SOCIETÀ

Cosa significa abbattere le statue? Le reazioni della società a uno scomodo passato

Negli ultimi tempi abbiamo assistito a numerosi episodi di protesta in seguito all'uccisione di George Floyd e al movimento di protesta Black Lives Matter, che hanno portato alla distruzione o alla vandalizzazione di statue e monumenti, considerati simboli di un passato coloniale dal quale ci si vuole dissociare, come quella di Cristoforo Colombo a Richmond, in Virginia, e quella del mercante di schiavi Edward Colston, a Bristol. Le proteste sono arrivate anche in Italia, dove un gruppo di persone ha deturpato la statua di Indro Montanelli a Milano. Perfino il cult Via col vento ha subito pesanti critiche, rischiando di diventare un “libro proibito”, il che, per alcuni versi, riporta alla mente la proposta avanzata nel 2012, da parte dell'organizzazione no profit Gerush92, di eliminare la Divina Commedia dai programmi scolastici, accusandola di razzismo e antisemitismo.

Per quanto possa essere difficile scindere il valore artistico di un'opera dalle ideologie che rappresenta, è utile riflettere sul significato di questi gesti e sul rischio che il politicamente corretto, se radicalizzato, diventi “politicamente scorretto”, condannando la storia e le memorie di questa storia.

Ne abbiamo parlato con Stefano Sbalchiero, ricercatore al dipartimento di filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata (FISPPA) e docente di sociologia dei processi culturali e metodi per la ricerca sociale all'università di Padova.

Che significato ha, da un punto di vista sociologico, la volontà di abbattere le testimonianze materiali di un passato di cui non si è fieri? Come viene indagato, in altre parole, questo fenomeno?

“Questa è una domanda molto interessante la cui risposta è sicuramente più complessa che complicata. Complessa, prima di tutto, perché ci invita a fare i conti con una serie di significati, attribuiti a degli artefatti come sono le statue e più in generale la monumentalistica, che per loro natura sono compositi, molteplici, multiformi. In secondo luogo, di conseguenza, può risultare difficile, anche al ricercatore più esperto, ricomporre tali significati entro un quadro unitario che sia non solo coerente con l’esperienza del singolo soggetto ma sia anche fedele all’esperienza del gruppo (o dei gruppi) di riferimento. In questo senso, da un punto di vista sociologico, quando parliamo di “memoria” facciamo riferimento alla dimensione del singolo in relazione con una memoria collettiva e sociale.
Data questa premessa, da un punto di vista interpretativo, è opportuno ribadire la consapevolezza che i significati espressi da quelle statue o da quei monumenti sono caratterizzati da una indiscutibile porosità dei propri confini, sia concettuali sia semantici, che necessitano di un qualche tipo di legittimazione sociale.
Di fatto, quello che vediamo accadere in questi giorni nello spazio pubblico, altro non è che il tentativo di una negoziazione e/o una riappropriazione di significati rispetto alle rappresentazioni del passato che variano a seconda dei contesti sociali, delle esperienze individuali e collettive, entro cui prendono forma”.

Il superamento di ideologie retrograde, come il razzismo e le discriminazioni di ogni genere, non fa parte del processo evolutivo umano? Se è così, ha senso condannare persone che, immerse in un contesto storico diverso, ne rimasero assorbite a tal punto da compiere atti che oggi consideriamo moralmente riprovevoli?

“Per cercare di leggere il fenomeno credo sia necessaria una riflessione che preceda la dicotomia “giusto” o “sbagliato” e che si collochi, da un punto di vista sociologico e culturale, entro l’interpretazione degli accadimenti odierni seguendo un'altra prospettiva. Ci sono vari concetti che possono essere utili a questo proposito, a partire da quelli di memoria collettiva e sociale. A livello generale, e seguendo differenti autori, esse possono indicare l’insieme dei quadri di pensiero e quindi dei modi di classificare il mondo.
È chiaro che gli individui, in quanto attori sociali, non solo attingono alle risorse e alle informazioni della memoria collettiva e sociale lungo la linea del tempo e dello spazio, ma essi stessi contribuiscono a costruirle nella reciprocità dello scambio di influenze tra cultura, società e azione sociale.

