SOCIETÀ

La famiglia naturale? Un arcobaleno di possibilità

Il congresso mondiale per la famiglia che si terrà a Verona dal 29 al 31 marzo 2019 sta facendo molto discutere. L'organizzazione dell'evento, iniziata già dalla fine del 2018, ha generato non poche polemiche e ha dovuto superare alcuni ostacoli, come il rifiuto da parte del rettore dell'università di Verona di mettere a disposizione gli spazi dell'ateneo. Quali sono le principali obiezioni a una simile iniziativa? Le accuse principali sono quelle di omofobia, maschilismo e regressione culturale, essendo molti degli organizzatori e dei relatori piuttosto conservatori su temi quali l'aborto e le famiglie con genitori omosessuali. Anche molti studenti e alcuni professori dell'università di Verona hanno espresso indignazione e dissenso, protestando contro la natura decisamente non scientifica della discussione.

Da dove nascono tale scontento e spirito polemico nei confronti di questo particolare evento? Per farsi un'idea si può consultare il sito ufficiale del congresso mondiale per la famiglia, dove si può trovare un video promozionale in cui si fa riferimento all'amore tra uomo e donna come energia primordiale capace di generare la vita. La famiglia, così viene sostenuto, rappresenta la quintessenza dell'espansione creativa dell'universo. “Non è da accudire tutta questa bellezza?”

Sempre sul sito, inoltre, viene spiegato l'obiettivo principale del congresso:

Affermare, celebrare e difendere la famiglia naturale come sola unità stabile e fondamentale della società

e questo perché:

La famiglia è l’istituzione sociale originaria che getta le fondamenta di una società moralmente responsabile

L'idea di famiglia naturale suscita non poche perplessità, come ci ha ricordato anche il professore di sociologia Luca Trappolin, parlandoci del rapporto tra famiglia e sociologia.

Come può essere compreso un concetto del genere dal punto di vista dell'evoluzionismo? Abbiamo deciso di approfondire la questione con Telmo Pievani, direttore de Il Bo Live e professore di filosofia delle scienze biologiche all'università di Padova.

Coerente con il discorso del professor Trappolin, il professor Pievani ci ricorda innanzitutto quanto sia pericoloso identificare il naturale con il giusto; la conseguenza di un atteggiamento del genere, infatti, è la contrapposizione di ciò che si considera naturale (e quindi buono) con qualcosa che viene ritenuto inevitabilmente sbagliato perché contro natura, e che diventa poi oggetto di discriminazione.

“Il richiamo alla natura è una visione culturale”, afferma Pievani. Se proprio si volesse indagare cosa è naturale per l'uomo da un punto di vista evoluzionistico, cosa si dovrebbe fare? Studiando i parenti più prossimi dell'uomo si scopre che in natura non c'è solo il modello maschio-femmina-figli. Pievani ci spiega che il bonobo, per esempio, non si aggrega nella famiglia che concepiamo noi. I cuccioli, infatti, vengono cresciuti dal gruppo, non dal nucleo familiare ristretto ai genitori. Il gorilla si accoppia con un harem di femmine che sono sottomesse a lui e che poi accudiscono i cuccioli tutte insieme. “Un modello del genere non è proprio quello che ci auspichiamo di ritrovare nella nostra società”. Chi ci assomiglia di più sono gli scimpanzé, i quali formano coppie più o meno stabili, anche se c'è comunque molta promiscuità nell'accoppiamento e il cucciolo viene sempre accudito dal gruppo.

Con un ragionamento analogo, notiamo che quanto valeva per il “naturale”, vale anche per l'“originario”. “L'idea che l'originarietà di qualcosa abbia un valore morale non è scritto da nessuna parte”, commenta il professor Pievani. “Prendiamo come esempio il fatto che in società primitive fossero diffusi il cannibalismo o l'infanticidio. Solo perché sono pratiche antiche, vuol dire che siano giuste?”

Detto ciò, anche volendo soprassedere sull'assunzione ingiustificata che natura significhi necessariamente bontà (idea che, come abbiamo visto, lascia scontenti molti studiosi), cosa ci fa credere che la famiglia naturale corrisponda a un unico modello, dal momento che l'evoluzione è trasformazione e cambiamento?

Il professor Pievani risponde che “non è scritto nella natura che un certo modello di famiglia sia il migliore, né tanto meno l'unico possibile, e lo dimostrano tutti gli studi. Ci sono per esempio degli uccelli in cui la “famiglia” è composta da due esemplari femmina”.

Ecco perché ha senso dire che non c'è un'unità morale di riferimento. Non è che un certo modello possa fungere da paradigma per tutti gli altri. L'evoluzione umana si è evoluta verso la monogamia, con modalità di formare coppie più stabili. In ogni caso, spiega Pievani, “il nucleo padre-madre non è un legame di natura”. In altre culture umane, infatti, funziona diversamente. Insomma, la natura non ha niente di stabile e di armonioso. “La natura è un arcobaleno di possibilità”.

E non solo. Se per il professor Pievani l'evoluzione stessa è un'esplorazione di possibilità, questo vale anche per la famiglia? Possono esistere più possibilità, di cui magari alcune ancora inesplorate, che possono essere ricondotte al termine in questione?

Il motore fondamentale dell'evoluzione è la diversità. È quello il suo combustibile”. Più si allarga la gamma delle alternative possibili, più l'evoluzione funziona. Certo, Il cambiamento biologico è lento, ma non bisogna dimenticarsi di quello culturale. L'omologazione e l'appiattimento non sono funzionali in nessun caso. “Abbiamo dei vincoli naturali, ma non siamo costretti a sottostare a questo limite. Per noi, quello che è importante è il cambiamento culturale, non il vincolo biologico”.

In conclusione, volendo tornare ai motivi di perplessità nei confronti del congresso e dei suoi messaggi promozionali, viene da chiedersi se preservare e accudire la bellezza del processo biologico della riproduzione debba per forza accadere a scapito di valori culturali come la libertà di scelta.

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