UNIVERSITÀ E SCUOLA

Disuguaglianze, diritti, relazioni: l’università e la pandemia

Che la scuola sia stata profondamente colpita, e forse cambiata, dalla pandemia è innegabile. L’impatto della didattica a distanza (la ormai familiare “DAD”) e delle limitazioni alla socialità in molte sue forme è stato indagato, analizzato e giudicato da esperti e non. Mai, forse, come in questo anno solare la scuola ha avuto – a ragione – tanto spazio nel dibattito pubblico e tanta attenzione da parte degli organi d’informazione: la limitazione dell’esperienza scolastica ha inaspettatamente contribuito a renderne evidente l’indispensabilità nella vita di bambini e ragazzi, così come l’importante funzione sociale.

Non altrettanta attenzione è stata dedicata, invece, al mondo dell’università, che pure ha subìto, nel corso di questi mesi di emergenza sanitaria, problemi molto simili a quelli affrontati dalla scuola. Gli studenti universitari – si è sostenuto – sono già adulti, e dunque autonomi: sapranno certo adattarsi alla didattica a distanza. Con questa giustificazione, si è in molti casi trascurato di indagare le conseguenze, a breve e a lungo termine, di misure che in poco tempo hanno sconvolto la quotidianità della comunità accademica.

A maggio 2020, subito dopo la fine del lockdown di marzo e aprile, un gruppo di ricerca composto da alcuni giovani ricercatori di diversi atenei italiani ha diffuso, con la collaborazione del CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari), un questionario il cui scopo era raccogliere dati e opinioni sul modo in cui gli studenti universitari hanno vissuto quel primo periodo di chiusura. La ricerca, i cui risultati sono stati sviluppati nei mesi successivi, ha poi dato vita a un volume dal titolo “Sotto esame. La vita degli studenti universitari al tempo del Covid-19” (Erickson 2020), curato da Giuseppe Monteduro, docente di Sociologia all’università del Molise. A partire dal 2 marzo 2021, è stata inoltre avviata la seconda fase della ricerca, dal titolo "L'esperienza di vita degli studenti universitari": coordinata dal gruppo di ricerca in collaborazione con il CNSU, indaga le differenti condizioni della popolazione studentesca in relazione a didattica, disuguaglianze, relazioni sociali, orientamenti valoriali e stili di vita (se sei uno studente universitario, puoi partecipare all'indagine rispondendo al questionario).

L’intervista completa a Giuseppe Monteduro, curatore del volume, e a Luigi Leone Chiapparino, presidente del CNSU. Montaggio di Elisa Speronello

Le questioni esplorate dai ricercatori non si limitano alla dimensione meramente didattica: dopo un primo periodo di adattamento, caratterizzato dai comprensibili disagi causati dalla necessità di adattarsi, improvvisamente, a una nuova modalità didattica, la DAD si è rivelata, in ambito universitario, uno strumento in certa misura utile, in quanto capace di sopperire ad alcune limitazioni delle tradizionali lezioni in presenza. Dal questionario – al quale hanno partecipato più di sedicimila studenti distribuiti sull’intero territorio nazionale – emerge, innanzitutto, una maggiore percentuale di studenti frequentanti per la didattica a distanza che per quella in presenza (92,3% contro l’89,6% delle lezioni fisiche). Questo dato è spiegato dal fatto che la prima elimina limitazioni temporali e geografiche – come la sovrapposizione delle lezioni con gli orari di lavoro o le difficoltà di spostamento – tipiche delle lezioni in presenza, e offre dunque nuove possibilità di fruizione dei corsi agli studenti lavoratori (che nel 2018 erano il 65,3% della popolazione studentesca) o genitori, o a chi ha una disabilità. Nonostante il carattere maggiormente inclusivo, da questo punto di vista, della DAD, la componente più numerosa fra gli studenti che hanno partecipato all’indagine (il 44,2% dei rispondenti) ha espresso il desiderio, quando sarà possibile, di tornare a una modalità completamente in presenza. Tuttavia, un numero di poco inferiore (il 41,2%) sembra optare per una didattica mista, mentre solo il 14,6% si dice a favore di quella interamente online.

Quel che manca alla didattica a distanza, dunque, non è tanto l’aspetto contenutistico: questo, anzi, risulta addirittura parzialmente migliorato, grazie all’ausilio dei mezzi telematici. Piuttosto, in un contesto universitario interamente mediato dalla tecnologia, a venire meno è la dimensione relazionale, di interazione umana, che gli studenti individuano come elemento centrale, e di grande valore, nell’esperienza universitaria.

Infatti, la vita universitaria non si esaurisce nei momenti didattici (apprendimento frontale, studio individuale, esami), ma ha un’estensione decisamente più vasta, caratterizzandosi come esperienza totalizzante, e altamente formativa, per il vissuto dei giovani. «L’organizzazione universitaria [...] ha reso evidente, innanzitutto agli studenti, la sua dimensione latente di comunità», mettono in luce i ricercatori (p. 137): agli spazi universitari – dai luoghi di studio alle mense, dalle aule di lezione ai laboratori – è stata riconosciuta, proprio nel momento della loro inaccessibilità, un’importanza essenziale in quanto luoghi di aggregazione dove creare contatti e connessioni proficue, arricchendo la propria esperienza relazionale e coltivando un autentico senso di appartenenza. Al di là della formazione scientifica e culturale, insomma, le università sono un insostituibile polo di creazione e rinnovamento del capitale sociale.

