SCIENZA E RICERCA
L'editoriale. Gli italiani su Covid-19: fiducia nella scienza, ma abbia una voce sola
Foto: Reuters/Flavio Lo Scalzo
Pochi giorni fa è stato pubblicato l’ultimo aggiornamento di un report sociologico che riporta la percezione pubblica della popolazione nei confronti della scienza. Per motivi abbastanza scontati, il report è tarato sull’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus. L’indagine monitora il polso degli italiani sulla ricerca scientifica. Riporto qui alcuni dati, molto interessanti. La percentuale di coloro che sottovalutavano il rischio, solo un mese fa, è crollata: il dato si attesta al 4% contro il 20% di 30 giorni prima. La consapevolezza è cresciuta, c’è sì paura ma è di tipo razionale. Diminuisce – ed è positivo come dato – la percentuale di persone che si informa sui social network. Ci si informa di più attraverso fonti attendibili, qualificate e istituzionali. E proprio la fiducia nei confronti delle istituzioni nazionali e regionali è molta elevata con la vetta a favore della Protezione civile. Al vertice opposto, invece, la fiducia per l’Europa. Interrogati sulla fase 2, molti italiani vorrebbero un’uscita per gradi con un mix di interventi e in una finestra temporale tra tre mesi e un anno.
Il report, infine, ha tipicizzato gli italiani nei confronti del coronavirus. Esistono gli ottimisti istituzionali (43%), i disorientati che seguono fonti contradditorie (35%) e i pessimisti social, i più pronti a cadere nel tranello delle teorie complottiste (22%).
Infine, pur confermando una fiducia molto alta nei confronti della figura dello scienziato, più del 55% degli italiani ritiene che in questo periodo abbiano parlato troppi esperti scientifici diversi, comunicando male e contraddicendosi tra loro. Si richiede una comunicazione con meno, poche, voci istituzionali. È un dato interessante, perché già nelle settimane scorse si era sollevato il problema di avere, come scienza, una voce il più univoca possibile e non molte opinioni sparpagliate.