SOCIETÀ

Crisi dell'acqua: soluzioni locali a un problema globale

Secondo il rapporto dell'Onu, entro il 2025, due miliardi di persone vivranno in Paesi o regioni colpite da scarsità d'acqua e due terzi del mondo saranno interessati da problemi derivanti dal mancato accesso ad adeguate risorse idriche.

L'acqua è al centro di un crocevia di questioni cruciali per la sostenibilità, che vanno dalla produzione di cibo a quella di energia, dall'inquinamento e dalla diffusione delle epidemie allo sfruttamento di quei servizi ecosistemici che non vengono misurati dagli indicatori economici.

Per affrontare un tema così interdisciplinare è stato riunito a Padova un think tank di esperti in un convegno di due giorni, Water futures, organizzato da Università di Padova, Ministero italiano per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Ministero israeliano per la Scienza, la tecnologia e lo spazio, e la University of California – Berkeley (Usa).

Sia la California sia Israele sono aree fortemente soggette a siccità e a mancanza di acqua. Entrambe però hanno investito in ricerca e sviluppo di tecnologie e metodi per utilizzare le risorse idriche nel modo più efficiente possibile.

Padova pure è un punto di riferimento mondiale per gli studi sull'acqua, a partire dalla storia del suo ateneo: Giovanni Poleni (1683 – 1761), cui fu assegnata la cattedra di astronomia all'università di Padova e fu membro della Royal Society, fu anche pioniere negli studi di idraulica. “Padova ha una grandissima tradizione di idraulica e di studi di risorse idriche” spiega Paolo D'Odorico, Alumno patavino con laurea in ingegneria idraulica e ora professore all'università di Berkley, “ma è una tradizione che non resta relegata nel passato, è all'avanguardia ancora oggi in questi studi, e io provengo proprio da questa scuola”.

I numeri portati da D'Odorico al convegno dicono che l'85% dell'acqua è utilizzata dalle società umane per produrre cibo in agricoltura. Il 19% delle terre agricole sono irrigate e producono il 40% del cibo mondiale. Eppure, secondo D'Odorico il 40% dell'acqua destinata all'irrigazione è usata in modo non sostenibile.

La popolazione è in crescita: dal 1970, ogni 14 anni circa, la demografia ha segnato un aumento di un miliardo, e nel giro di pochi anni è atteso il raggiungimento di quota 8 miliardi. Parallelamente all'aumento demografico si registra una diversificazione delle diete su scala globale. A fronte dell'aumento della domanda, molti Paesi non hanno abbastanza acqua per produrre il cibo di cui hanno bisogno.

Il problema della scarsità d'acqua è strettamente collegato al riscaldamento globale: più arida la regione, più drammatica sarà la sua condizione idrica. L'acqua è un problema globale, certo: lo dimostra il fatto che la crisi dell'acqua è arrivata persino in Sud Africa, a Cape Town. Ma è gestibile come problema locale, perché l'acqua che viene sprecata a Padova condiziona le risorse idriche del Veneto, non del Medio Oriente. È un problema geograficamente confinato, a differenza del cambiamento climatico: le emissioni di anidride carbonica di una regione hanno conseguenze che si ripercuotono sul lungo periodo su tutta l'atmosfera del pianeta. La crisi dell'acqua dunque, in linea di principio, è un problema che può essere gestito localmente, con le giuste misure, i giusti investimenti, le istituzioni dedicate e con la pianificazione.

Un esempio viene proprio da Israele, un Paese relativamente giovane che è riuscito, grazie al sistema legislativo, a far fronte alla gestione di una risorsa, la cui scarsità è e sarà sempre di più fonte di conflitto.

“In Israele l'acqua è un bene pubblico” spiega Yacov Tsur, della Hebrew University di Gerusalemme, “non può essere dei privati, è interamente posseduta e gestita dallo Stato, che ne decide il prezzo e la distribuzione. L'acqua non può essere soggetta alle dinamiche di mercato, soprattutto in situazioni critiche come quella mediorientale. Occorre pianificazione, regolamentazione e una gestione centrale delle risorse idriche. L'acqua in Israele è misurata con estrema precisione, e non è possibile estrarre acqua senza un permesso. Le autorità locali rivestono dunque un ruolo molto importante. L'acqua non può essere considerato un bene privato in termini economici, perché ha molte esternalità, coinvolge molte persone, in molti casi è una risorsa comune, e pertanto deve venire gestita da un organo centrale. Ma occorre fornire i giusti incentivi, occorre educare la gente a un giusto consumo”.

Oltre alla gestione centralizzata, Israele ha investito molto sull'innovazione tecnologica. “L'irrigazione a goccia è stata inventata in Israele e questo è il sistema impiegato in gran parte della nostra agricoltura” continua Yacov Tsur. “Permette di risparmiare acqua ed è molto efficiente”. Israele ha investito moltissimo anche negli impianti di desalinizzazione negli ultimi 15 anni. L'acqua desalinizzata copre il 60% del consumo domestico, un numero impressionante. Più del 50% dell'acqua utilizzata negli impianti di irrigazione proviene da fonti di acqua recuperata. “Al momento è come se un litro d'acqua ad uso domestico valesse in realtà un litro e mezzo, perché la metà di quell'acqua viene riutilizzata negli impianti di irrigazione. Tutta l'acqua di uso domestico e industriale viene raccolta e buona parte viene riutilizzata. Non tutta, perché ci mancano ancora le infrastrutture adatte per raggiungere il 100%, ma contiamo di arrivarci”.

Infine per garantire il soddisfacimento della domanda di cibo globale, secondo David Zilberman, dell'università di Berkley, sarà necessario rivolgersi alle biotecnologie, come il genome editing, per sviluppare varietà agricole più resistenti ai patogeni e che contribuiscano a sprecare meno acqua possibile. Il ventunesimo secolo sarà il secolo della biologia, secondo Zilberman, e perdere il treno delle biotecnologie significherebbe perdere una grande opportunità.

Diversamente da quello che accade negli Stati Uniti, l'atteggiamento verso gli Ogm in Europa non è molto favorevole, ma penso che nel tempo cambierà” commenta Yacov Tsur. “Ovviamente non c'è niente che si può dire contro questo tipo di atteggiamenti, è qualcosa che ha a che fare con la psicologia delle persone. Non esiste alcuna evidenza scientifica di alcun risvolto problematico legato alla salute, associato agli Ogm. Ma se il pensiero comune è questo va rispettato”.

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