SOCIETÀ

Covid-19, libertà di movimento ed etica della responsabilità

La pandemia ci dà poca libertà di movimento e forse comprendiamo meglio quanto potersi muovere con una maggiore relativa libertà sia decisivo per la nostra vita, individuale e collettiva, per quanti più umani possibile, per quanto più tempo possibile, in quanti più luoghi possibile, con quanti più mezzi a disposizione possibile. L’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riguarda il movimento dentro e fra gli Stati, stabilisce questi principi giuridici: “Ognuno ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni nazione. Ognuno ha il diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.” Il primo comma determina una libertà individuale e collettiva di movimento e di migrazione interna al singolo Stato nazionale e, poi, con l’articolo 29 si precisa che eventuali limitazioni devono essere stabilite dalla legge per rispettare diritti e libertà di altri. L’articolo 16 della Costituzione Italiana fissa norme analoghe: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche”.

Il secondo comma della Dichiarazione Universale determina, inoltre, una generale libertà individuale e collettiva di migrazione esterna, come andata, come ritorno, come andata senza ritorno, come andata con ritorno. Libertà di partire, diritto di restare. Diritti umani in patria, libertà di migrare altrove. Un divieto di movimento così come una migrazione forzata sono di norma arbitrari e vietati, transitoriamente ammissibili solo in casi rari ed eccezionali. Non è riconosciuto giusto solo da antichi diritti civili ma anche confermato realistico da recenti conoscenze neuroscientifiche. Come ormai si è scoperto, la mente umana si fonda sul movimento. Il movimento è all’origine e ha un ruolo fondamentale e basilare nello sviluppo della cognizione e della conoscenza. La mente (cervello più corpo) non si limita a pianificare i movimenti, è “formata” dai movimenti. Le nostre capacità cognitive così come il nostro stesso essere sociali sono, a ben vedere, figli soprattutto dei nostri arti.

Movimenti e migrazioni non coincidono, lo sappiamo. Quasi mai, muovendosi, si verifica un cambiamento stabile di residenza. Durante la pandemia in corso, la libertà di emigrazione dal proprio paese e la differente libertà di immigrazione in un altro paese, anche temporanee e lavorative o turistiche, sono state comunque quasi annullate dalle scelte autonome di grandissima parte degli Stati del mondo, anche all’interno di quell’unica Unione di Stati che conosciamo in base all’esperienza europea. Per le persone fisiche (più che per le merci) c’erano molte restrizioni anche prima, asimettriche fra i vari paesi: i selettivi visti in aggiunta ai passaporti, i divieti d’ingresso, i muri costruiti e in costruzione, il mancato riconoscimento del diritto d’asilo e dei profughi climatici, i rimpatri immotivati. Da inizio 2020 e non si sa fino a quando, superare il confine del proprio Stato per qualsiasi ragione (lavoro, turismo, ricongiungimento familiare o altro) è impossibile salvo rarissime eccezioni singole e militarmente controllate. Anche questa situazione sanitaria è destinata a evolvere, la libertà di movimento esterna, fra Stati, ha valore decisivo per la comunità umana, dovremo tornarci sopra. La pandemia Covid-19 è certamente un caso eccezionale ed è pure un fenomeno migratorio. Il futuro della sancita libertà internazionale di migrazione è incerto, sarà tutto da scrivere, meglio se a partire dai due Global Compact entrati in vigore a fine 2018. Limitiamoci qui per ora a verificare meglio la sofferenza per la carente libertà di movimento interna, fra stanze, appartamenti, case, quartieri, comuni, regioni, ecosistemi del nostro territorio nazionale. Si tratta dei minimi vitali movimenti corporali e pesa molto il loro confinamento a pochi metri quadrati (centinaia per i più fortunati). 

L’obbligo di restare a casa non ha comportato ovviamente divieto di movimento per tutti e permanente. Il grado di libertà si è ridotto, non si è annullato, per alcuni meno che per altri (i lavoratori indispensabili alla sanità e, ora, all’economia), in qualche parte più che in altre (come nel caso delle quarantene e delle prime zone rosse o nella prospettiva di una certa articolazione territoriale a macchia per le riaperture dal 18 maggio). La libertà è sempre relativa, mai assoluta. E, magari, il minor grado di libertà di movimento è l’occasione per solidarizzare di più con chi è permanentemente disabile al movimento, da prima del coronavirus. Abbiamo sperimentato sulla nostra pelle che la restrizione del movimento provoca disagi fisici e psichici, personali e sociali, ci manca uscire, ci manca la compagnia. Nel contempo, il movimento fisico di contagiati e malati ha già provocato focolai che hanno collassato il sistema sanitario. Sono morti tanti concittadini, tanti altri sono stati in pericolo di vita, curati a casa o in ospedale. Bloccare o limitare l’ampia libertà di movimento è divenuto una priorità di salute pubblica. 

