Stefano Reolon nel suo atelier. Foto: Massimo Pistore
Raggiungiamo la soffitta della grande casa di famiglia a Vigodarzere, alle porte di Padova, e, una volta entrati, restiamo a bocca aperta: le pareti accolgono grandi opere di “gusto rinascimentale”, raffinati studi di corpi nudi e in movimento che tanto ricordano l'arte di Michelangelo. Figure leggere e al tempo stesso potenti ci osservano di sottecchi tenendoci stretti in un ideale abbraccio. Sul tavolo, moltissimi disegni; a terra, altre tele con ritratti. E poi colori, rotoli di carta, cartone, vari strumenti e materiali di lavoro organizzati in diversi contenitori. Una luce morbida entra dalle finestre che danno sul giardino, illuminando dolcemente lo spazio e le opere che l'artista ama rimaneggiare per poter esplorare le possibilità e i passaggi di stile nel tempo.
"Lavoro in fretta, produco tanto, ho sempre nuovi progetti nella testa, ho bisogno di trovare tutto facilmente: per questo motivo ho sistemato lo spazio rendendolo funzionale e pratico, so dove trovare ciò che mi serve". L'atelier del protagonista del ventottesimo episodio della serie sembra una scenografia allestita per l'occasione, ma qui è tutto vero, vivo, bellissimo e funzionale. Stefano Reolon, modi gentili e doti da oratore, scenografo lo è davvero, di più, lo è all'origine, perché il suo percorso artistico inizia proprio con studi specifici all'Accademia di Belle arti di Venezia. Scenografo, con significative esperienze in Rai, ma anche pittore, costumista, disegnatore con una passione per la fotografia, la scultura, la danza e in particolare i Balletti russi: "Un artista a tutto tondo", come ama definirsi. "Negli anni la mia professionalità si è trasformata ma tutto inizia con la scenografia, il costume e la moda, miei grandi amori".
"Lo spazio in cui ci troviamo è la soffitta della casa dei miei genitori: quando entro, ogni mattina, mi sento accolto e completamente dentro il mio mondo. Qui posso lavorare sporcando molto e per me questo aspetto è fondamentale: mi posso focalizzare sulle opere e, se devo lanciare un colore, so di poterlo fare. La pareti sono attrezzate con il legno: anni fa lavoravo su grossi e solidi telai di legno ma si veniva a creare un problema di stoccaggio, ora invece riesco a tirare la tela o la carta sul legno e da lì, una volta conclusa, l'opera può essere tolta e arrotolata. Mi piace questo spazio anche se non mi lega nell'atto creativo, potrei lavorare altrove: in uno studio più grande, per esempio un capannone, meno poetico ma con tante e grandi pareti da riempire velocemente. Questo mondo ormai mi possiede e potrei portalo ovunque".
Servizio di Francesca Boccaletto e Massimo Pistore
“ Ogni corpo è sacro e bellissimo, sempre Stefano Reolon
"Oltre alla bellezza della pelle e delle sue pieghe, il nostro corpo registra la vita: è una testimonianza visiva. Per questo, per me, poter avere un modello davanti è un onore: il corpo mi parla in maniera profonda, è sacro e bellissimo, sempre".
In Reolon convivono differenti anime e intenzioni d’esplorazione e indagine, con lo sguardo che passa "dallo svestimento al vestimento: la relazione tra il denudarsi, il ritrovare ciò che siamo in natura, e il linguaggio che adottiamo attraverso il costume. In questo dialogo ritrovo, oggi, gran parte del mio mondo e lo amo tantissimo". Una ricerca attenta e complessa sull'anatomia e sul costume, "sulla bidimensionalità della stoffa che, poi, diventa volumetrica quando viene indossata da una persona". Un interesse per il corpo puro, "con una connotazione michelangelo-rubensiana, e per l'abito, strettamente legato al teatro, ovvero l'immagine che adottiamo per affrontare il mondo".
"Amo tutto dell'arte ma, ovviamente, dentro di me esiste una hit parade. Al primo posto ci sono Michelangelo, possente e totemico, e Rubens, in cui tutto si muove veloce, nulla è fermo, due aspetti che mi appartengono. Ma, va detto, il figurativo è grandioso sempre: stimo tutti gli artisti che hanno affrontato questo tema, anche in maniera accademica, penso alla scuola ottocentesca e ad alcune espressioni del figurativo contemporaneo americano. A fare sintesi, secondo me, è il lavoro del grande coreografo greco Dīmītrīs Papaïōannou, talento della danza contemporanea che usa il corpo nudo in modo sublime. La sua è un'opera d'arte totale".
“ Lavoro su formati grandi proprio perché ho bisogno che le figure mi vengano a rapire: sono giganti che entrano nella mia vita e nel mio spazio con una prepotenza che mi rende felice Stefano Reolon
"Il mio lavoro è sempre legato al corpo e inizia con un’ossessione, un rumore di fondo che non mi lascia mai. Parto con il desiderio di far apparire una figura davanti ai miei occhi, con cui mi relaziono. La relazione è potente. Lavoro su formati grandi proprio perché ho bisogno che mi vengano a rapire: sono giganti che entrano nella mia vita e nel mio spazio con una prepotenza che mi rende felice. Con loro riesco a dialogare, li sento presenti [...] Ultimamente ho iniziato a portare dentro i miei lavori la simultaneità: lascio che i segni del movimento del corpo restino visibili". E sul processo di creazione - che si consuma in silenzio o accompagnato, talvolta, da musica classica - Reolon aggiunge: "Comincio con schizzi e studio vari passaggi in piccole dimensioni ma, una volta giunto sul foglio o sulla tela, dimentico tutto e rilascio un’energia inaspettata. Ritrovo la figura del bozzetto con una posa diversa e questo crea una tensione che mi piace si riesca a percepire nell'opera finale".
Atelier d'artista
Una serie ideata e realizzata da Francesca Boccaletto e Massimo Pistore
Intervista di Francesca Boccaletto, riprese e montaggio di Massimo Pistore
Con la consulenza artistica di Giulia Granzotto
Tutti gli episodi della serie Atelier d'artista sono QUI