CULTURA

Giardino Treves: un misterioso angolo di Eden

Palazzo Treves dei Bonfili, demolito e smembrato, e quel che resta del suo magnifico giardino sono un luogo evocativo delle grandiose ambizioni della Padova ottocentesca e la testimonianza dell’ultima forma di mecenatismo con una concreta ricaduta sulla città. Esso fu celebrato nelle cronache del tempo per il gusto raffinato dei suoi committenti e per l’ingegnoso estro del suo progettista.

Purtroppo l’intera area che ingloba il parco resta ancora oggi un nodo irrisolto sul piano urbanistico, proprio per la espansione del mastodontico polo ospedaliero, causa originaria della progressiva devastazione del palazzo e del giardino.

Sino a oggi non era noto il progetto d’insieme del Palazzo, con le adiacenze e il giardino, ideato da Giuseppe Jappelli per i fratelli Treves dei Bonfili a ponte Corvo. La ricostruzione dell’originaria consistenza della creazione jappelliana ha comportato una revisione complessiva di tutta la documentazione storica nota a fronte degli esiti inediti della ricerca, interpolandoli grazie all’uso della rappresentazione digitale.

L’animazione tridimensionale che qui presentiamo nasce proprio sulla base di una ricerca storica, di recente pubblicata dal Poligrafo: Il palazzo Treves dei Bonfili e il suo giardino all’interno della collana Ottonovecento a Padova. La rappresentazione del complesso è servita – a fronte delle radicali trasformazioni subite dal parco nel corso dell’ultimo secolo – a fissarne l’immagine in un momento prossimo alla conclusione dei lavori, intorno al 1833. L’apporto innovativo sta dunque nell’aver restituito una consistenza, seppur virtuale, a un patrimonio culturale andato in parte disperso, riscoprendone l’originaria struttura.

In origine il giardino era un orto botanico privato, uno dei pochissimi riconosciuti in Italia

Da qui è emerso un aspetto inedito della passione collezionistica dei fratelli Treves, quello botanico, che trova nell’invenzione jappelliana il sofisticato ed eccellente luogo di innesto. L’inclinazione per la botanica era un’eredità intellettuale della zia dei committenti Enrichetta Treves – la quale ebbe probabilmente un ruolo determinante nella formazione dei nipoti – insieme alle migliori referenze possibili per accedere a un milieu sociale e culturale affatto scontato. Nel salotto della sua dimora Enrichetta Treves riuniva un vero e proprio cenacolo culturale dove si dibatteva di botanica, di scienze, di politica e di letteratura, e dove si tenevano pubbliche letture di opere ancora inedite.

Così il giardino prese forma con la peculiare destinazione d’uso a orto botanico privato, uno dei pochissimi riconosciuti in Italia con questa qualità (de Visiani 1840). Nella sua concezione originaria esso spiccava per l’estrema varietà e rarità delle specie botaniche: un angolo di Eden nel cuore della città, in singolare sinergia con il più antico Orto pubblico.

Nel giardino Treves dei Bonfili si distinguevano alcune notevoli architetture, tutte declinate secondo il gusto dello stile proprio dei giardini romantici. Ciascuna però celava, dietro a un aspetto apparentemente decorativo, il funzionamento di sofisticate macchine per il mantenimento delle diverse piante esotiche, le quali diversamente non avrebbero potuto sopravvivere. Alcune qualità, infatti, per poter sopravvivere al nostro clima dovevano essere mantenute in edifici dotati di uno speciale sistema di riscaldamento.

Il tempietto a pianta circolare un tempo era internamente rivestito di specchi e stucchi e coronato da un gruppo scultoreo raffigurante Zefiro e Flora, e celava sotto di sé una cisterna per la raccolta dell’acqua. Scendendo verso il fiume e l’approdo, si trova ancora oggi il monumento alla Fraterna Concordia, dal portato semantico di ordine massonico, sotto al quale insiste un pozzo artesiano per l’estrazione dell’acqua destinata ad approvvigionare il giardino.

Sulla riva sud dell’Alicorno che attraversa il parco si riconosce la casa bifronte del giardiniere, da una parte gotica e dall’altra neoclassica, con intorno disposti i resti delle fondazioni dei calidari per la crescita dei bulbi. Della magnifica serra a caldo che un tempo dominava sull’ampia radura della cavallerizza oggi restano solo le rovine. Qui un tempo cresceva la ricca raccolta di palme.  Nell’angolo sud-est rimane solamente il rudere della magnifica pagoda cinese, costruita su un’altura artificiale con la vocazione di belvedere per dominare la vista su tutta la città.

Il modello tridimensionale è stato costruito a partire dai dati del rilievo laser scanner dell’intera area, eseguito dall’équipe di ricerca del laboratorio di rilievo e fotogrammetria dell’università Iuav di Venezia. Le informazioni desunte dai documenti, dai disegni originali di Giuseppe Jappelli e dalle foto storiche sono servite a implementare il modello rispetto alle parti oggi non più esistenti o radicalmente trasformate. La ricostruzione digitale ci consente così di visualizzare le diverse fasi vita del giardino nella storia, ma è anche un utile strumento per riflettere sui futuri interventi conservativi e sulle prospettive di utilizzo di uno dei rari spazi verdi ad uso pubblico presenti all’interno della cinta muraria di Padova.

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