Movimenti fisici di più persone implicano più contagi probabili, questo il nesso che caratterizza e caratterizzerà anche tutto il prossimo periodo, probabilmente fino alla somministrazione di massa di un vaccino, tra molti mesi, forse più di un anno, vedremo. Intanto, nella fase acuta della pandemia, da circa due mesi, per ragioni di indiscutibile necessità e urgenza il governo ha disposto forti limitazioni ai diritti di libertà, in particolare a quello di movimento esterno alle residenze e di circolazione. Ora, dal 4 maggio tali vincoli potranno e dovranno progressivamente ridursi. Sarà permesso uscire più spesso e muoversi all’interno dell’intera regione di appartenenza. La comprovata motivazione riguarderà un maggior elenco di lavori e attività. Andremo a trovare congiunti, andremo ad agire fuori più che collegarci in video e attendere consegne. Assaporiamolo, questo maggior grado di libertà, ce lo siamo conquistati!

La questione diventa come muoversi facendo meno contagi possibile. Oggi si fanno tamponi e test in maggior quantità e più rapidamente, si sono sperimentate cure un poco più efficaci, sono tornati disponibili posti in terapia intensiva, vi sono stati più frequenti turnazioni e aumento degli organici di medici e infermieri, il sistema sanitario nazionale pubblico dovrebbe poter sostenere una leggera crescita di contagiati e di malati Covid-19. Però, per noi stessi e per tutti, più tardi ci contagiamo e meglio è. E, nel caso, meno proprio ci ammaliamo e ancor meglio è. Sono state approntare regole nuove di mobilità connesse sia alla prevenzione sanitaria che, spesso, alla sostenibilità ambientale. Rispettiamole tutte, vediamo bene le più utili a noi, in prospettiva quelle da rendere permanenti. Seguiamo con rispetto l’andamento della ventina di indicatori per il controllo e il monitoraggio della pandemia predisposti e ordinati dal Ministero della Salute. 

Le abitudini si cambiano con altre abitudini, non per decreto. Una società libera è il combinato disposto di leggi generali e astratte (che non impongono come si vive la propria autonoma specificità) e comportamenti individuali e concreti (che non sopraffanno la libertà di altri e la sopravvivenza degli ecosistemi). La nostra individualità non può essere modellata giuridicamente, al contempo ogni individuo può riconoscersi come egualmente umano e meticcio. Per questo il confinamento in casa, nel comune, in regione, nello Stato, nel continente, alla lunga non tengono. E avremo bisogno di riconquistare quanto maggior grado di libertà di movimento possibile, di guardare oltre l’orizzonte, di superare le barriere con creatività. Ecco la partecipazione responsabile di ciascun umano sulla Terra a fronteggiare la sfida della biodiversa convivenza con animali, vegetali, batteri e virus! 

Con il 4 maggio riprenderanno gli spostamenti di milioni di concittadini. A piedi, in bici o in monopattino, a motore con combustibili diversi, per terra mare e cielo. Si tratta di evitare che l’auto privata sia l’unica soluzione, occorre potenziare la mobilità sicura e non inquinante, innovare trasporto pubblico e sharing mobility. E puntare su riduzione del traffico, corsie plurime e sensi unici, orari ampliati di uffici e commerci, servizi di prossimità, cortili e piazze all’aperto. Ogni cittadino e ogni istituzione possono raccordarsi per realizzare prevenzione sanitaria e mobilità sostenibile. Se ne parla da decenni e finora si è fatto non molto e in modo disomogeneo (vi insistono spesso gli ecologisti seri). Ricordo che oltre venti anni fa fu disposta l’adozione di un mobility manager in ogni medio o grande luogo di lavoro a livello sia di strutture pubbliche che di aziende private, serve ancora un ufficio diffuso che metta insieme competenze biologiche, epidemiologiche, urbanistiche, architettoniche, sociologiche, psicologiche. Qualcuno che sappia di scienza ed evoluzione del movimento, di storia e teoria dei movimenti di massa e le sappia applicare a noi nel contesto socio-sanitario dell’emergenza in corso. Per certi versi, dal punto di vista del controllo della pandemia saranno più sicuri i trasporti a piedi e in bici, in metro e bus, con treno e aereo, con predeterminate regole pubbliche ed estesi orari controllati, piuttosto che quelli con mezzi privati individuali con combustibili fossili. Il problema sono i costi di un trasporto collettivo che rispetti davvero le indicazioni per evitare o ridurre il contagio. Un trasporto sano e pulito in tutt’Italia appare decisivo, visto che è essenziale per noi e per l’economia programmare anche il movimento turistico nelle prossime settimane primaverili ed estive. E simili ragionamenti dovranno riguardare anche le indispensabili attività artistiche e culturali, lo spettacolo dal vivo. Non ogni evento è fattibile a casa propria. Ecco, l’etica della responsabilità del movimento, non per cieca ubbidienza (non solo per ubbidienza, oggi) ma per realistica libertà.

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