Finalmente si è chiuso un cerchio. Se si escludono i cinesi, scagionati quasi subito, all'inizio i presunti untori erano i bons viveurs alla Oscar Wilde, che incuranti dell'emergenza a cui si andava incontro continuavano imperterriti con i loro aperitivi sui Navigli (non sarà il Tamigi, ma si fa quel che si può). Poi è stata la volta dei runner, che chilometro dopo chilometro portavano la pandemia in sobborghi sconosciuti, magari in un bar di Vo' Euganeo. In quel periodo qualcuno ha anche sfoderato le spade della retorica contro gli anziani che si facevano la briscola al bar anche se erano la categoria più a rischio, ma pochi gli hanno dato ascolto, perché quasi contemporaneamente l'ira del web era convogliata verso i proprietari dei cani, che obbligavano le povere bestie a passeggiate igieniche fin troppo frequenti, per avere una scusa per andare in giro per il quartiere e controllare che nessuno andasse a correre.
Per finire, qualcuno ha mal interpretato Helen Lovejoy, che si chiedeva ossessivamente: "Perché nessuno pensa ai bambini?" e ha convenuto che sì, i bambini, con la loro pessima abitudine di leccarsi le mani, raccogliere cose da terra e toccare i giocattoli, erano plausibilmente i vettori del Covid-19. Sommessamente poi si è passati agli animali da compagnia: se una tigre può ammalarsi di Covid-19, certamente può succedere a un gatto. E i cani? Leccano più cose dei bambini, e poi ci giocano. Con le cose, ma anche con i bambini. Dai cani ai porcellini d'India, il passo è breve, ma prima di chiamare in causa tutta la Vecchia fattoria è successo qualcosa: si è entrati nella fase due.
Quando però il nemico è evanescente come può esserlo un virus minuscolo, anche il suo vettore umano (o canino, per tacere di pangolini e pipistrelli che comunque non se la passano bene) tende a cambiare secondo la moda del momento. E così abbiamo già deciso: se ci sarà un nuovo picco, la colpa sarà da attribuire ai giovani che fanno aperitivo. È il gioco dell'eterno ritorno, anche se si spera che la ricerca possa tirare fuori dal cappello una cura o un vaccino prima che qualcuno ricominci a prendersela con i porcellini d'India.
Certo, nessuno vuole negare che alcuni giovani non rispettino il metro di distanza (indossare una mascherina mentre si beve lo spritz è piuttosto complicato, almeno finché non inventeranno un'abbinata cannuccia&mascherina a tenuta stagna), che l'alcol allenti i freni inibitori, che solitamente fanno scattare un atteggiamento prudente, o che rispettare la normativa vigente sia per i bar più o meno come il tentativo di un autocarro di parcheggiare in un garage riservato alle Smart.
Il problema sorge quando si mette in atto una categorizzazione, soprattutto se non ci si basa su evidenze scientifiche. Pur essendo ancora in fase di elaborazione, le statistiche sembrano concordare su un fatto: la maggior parte di coloro che si ammalano di Covid-19 fa parte del personale medico e dei degenti in strutture sanitarie o di cura. Salvo qualche, per fortuna isolato, episodio di cronaca, nessuno si è mai sognato di dare ai medici la colpa della diffusione del virus, e per quanto riguarda anziani e malati il sentimento di clemenza è stato pressoché unanime. Curiosamente, la levata di scudi del popolo del web contro chi ha fatto poco o nulla per prevenire questo tipo di situazione è stata molto tiepida: piuttosto che con la politica, preferiamo insomma prendercela con i runner, con i bambini, con i protagonisti della movida che trasforma Trambacche centro in un'immaginaria Rio de Janeiro a carnevale.
Ma perché avviene questa categorizzazione? Un po' perché, come dicevamo con Claudio Riva, sociologo dei media e presidente della triennale in Scienze sociologiche a Padova, poche settimane fa "La responsabilità individuale nella gestione del lockdown, per come è stata posta dai media e dalle istituzioni, ha subito aperto all’idea che, se la curva dei contagi scende lentamente, la responsabilità sia nostra, e così quotidianamente viene additato un colpevole: il runner che corre in spiaggia, chi porta a passeggio il cane, chi prende il sole in riva al mare, la mamma che vuole acquistare pennarelli in cartoleria, l’anziano che gioca a briscola con gli amici in mezzo al bosco, la famiglia che organizza il barbecue in terrazza e via dicendo".
Per altri versi, la categorizzazione dipende da quella tendenza che ha l'essere umano fin dalla notte dei tempi a cercare le cause dei fenomeni che ravvisa intorno a lui. Questo processo ha portato sì al progresso scientifico, ma anche a esternazioni di dubbia attendibilità. Ed ecco che il coronavirus è stato causato da un gruppo di scienziati cinesi che volevano mettere in ginocchio l'economia occidentale, anzi no, è stato Bill Gates che vuole vendere il suo vaccino e diventare (sic) miliardario, anzi no, sono quei barbari che hanno rapporti sessuali con i pangolini, o forse è la natura che si ribella a questi esseri umani senza ritegno. Anzi no, facciamo che è tutta colpa della movida e non se ne parli più. Almeno fino alla prossima volta.
Gioiscono intanto gli irriducibili della briscola del martedì sera, dei tornei di scopa del giovedì e del pokerino del weekend (età media: 82). Anni di esperienza hanno insegnato loro a non dare troppo nell'occhio, e così, zitti zitti, con la mascherina appesa al collo, continuano coriacei a portare avanti le loro abitudini sapendo che, se proprio butterà male, potranno dare la colpa alla movida e ai consumatori seriali di spritz.