CULTURA

Loggia e Odeo Cornaro, ritrovo di Ruzante, Bembo e Palladio

Loggia e Odeo Cornaro non sono forse i monumenti più noti di Padova, eppure hanno un’importanza decisiva nella storia della cultura e delle arti, non solo locali. Per due motivi essenziali: segnalano nel territorio della Serenissima, prima dell’arrivo di Sansovino e Sanmicheli, lo stile rinascimentale maturo che si andava delineando a Roma grazie a figure come Bramante e Raffaello, mentre d’altra parte sottolineano un prepotente ritorno d’interesse, letterario ma anche architettonico, per il teatro nell’ambito della cultura europea.

Non si tratta semplicemente della loggia di un cortile: la struttura viene pensata fin dall’inizio come il fondale di uno spazio teatrale, in corrispondenza con quello che allora era uno dei principali interessi del mecenate Alvise Cornaro, che pure amava spaziare dalla cultura antiquaria all’agricoltura e all’idraulica”, spiega a Il Bo Live Stefano Zaggia, docente di storia dell'architettura presso il Dipartimento ICEA dell’Università di Padova.Alla fine del Quattrocento, nell’ambito della generale riscoperta valorizzazione della cultura classica, si leggono e si commentano i testi antichi, si scrivono nuove commedie e tragedie ma allo stesso tempo si torna anche a costruire i teatri, ispirandosi all’apposito capitolo del De architectura di Vitruvio”.

Nelle corti e nelle case patrizie sorgono palchi per gli attori e banchi per il pubblico, per lo più in legno: la particolarità della Loggia Cornaro, terminata nella sua parte inferiore nel 1524, è di essere una prime scene realizzate completamente in pietra e laterizio. Successivamente verranno aggiunti il piano superiore e l’Odeo, destinato ad ospitare concerti e conversazioni cortesi, che dal 1540 diviene sede dell'Accademia degli Infiammati, una delle più importanti nell’Italia dell'epoca. Un complesso architettonico che, sottolinea Zaggia, nasce dall’incontro di due personalità: “Quella artistica di Giovanni Maria Falconetto, veronese fino a quel momento affermato soprattutto come pittore, e quella del committente e mecenate Alvise Cornaro. I due, presentati da Pietro Bembo che abita a pochi passi, diventano amici e insieme fanno un viaggio a Roma, ospiti proprio del cardinale: qui apprendono gli stilemi che più tardi troveranno espressione nella corte di casa Cornaro”.

Un’opera che, al di là del suo intrinseco valore artistico e architettonico, avrà un ruolo di non poco conto nella diffusione degli stili e dell’ideologia del classicismo prima in Italia e poi in Europa, in una linea ideale che, passando per il Teatro Olimpico di Vicenza, arriverà 75 anni dopo al Globe Theatre di Shakespeare. Secondo Zaggia “la data del 1524, scolpita sull’architrave dell’arco centrale della loggia, è in qualche modo simbolica: nello stesso anno troviamo per la prima volta iscritto nei registri della corporazione dei murari a Vicenza il nome di Andrea di Pietro della Gondola, in seguito noto come Palladio. Che in quel momento è un giovinetto di quindici anni ma è già in contatto con Cornaro, che citerà nei suoi scritti come profondo conoscitore dell’architettura, e forse anche con Falconetto, dal quale secondo alcuni studiosi potrebbe essere stato influenzato”.

Un tema, quello del teatro, che successivamente sarà sviluppato ulteriormente dall’architetto padovano: “La sua ultima opera sarà il Teatro Olimpico di Vicenza – spiega ancora Zaggia –. Del resto anche lo stesso primo mecenate di Palladio, Gian Giorgio Trissino, scrive alcuni testi teatrali e sicuramente intrattiene relazioni con Cornaro”.

Loggia e Odeo in seguito resteranno a lungo un luogo di produzione e irradiazione della cultura: qui mette in scena le sue opere, con l'aiuto di amici e cortigiani, Angelo Beolco detto il Ruzante, mentre dopo la morte di Alvise palazzo Cornaro e la sua corte saranno frequentati da Galileo, vicino e amico del nipote, e da Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, che qui ha la sua residenza padovana. Uno scrigno di arte e di cultura che ultimamente è stato anche sottoposto a una serie di nuovi studi e indagini, raccolti l’anno scorso nel volume Loggia e Odeo Cornaro. Indagini, ipotesi e proposte interpretative, curato proprio da Stefano Zaggia per i tipi di Cleup.

Il libro contiene il contributo di Giulio Pietrobelli sulle decorazioni dell’Odeo e le indagini archivistiche condotte da Simone Fatuzzo sulle trasformazioni ottocentesche del complesso, oltre alla ricerca con cui Jan Pieper e Daniel Buggert, massimi studiosi tedeschi di architettura rinascimentale, formulano un nuova affascinante ipotesi: “Basandosi su un rilievo strumentale molto dettagliato e preciso hanno scoperto che in origine c’era un altro edificio di fronte alla Loggia e a fianco dell’Odeo – conclude lo studioso –. La loro ipotesi è che in origine le tre costruzioni potessero essere altrettanti fondali scenici, ciascuno appositamente costruito per un distinto genere teatrale: la Loggia per tragedie, l’Odeo per le opere comiche e la terza, molto più semplice, per quelle satiriche”. Un’intuizione importante che getta luce quello che ancora oggi è uno dei luoghi più belli e nascosti di Padova.

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