SOCIETÀ

Così la pandemia mette a rischio anche la sicurezza

Se ne parla meno, ma il terrorismo non è affatto sparito. In un mondo anzi in cui soprattutto le democrazie rischiano di essere indebolite dalla quarantena forzata e dalla perdita di milioni di posti di lavoro, è forte il pericolo che la violenza torni a rialzare la testa. Di questo si è parlato alla prima edizione della Spring School in Terrorism and Security Politics, che si è tenuta eccezionalmente on line dal 27 al 30 maggio e ha visto Padova leader di un network di dieci università partner, tra cui College d’Europe di Bruges, Humboldt Universität di Berlino, Paris 1 Panthéon-Sorbonne, università di Urbino, accademia militare di Saint-Cyr, St. Andrews, Moscow State Institute of International Relations e università Roma 3.

L’utilizzo della violenza terroristica ha avuto una profonda influenza sulla storia globale, dall’inizio della prima guerra mondiale agli attentati alle Torri gemelle del 2001: per questo è ancora importante parlarne e studiarlo. “Il terrorismo è ancora un aspetto importante delle relazioni internazionali – spiega Valentine Lomellini, coordinatrice scientifica della Spring School –. Per questo dobbiamo considerarlo in una prospettiva storica: si tratta di un fenomeno ciclico e questo non deve spaventarci ma persuaderci che il momento migliore per studiarlo e per pensare come prevenirlo è adesso, in un momento il pericolo almeno in Europa sembra affievolito”.

Servizio di Daniele Mont D'Arpizio, montaggio di Elisa Speronello

“Questo dovrebbe essere chiaro non solo all’opinione pubblica ma anche alla classe dirigente – continua Lomellini –, che dovrebbe approfittare del momento per sviluppare una cultura della crisi, per non ritrovarsi all’ultimo momento a gestire le emergenze”. Soprattutto perché anche la crisi sanitaria ed economica minaccia di avere conseguenze anche nelle possibili strategie dei terroristi. “Nell'immediato si è tentato di usare la pandemia a fini di propaganda: i jihadisti ad esempio l’hanno presentata come punizione divina nei confronti dei miscredenti. Bisogna però anche considerare il medio termine, in cui il Covid-19 rischia di esacerbare le tensioni sociali che ispirano varie forme di estremismo violento: non solo e non tanto nei Paesi occidentali ma soprattutto in Africa e in Medio Oriente”.

Meglio quindi fare prevenzione ora, piuttosto che aspettare che la violenza riappaia. Tanto più che la oggi le società democratiche sono rese ancora più fragili dall’emergenza sanitaria. Così almeno pensa il rettore del College d’Europe Jörg Monar, storico di formazione e considerato uno dei maggiori esperti di politiche per la sicurezza in Europa: “Anche se normalmente consideriamo la pandemia innanzitutto questione di salute pubblica, non di meno attraverso una sorta di spillover il Covid-19 può mettere in pericolo la nostra sicurezza anche da un punto di visto più ampio. Quando ad esempio una grande massa di persone inizia a usare tecnologie informatiche per comunicare da remoto, come stiamo facendo per questa intervista, questo rappresenta anche un rischio considerevole anche per la nostra sicurezza”.

Se un primo legame tra salute e sicurezza può quindi essere rappresentato dalla cybersecurity, un altro può venire dalla crisi economica: “Gli Stati si preparano a spendere moltissimo per stabilizzare le loro economie. Si tratta di un’ottima ragione, dato che l’instabilità economica può essere molto pericolosa: la storia ci ha mostrato che in caso di recessione, come ad esempio nella Germania degli anni ‘20, c’è anche una crescita dei rischi legati all’instabilità sociale. D’altra parte questo però può significare che ci saranno meno risorse per sicurezza, intelligence e difesa, in un contesto in cui l’ordinamento internazionale appare particolarmente fragile”.

L’Europa nella sua storia non ha mai avuto tutti questi strumenti: il loro utilizzo dipende però dipende dai governi nazionali

Anche in questi tempi quindi non bisogna perdere di vista il terrorismo: “Se ne è parlato meno ed è stato combattuto con efficacia, ma questo non significa che sia sparito – prosegue Monar –. Sono ancora presenti minacce di tipo jihadista, anche se c’è stato un calo a causa dello smantellamento dello Stato islamico; siamo però ancora vulnerabili a questo tipo di attacchi, non facili da prevenire perché spesso arrivano da attori isolati, magari armati solo di un coltello. Ci sono poi anche i movimenti separatisti in diversi Stati, e soprattutto in Germania ultimamente si parla molto del terrorismo di destra”.

In una situazione del genere la prevenzione diventa vitale: per combattere il terrorismo infatti non c’è bisogno di aspettare di avere attacchi e vittime. E per contrastare le minacce soprattutto negli ultimi anni è divenuta preziosa la collaborazione in ambito europeo: “Continuare a vigilare è d’obbligo, ma probabilmente l’Europa nella sua storia non ha mai avuto tutti questi strumenti per rispondere. Soprattutto dopo il trattato di Amsterdam c’è un forte coordinamento a livello di polizia, di indagini e di intelligence”.

Persiste però quello che Monar chiama ‘elemento schizofrenico’: da una parte gli stati membri danno un alto mandato all’Europa di creare sicurezza per i cittadini, di cui però rimangono i soli responsabili. La sicurezza interna rimane infatti una funzione chiave per gli Stati membri, che comprensibilmente se la tengono ben stretta. Ma le minacce oggi sono tanto più gravi e presenti in quanto l’Ue è basata su una serie di libertà comuni, tra cui quella di spostarsi e di traferire somme di denaro liberamente da un Paese all’altro. “Bisogna tenere conto che l’Unione non è uno Stato – conclude Monar –, non può quindi essere comparato con le possibilità dei 27 diversi Paesi membri, ciascuno con un proprio sistema giuridico, le proprie forze dell’ordine, le proprie politiche e le proprie priorità. Molto è stato fatto in questi anni: gli strumenti ci sono ma devono anche essere usati, e questo dipende dalla volontà politica dei governi nazionali e dalle loro capacità. A volte collaborano, a volte purtroppo no”. Lo abbiamo visto proprio in questi giorni con il Coronavirus.

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