo hanno dimostrato che gli spinarelli hanno difficoltà a riconoscersi. Quando una coppia si connette, la femmina passa più tempo a ispezionare il maschio, come se non fosse sicura di quel che sta vedendo". L'interferenza visiva può danneggiare la selezione sessuale e l'accoppiamento dello spinarello diventa più casuale nell'acqua torbida. Un altro rischio legato alla riproduzione è di non riconoscere chiaramente il proprio partner e accoppiarsi con la specie sbagliata. La vita marina si sta trasformando e si fa sempre più difficile: i pesci sono costretti ad adattarsi, ad affrontare nuovi pericoli, a cercare soluzioni alternative, a riorientarsi, e la colpa è dell'uomo. Ritorniamo dunque alla richiesta iniziale, forse ora non ci sembrerà più così bizzarra: Try, for a moment, to be a fish.

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