Non uno, non due, ma ben tre campanelli di allarme sono suonati in poco più di un anno, tra il maggio del 2020 e l’agosto del 2021. Tre morie di pesci nel tratto urbano del Tevere per le quali l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale non è riuscita a indicare del tutto le cause. Si parla di "bolle anossiche", cioè di condizioni di assenza di ossigeno, ma causate da che cosa? I monitoraggi nei periodi precedenti avevano già indicato le criticità a livello di inquinanti. Nei due anni precedenti, dei sei punti di monitoraggio solo due erano etichettabili come “buoni”, uno invece era “sufficiente”, gli altri tre “scarsi”. Dalle rilevazioni dell’ARPA eseguite dopo le morie di pesci emergevano alte concentrazioni di erbicidi e di Escherichia coli, un batterio che indica la presenza di feci.
Lo stato di salute del fiume che Virgilio nell’Eneide chiama Genitor Urbis preoccupa una serie di associazioni locali che si occupano volontariamente di tutela dell’ambiente e che si sono riunite in Agenda Tevere con lo scopo di promuovere azioni di tutela del fiume. Tra queste c’è l’associazione A Sud che, assieme al Comitato Romano Acqua Pubblica (CRAP), ha deciso di realizzare una vera e propria campagna di monitoraggio della qualità dell’acqua del Tevere per un intero anno, da marzo 2021 a febbraio 2022 che ha chiamato RomaUp.
Giù al Tevere: un esempio di citizen science
Il progetto di monitoraggio, lo raccontano gli stessi promotori nel rapporto, non aveva l’intenzione di sostituirsi all’ARPA Lazio. Ma è fuor di dubbio che i prelievi e le analisi che l’Agenzia riesce a effettuare sono limitati e non hanno per focus primario il tratto urbano del Tevere. La citizen science, cioè i progetti di raccolta dati scientifici con la partecipazione dei volontari e della società civile, non ha però solamente lo scopo di colmare un piccolo o grande vuoto conoscitivo sul fronte quantitativo, ma anche quello di diffondere la conoscenza degli strumenti e della situazione ambientale, fornendo allo stesso tempo una leva di potenziamento e amplificazione del ruolo della società alla cosa pubblica. In questo caso la gestione e la salute del Tevere, per il quale è stato anche siglato un “contratto di fiume”, uno strumento di programmazione volontaria previsto dalla Carta Nazionale dei Contratti di Fiume, per la promozione della riqualificazione ambientale e paesaggistica dei territori fluviali.
Con l’aiuto di Bruna Gumiero, docente a contratto all’Università di Bologna esperta in ecologia fluviale e citizen science, A Sud e gli altri protagonisti del progetto hanno messo a punto un protocollo di monitoraggio che prevedeva prelievi mensili in otto punti del tratto urbano del Tevere.
Per ognuno dei campioni di acqua raccolti nei diversi punti si sono ricercati diversi indicatori di potenziale inquinamento. Sceglierli non è stato facile, come si può leggere nel rapporto finale del monitoraggio, perché durante il suo corso urbano il Tevere incontra diversi tipi di sorgenti di inquinamento. Alla fine, i parametri analizzati sono stati sette parametri “spia” di diversi tipi di inquinamento, dalla carenza di ossigeno all’eccesso di nutrienti provenienti dal dilavamento delle aree coltivate, fino all’elevata carica batterica dovuta alla presenza di feci.
Come sta il Tevere
Per quanto riguarda pH e conducibilità, due parametri generali che servono a fare l’identikit del fiume, non hanno presentato particolari preoccupazioni. Non così per altri parametri, a cominciare dalla concentrazione di Escherichia coli.
E. coli
La sua concentrazione è considerata dalla scienza un ottimo indicatore dell’inquinamento organico ed è uno dei sospettati per le morie di pesci che hanno innescato il monitoraggio. Come si può vedere dal grafico qui sotto, dal punto 2 (Ponte Salario) verso valle i valori sono stati quasi sempre elevati, ma sono soprattutto due punti a preoccupare.
Il punto di raccolta del Ponte Salario è poco a valle dell’immissione delle acque dell’Aniene nel Tevere. Mentre l’ultimo punto di monitoraggio, il punto 8, si trova immediatamente a valle del depuratore di Roma Sud.
Ammonio
Secondo la Direttiva Europea 2000/60/CE sulla qualità delle acque, la presenza di ammonio è un ottimo allarme per la carenza di ossigeno (anossia), che potrebbe essere una delle cause delle morie di pesci. La situazione per questo parametro è risultata critica per tutto il corso del fiume e per tutta la durata del monitoraggio. “Solo il 6% dei dati”, si legge nel rapporto, “è inferiore a 0,24 mg/l", cioè è inferiore ai livelli di riferimento per la bassa qualità delle acque. Tradotto: non va per niente bene.