L’interdizione dell’accesso alle strutture universitarie ha inevitabilmente azzerato, seppur temporaneamente, questo orizzonte. E a vedersi negato l’accesso a quella ricchezza potenziale che è racchiusa nella possibilità di intessere nuove relazioni, formali e informali, non sono stati solamente gli individui o la comunità accademica, ma anche le comunità territoriali nelle quali gli atenei sono inseriti, e per le quali questi ultimi hanno sempre costituito veri e propri poli di animazione culturale.

Un altro importante capitolo della ricerca è stato dedicato all’accertamento delle disuguaglianze che hanno caratterizzato la vita universitaria nel corso della pandemia. Come sottolinea, nel corso dell’intervista a Il Bo Live, il presidente del CNSU, le disparità di accesso e di opportunità manifestatesi in questi mesi sono state sì esasperate, ma non create dall’emergenza, la cui dirompenza ha soltanto evidenziato le numerose debolezze del sistema universitario.

Un primo mutamento, determinato dallo spostamento dell’attività didattica in remoto, ha riguardato le risorse necessarie per garantire il diritto allo studio: agli studenti servivano spazi abitativi adeguati nei quali seguire le lezioni, l’accesso ad una connessione internet veloce e la disponibilità di tecnologie adeguate alle esigenze di studio. I dati che emergono dall’indagine circa queste variabili delineano un quadro preoccupante: per quanto riguarda gli spazi abitativi, circa 2 studenti su dieci hanno dichiarato di non aver avuto a disposizione, durante il lockdown, spazi adeguati per studiare in tranquillità; circa 1 studente su dieci ha dichiarato di non avere accesso a dispositivi ad uso personale né ad una connessione internet sufficiente. Gli autori dello studio hanno poi analizzato questi dati dividendoli a seconda della tipologia di studente: ne risulta che ad avere minore accesso alle risorse sono gli studenti lavoratori e i fuori sede, cioè proprio coloro che, secondo le risposte fornite, trarrebbero maggiore beneficio dalle possibilità offerte dalla didattica a distanza. Un’altra variabile che determina la disparità nell’accesso alle risorse è il luogo di residenza: il cosiddetto digital divide, infatti, segna in Italia una netta differenza tra le grandi città e le aree interne da una parte, e tra regioni meridionali e regioni settentrionali dall’altra, rispetto alla disponibilità di un’adeguata rete per la connessione ad internet.

La chiusura delle strutture universitarie, lo spostamento in remoto di tutte le attività accademiche e l’azzeramento della vita comunitaria all’interno degli atenei hanno evidenziato il ruolo “democratizzante” delle università come luoghi fisici, ruolo che in questo periodo di emergenza è venuto prepotentemente meno: «Durante i mesi del lockdown – scrive il prof. Monteduro nella conclusione del volume – far parte di una famiglia numerosa, risiedere in un’abitazione di piccole dimensioni, avere situazioni familiari critiche o un insufficiente numero di apparecchiature ha inciso duramente sulla qualità della didattica e dello studio» (p. 192). È dunque necessario, oggi più che mai, ripensare i mezzi di sostegno per il diritto allo studio, tenendo in considerazione le molte tipologie di studenti universitari e le diverse esigenze di ciascuno. Il ricorso forzato alla didattica a distanza ne ha involontariamente mostrato le potenzialità: nel ristabilire, in futuro, la pur insostituibile attività in presenza, non si potrà dunque prescindere dall’esperienza di questi mesi, che ha contribuito a mostrare luci e ombre di entrambe le modalità d’insegnamento.

Infine, proprio l’impossibilità di accedere agli spazi universitari, intesi non solo come luogo della didattica ma come spazi di aggregazione e di cultura, ci ha permesso di apprezzarne a pieno l’importanza: anche di questa nuova consapevolezza sarebbe opportuno fare tesoro, per non tornare, quando si potrà, semplicemente alla normalità, ma per fare delle università, ancor più di prima, «vero e proprio punto di riferimento culturale, sociale e civile della comunità studentesca e in definitiva anche cittadina» (p. 193).

Oggi, ancora costretti dietro ai nostri schermi, possiamo cogliere l’opportunità unica di sfruttare questo tempo sospeso per avviare, in seno alla società, una discussione aperta e una pianificazione lungimirante, attenta ai diritto non solo del presente, ma anche del futuro.

 

E voi, lettori, come avete vissuto la vita universitaria durante i primi mesi della pandemia? Ci piacerebbe conoscere le vostre esperienze: per condividere con Il Bo Live il vostro vissuto, e avviare una riflessione collettiva sul tema, vi chiediamo di rispondere - in forma anonima - alle domande che vi proponiamo qui di seguito.

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