CULTURA

Nado Canuti. Bastano tre dita per "scolpire" una vita straordinaria

Questa è la storia di un artista, di un uomo, di un partigiano, di un padre ma, prima di tutto, è la storia di un ragazzo, vivace e curioso, nato e cresciuto a Bettolle, paese della provincia di Siena. Nel 1943 c'è la guerra, Nado ha appena lasciato l'infanzia per entrare nell'adolescenza. Da un giorno all'altro la sua vita viene stravolta e in un attimo, per tutti, diventa Tre dita: sopravvive a un'esplosione, un ordigno bellico ritrovato in un campo gli scoppia tra le mani, dilaniandole. A portarlo in ospedale è un soldato tedesco. 

"Dio aveva impedito che a saltare fosse la mia testa, o magari i miei occhi, ma anche le mani, ne converrete, hanno una loro discreta utilità [...] Là dove una volta c'era la mia mano, adesso c'era un gigantesco buco [...] Il braccio destro invece somigliava più a uno zampone. Sì perché a differenza dell'altro, qui la bomba mi aveva lasciato tre dita". La vicenda umana dello scultore Nado Canuti ha ispirato un romanzo che rintraccia gli eventi di una esistenza fuori dal comune: la storia inizia quando tutto cambia, fa luce sull'assurdità della guerra, esalta il valore dell'amicizia, della resilienza e del coraggio, intreccia fatti reali e racconto di fantasia. 

L'autore di Tre dita, appena pubblicato da uovonero, è il figlio di Nado, Massimo Canuti, che ha raccontato a Il Bo Live: "Vedendolo invecchiare, negli ultimi anni, ho accarezzato l'idea di scrivere una storia che parlasse della sua vita". Una vera e propria sfida, perché raccontare la storia del padre, rintracciando gli anni cruciali della giovinezza segnata da un trauma devastante, non è stato facile. "Quando ero piccolo, lo vedevo sempre con le mani in tasca e mi chiedevo che cosa mai potesse nascondere lì dentro. Anni dopo ho capito che in quelle tasche c'era questa storia e io dovevo raccontarla - spiega Massimo Canuti, condividendo un ricordo d'infanzia -. Come artista, mio padre vuole essere giudicato per le sue opere: realizzarle con tre dita o con dieci, a lui poco importa".

Pur essendo stato scritto per un pubblico di ragazzi e ragazze, questo libro è un'occasione senza età per scoprire una storia eccezionale e riflettere sulla sciagura dei conflitti: a portare Nado all'ospedale, dopo lo scoppio dell'ordigno, fu un soldato tedesco di stanza nel paese. "Mi capita di ripensare a quel tedesco - spiega Massimo -. In quell'istante non ragionò secondo le categorie di nemico o amico. Pensò a salvargli la vita. L'assurdità della guerra sta tutta qui".

Quando ero piccolo, lo vedevo sempre con le mani in tasca e mi chiedevo che cosa mai potesse nascondere lì dentro. Anni dopo ho capito che in quelle tasche c'era questa storia e io dovevo raccontarla Massimo Canuti, figlio di Nado e autore del libro "Tre dita" (uovonero)

La vita di Nado Canuti è costellata di ferite e gioie, ostacoli e glorie. Tante storie vivono dentro di lui. Ancora ragazzo fiancheggia il movimento antifascista consegnando ai partigiani le armi rubate ai tedeschi, e anni dopo, nel 1959, esordisce come pittore e scultore autodidatta, portando nella sua produzione artistica il bagaglio della sua esperienza umana. Negli anni Sessanta lascia il lavoro all'Italsider di Piombino e si trasferisce a Milano, dove ottiene i primi successi di critica e inizia a dedicarsi assiduamente alla scultura. In oltre sessant’anni di attività, ha tenuto più di 70 personali e 150 collettive in Italia e nel mondo. Le sue opere sono state accolte in musei italiani e stranieri, in collezioni pubbliche e private, in chiese e santuari. 

Accanto al libro, trova posto il documentario. Nado, realizzato da Daniele Farina con la collaborazione di Massimo Canuti, ora in tour nei festival, racconta l’avventura nella sua interezza, svelando dettagli della carriera artistica e condividendo ricordi privati, illuminando il talento, le svolte, le sfide, esplorando con cura e rispetto l’anima pura dell’essere umano. Viene presentato come viaggio intimo e potente alla scoperta di un grande scultore italiano del Novecento. Ed è così: attraverso interviste allo stesso Canuti, oggi novantaseienne, ai suoi familiari (la moglie e il figlio), ad amici, artisti e galleristi viene tratteggiato il profilo di un bambino, figlio di un'Italia ferita dalla guerra, e di un uomo giusto e sensibile, che ha saputo affrontare le tempeste della vita trasformando ogni ostacolo e ogni dolore in materia da scolpire.

"L'arte mi aiuta a vivere - spiega Nado nel documentario -. Dentro di me c'è un sentimento che mi sollecita, mi spinge ad andare ancora avanti, a oltrepassare la gioia”. Come racconta il figlio Massimo, Nado ha sempre affrontato e superato le difficoltà, prima tra tutte la perdita di sette dita, grazie alla sua incredibile forza di volontà. "Ora però c'è un ostacolo insuperabile: l'età - racconta, sorridendo, rivolgendosi alla telecamera -, il tempo non riesco fermarlo, vorrei appenderlo con un chiodo alla parete, ma come si fa…".

L'arte mi aiuta a vivere. Dentro di me c'è un sentimento che mi spinge ad andare ancora avanti, a oltrepassare la gioia Nado Canuti

Il trailer del documentario "Nado" di Daniele Farina

Scoprire la storia di Nado è un regalo inaspettato: in questi tempi bui, la sua luce aiuta a sperare ed è bello, oggi più che mai, ritrovare nelle sue parole i sentimenti autentici del ragazzo che è stato. Il coraggio di fronte alle sfide della vita, lo stupore-bambino di fronte alle opportunità che offre l’arte nella lettura delle vicende umane. “Quando scolpisco, io sogno e quando sogno vedo le cose in maniera diversa: la mia scultura viaggia nella luce, nello spazio, nell'immaginazione. Ecco perché realizzo anche opere appese. Quello che non puoi raggiungere materialmente, lo puoi raggiungere con la fantasia". L’arte di Canuti si è trasformata nel tempo, insieme alle sue emozioni e agli eventi della vita, la nascita del figlio e poi quelle dei nipoti hanno reso tutto più colorato e lieve: “Oggi realizzo una pittura scultorea, una scultura di colore, di gioia. Nasce dai miei affetti più cari". 

"Con l'arrivo dei nipoti è cambiato ancora qualcosa, come cambiò già alla mia nascita - conclude Massimo -. Mio padre ha trovato un modo tutto suo per raccontare le favole, l'ha fatto attraverso l'arte: le sue opere sono realizzate con materiali pesanti, ma trasmettono la leggerezza della favola".

Quando scolpisco io sogno e quando sogno vedo le cose in maniera diversa: la mia scultura viaggia nella luce, nello spazio, nell'immaginazione Nado Canuti

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