Qui sono necessarie delle spiegazioni sui dati riportati in tabella. Uno dei principi del monitoraggio portato avanti dal progetto era la scelta di usare strumenti di monitoraggio semplici da utilizzare ed economici. A Sud e le altre associazioni coinvolte hanno scelto, cioè, di privilegiare la facilità rispetto all’accuratezza. Questo significa che i dati sull’ammonio, per esempio, sono indicati come forchette di valori. Per la visualizzazione abbiamo però scelto di utilizzare dei valori intermedi (vedi spiegazione nella didascalia del grafico) senza che questo inficiasse particolarmente l'attendibilità generale dei dati: come si vede la stragrande maggioranze dei valori indicano acque di “qualità scarsa” o “qualità cattiva”. Si tratta dei parametri stabiliti dall’indice il Livello di Inquinamento espresso dai Macrodescrittori per lo stato ecologico (LIMeco), introdotto dal Decreto Ministeriale 260 dell’8 novembre 2010.
Anche la media dei singoli punti di prelievo, per quanto riguarda l’ammonio, è sempre critica per tutto l’anno monitorato:
Fosfati
L'inquinamento da fosfati nelle acque superficiali è direttamente collegato agli scarichi di depurazione non trattati e ai fertilizzanti agricoli. A differenza di ammonio e E. coli non è presente nel LIMeco, ma assieme all’azoto è uno dei componenti dei fertilizzanti agricoli. A differenza dell’azoto, però, si sposta soprattutto per deflusso superficiale e dilavamento, finendo così non in profondità, ma nelle acque superficiali come quelle fluviali.
Anche nel caso dei fosfati i dati raccolti dal progetto si presentano come forchetta, quindi con una certa incertezza. Ma, come ha sottolineato Bruna Gumiero nella sua relazione tecnica, guardare i valori medi è comunque interessante. Questi mostrano che per cinque stazioni su otto i valori non sono preoccupanti, ma nell’ultimo punto di raccolta, a valle del depuratore di Roma Sud, si sono registrati due picchi ad agosto e settembre. “In sintesi”, si legge nel rapporto, “i valori dei fosfati presentano concentrazioni proporzionalmente superiori ai nitrati e di conseguenza la sorgente potrebbe provenire dall’inquinamento puntiforme degli scarichi più che dal dilavamento dei campi”.
Il Tevere non sta bene…
Nonostante la cautela espressa da Gumiero, in particolare per la necessità di provvedere a misurazioni più precise, dai dai dati raccolti dai volontari emergono chiaramente delle criticità per quanto riguarda la salute delle acque del Tevere. Come si legge nelle conclusioni del rapporto, “gli alti livelli di ammoniaca accompagnati ad alti valori di Escherichia coli nonché la sporadica presenza di pesticidi nelle acque indicano che il Tevere non gode di buona salute”. Secondo Gumiero, “un aspetto che è stato ben evidenziato e che necessita di ulteriore approfondimento, è quello dell’elevato contenuto di inquinamento organico di origine fecale”.
Un altro aspetto interessante che emerge dai dati è la differenza dei parametri tra i diversi punti di raccolta dei campioni. “Guardando i risultati nella loro interezza”, leggiamo, “è come se il fiume Tevere arrivasse tutto sommato pulito in città e iniziasse a peggiorare una volta superata la confluenza con l’Aniene”. La situazione peggiora ulteriormente a valle del depuratore di Roma Sud.
…e neanche l’Aniene sembra essere in salute
"È l’Aniene che inquina il Tevere” era una frase emersa durante il lavoro preparatorio del progetto di monitoraggio. I dati sembrano indicare che c’è qualcosa di vero ed è una considerazione che è confermata anche da altri progetti di monitoraggio, come per esempio il progetto Flumen portato avanti da Climate art project che ha confermato la presenza di nitrati nelle acque dell’affluente del Tevere.
La situazione dell’Aniene, unita alle considerazioni sul peggioramento a valle del depuratore, hanno chiaramente indicato la strada per il prossimo futuro. Sì, perché il monitoraggio si sta tenendo anche per un secondo anno, con alcuni accorgimenti. Innanzitutto, laddove è stato possibile si è cercato di provvedere a un miglioramento della qualità del dato raccolto, grazie alla creazione di una maschera per smartphone sviluppata dal progetto in collaborazione con l’associazione OnData, che si occupa di dati e data journalism.
Ma si è anche allargato il campo di indagine: coinvolgendo altre associazioni ambientali che si occupano di tutelare l’Aniene, proprio sull’affluente del Tevere sono raccolti i parametri di qualità delle acque per il secondo anno del monitoraggio partecipato. Perché, come sottolineano i soci e le socie di A Sud, fare citizen science non vuol dire solamente raccogliere i dati, ma costruire relazioni e reti per un miglior rapporto tra società e risorse naturali, come il Tevere e l’Aniene.