CULTURA

La grande fotografia del Novecento: una mappa delle mostre in arrivo

Quante volte, ammirando una fotografia, siamo riusciti a immaginarci lì, dentro quella scena, protagonisti o comparse, in quell'esatto momento. Eccoci, in carrozza, nella Parigi del 1911, mentre incrociamo Anna La Pradvina con i suoi cagnolini, nello scatto di Jacques Henri Lartigue. Siamo noi le figure ai margini delle fotografie di Henri Cartier-Bresson e i passanti, apparentemente distratti (in realtà la foto venne studiata nel minimo dettaglio), che sfilano alle spalle dei due giovani e bellissimi innamorati scelti da Robert Doisneau. La fotografia fissa per sempre un istante, e ce lo consegna, permettendoci di intrecciare il nostro sguardo presente a frammenti di esistenze passate, la nostra storia ad altre storie piccole o grandi, conosciute o dimenticate, spalancando la porta del tempo. E nel racconto della vita e di tante vite, nella capacità di fermare l'attimo per svelare esistenze comuni o eventi storici e svolte epocali, la fotografia del XX secolo è stata assoluta maestra.

Capa, Ghirri (ma anche Basilico, Berengo Gardin, De Biasi, Giacomelli, Klein, Scianna), Lartigue, Cartier-Bresson, Doisneau, in rigoroso ordine di apparizione. I grandi maestri della fotografia del Novecento internazionale (con una particolare attenzione per i fotografi francesi) saranno i protagonisti di importanti mostre in varie città italiane. Si inizia da Camera - Centro italiano per la fotografia di Torino che, dal 20 febbraio al 10 maggio, ospita Memoria e passione. Da Capa a Ghirri. Capolavori dalla Collezione Bertero, una mostra curata da Walter Guadagnini, direttore di Camera, con la collaborazione di Barbara Bergaglio e Monica Poggi, che propone duecento immagini di circa cinquanta fotografi provenienti dalla ricca Collezione Bertero (che ne raccoglie oltre duemila). Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Robert Capa, Lisetta Carmi, Henri Cartier-Bresson, Mario De Biasi, Alfred Eisenstaedt, Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, William Klein, Herbert List, Ugo Mulas, Ruth Orkin, Ferdinando Scianna, sono solo alcuni dei fotografi e delle fotografe in mostra.

Da Torino a Venezia, per ammirare gli scatti del francese Jacques Henri Lartigue (1894-1986). Dal 29 febbraio al 12 giugno la Casa dei Tre Oci, prezioso spazio veneziano dedicato all'arte fotografica, accoglie L’invenzione della felicità, la più ampia retrospettiva mai realizzata in Italia su Lartigue, curata da Marion Perceval e Charles-Antoine Revol, rispettivamente direttrice e project manager della Donation Jacques Henri Lartigue, e da Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci. In mostra 120 immagini, di cui 55 inedite, provenienti dagli album personali del fotografo, a cui si aggiungono materiali d’archivio, libri quali il Diary of the Century (Instants de ma vie in francese), riviste dell’epoca, un diaporama con le pagine degli album, tre stereoscopie con immagini che rappresentano paesaggi innevati e scenari parigini. “La parte di mondo di Lartigue - scrive Denis Curti - è quella di una Parigi ricca e borghese del nouveau siècle, e anche quando l’Europa verrà attraversata dagli orrori delle due guerre mondiali, Lartigue continuerà a preservare la purezza del suo microcosmo fotografico, continuando a fissare sulla pellicola solo ciò che vuole ricordare, conservare. Fermare il tempo, salvare l’attimo dal suo inevitabile passaggio. La fotografia diventa per Lartigue il mezzo per riesumare la vita, per rivivere i momenti felici, ancora e ancora”.

Restiamo a Venezia, ma ci spostiamo a Palazzo Grassi, dove cresce l'attesa per Henri Cartier-Bresson. Le Grand Jeu (dal 22 marzo 2020 al 10 gennaio 2021; nella primavera 2021 passerà alla Bibliothèque nationale de France, a Parigi), un progetto espositivo originale e ambizioso, ideato e coordinato da Matthieu Humery, realizzato con la Bibliothèque nationale de France e in collaborazione con la Fondation Henri Cartier-Bresson.

L’opera di Henri Cartier-Bresson (1908–2004) verrà esplorata, celebrata e raccontata da cinque curatori d'eccezione. La fotografa Annie Leibovitz, il regista Wim Wenders, lo scrittore Javier Cercas, la conservatrice e direttrice del dipartimento di stampe e fotografia della Bibliothèque nationale de France Sylvie Aubenas, il collezionista François Pinault sono stati invitati a confrontarsi con una selezione di 385 immagini significative, individuate dallo stesso Cartier-Bresson agli inizi degli anni Settanta, e a scegliere, ciascuno, una cinquantina di immagini, a partire dalla Master Collection originale.

A Milano, proprio in questi giorni, è possibile visitare la mostra dedicata a due grandi fotografe del Novecento, Dorothea Lange e Margaret Bourke-White (fino al 15 marzo, al Cmc, Centro culturale) e intanto il Mudec (che ora ospita gli scatti di Elliott Erwitt) si prepara ad accogliere Tina Modotti. Donne, Messico e libertà (dal 7 maggio), un'esposizione, curata da Biba Giacchetti con il comitato Tina Modotti di Udine, con lettere, documenti, filmati d’epoca e stampe originali ai sali d'argento degli anni Settanta, realizzate a partire dai negativi della fotografa, attrice e attivista friulana, morta a Città del Messico nel 1942.

Chiudiamo con Robert Doisneau (1912-1994), noto per essere l'autore di quello che, da molti, è considerato il più bel bacio della storia della fotografia. Lo scatto, realizzato a Parigi nel 1950, sarà esposto a Palazzo Roverella, a Rovigo, dal 26 settembre, all'interno di una mostra curata da Gabriel Bauret, ma prima la mostra arriverà a Bologna (a Palazzo Pallavicini, dal 6 marzo). Vale la pena riportare qualche traccia del pensiero di Doisneau, per sentirci, in qualche modo, anche oggi, a distanza di anni, parte del suo mondo e del suo modo di intendere la fotografia: “Quello che cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere". E ancora: “Mi piacciono le persone per le loro debolezze e difetti. Mi trovo bene con la gente comune. Parliamo. Iniziamo a parlare del tempo e a poco a poco arriviamo alle cose importanti. Quando le fotografo non è come se fossi lì ad esaminarle con una lente di ingrandimento, come un osservatore freddo e scientifico. È una cosa molto fraterna, ed è bellissimo far luce su quelle persone che non sono mai sotto i riflettori".

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