Gli accadimenti di questi giorni ci parlano esattamente di quella che possiamo definire, da un punto di vista sociologico, una memoria collettiva contesa nello spazio pubblico. Seguendo questo ragionamento, ne derivano diverse implicazioni. Se da un lato la memoria non può essere considerata soltanto un semplice ricordo di ciò che è avvenuto in passato, dall’altro lato significa che nei processi di interpretazione di fatti, protagonisti e accadimenti storici, così come vengono espressi attraverso monumenti o statue nello spazio pubblico, sono e saranno sempre presenti differenti orientamenti o letture che posizionano il dibattito entro le cornici della continuità o della discontinuità, dell’interpretazione autentica e/o quella che intende produrre, o quantomeno promuovere, un cambiamento.

Facciamo un esempio. Per quale ragione la statua di Cristoforo Colombo, così come molte altre che in questi giorni vengono abbattute o vandalizzate in ogni parte del mondo, non vanno incontro alla stessa sorte se esposte all’interno di un museo che ne racconta la storia, anche problematizzandola, attraverso percorsi specifici che mettono in luce criticità e complessità di letture diverse? La principale differenza consiste nello stretto rapporto tra spazio pubblico e legittimazione sociale delle rivendicazioni che vengono espresse.
Quello che sta avvenendo oggi, quindi, è il tentativo di una riappropriazione o di una rinegoziazione di quei simboli e di quei significati così come vengono resi immediatamente accessibili, pubblicamente, attraverso gli artefatti che li incorporano”.

Quali sono gli aspetti di cui tenere conto, secondo la sua opinione, quando si discute del mondo più corretto di fare i conti con il passato? Ricordare gli errori commessi nella storia dovrebbe servire da monito per il futuro. Voler cancellare le tracce del passato non rischia di essere controproducente, in questo senso? Oltre al fatto che un atteggiamento radicalizzato di questo tipo causerebbe la distruzione di gran parte del patrimonio artistico e architettonico in tutto il mondo.

“Ci sono diverse posizioni da questo punto di vista rispetto ai fatti a cui stiamo assistendo. Con uno sforzo classificatorio, e per usare una analogia, possiamo prendere in considerazione due posizioni antitetiche.
La prima che sottolinea come abbattere una statua equivalga, in un certo senso, alla volontà di cancellare una pagina di storia ritenuta lesiva dei fondamentali diritti dell’uomo al fine di riequilibrare una narrazione ritenuta distorta; dall’altra parte, invece, si sottolinea come scarabocchiare le pagine di storia non abbia delle implicazioni rilevanti sul cambiamento della narrazione stessa.
In entrambi i casi, ciò che è rilevante da un punto di vista sociologico, è l’emergere di aspetti conflittuali, di indignazione finanche di protesta all’interno dei processi di negoziazione e legittimazione di una storia, o di una storia che dovrebbe essere diversa da quella precedente.

Interpretazioni contrastanti in competizione reciproca non motivano solamente gli accadimenti in sé (abbattimento o vandalizzazione delle statue) ma si ritrovano anche nelle interpretazioni di quegli stessi accadimenti che animano il dibattito pubblico di questi giorni. Questo perché, come si è avuto modo di accennare poc'anzi, una statua non è solo una statua: incorpora simboli, valori e frammenti di memoria collettiva e sociale che per loro natura stimolano rivendicazioni e affermazioni differenti, anche controverse.

Di conseguenza, posto che risulta indiscutibile la volontà di affermazione dei diritti dell’uomo nella loro più ampia concezione, credo che la domanda che dovremo porci non sia tanto se cancellare il passato, o le tracce del passato incorporate in una statua, significa farlo scomparire, o meno. Piuttosto, occorre essere consapevoli che quello che sta accadendo è un’opportunità per riaprire il dibattito su questioni storicamente irrequiete proponendo (o riproponendo) riflessioni su temi, come la lotta al razzismo, che evidentemente si confrontano con un passato in cui risuonano le preoccupazioni del presente”.

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