SOCIETÀ

Guerra in Ucraina: un’emergenza anche sanitaria

Da quando la Russia ha dato inizio alle ostilità, il 24 febbraio scorso, 18 milioni di persone sono state coinvolte nel conflitto (di queste quasi sette milioni sono sfollati interni) e circa tre milioni di rifugiati hanno ormai lasciato l’Ucraina per i Paesi vicini, con il 59% di emigrati in Polonia e il 15% in Romania. Si stima che oltre quattro milioni di persone potrebbero lasciare l’Ucraina. “Un mese di guerra – riferisce l’Organizzazione mondiale della Sanità (Regional Office for Europe) – ha avuto un impatto devastante sul sistema sanitario ucraino, ha limitato gravemente l’accesso ai servizi e ha innescato un bisogno urgente di trattare le ferite da trauma e le condizioni croniche. La distruzione delle infrastrutture sanitarie e l’interruzione delle catene di forniture mediche rappresentano ora una grave minaccia per milioni di persone”.

Un certo numero di ospedali sono stati riadattati per curare i feriti, ma ciò ha inciso sui servizi essenziali e sull’assistenza sanitaria di base. Si pensa che circa metà delle farmacie nel Paese siano chiuse e che molti operatori sanitari siano essi stessi sfollati o nell’impossibilità di lavorare. Le strutture sanitarie situate nelle aree del conflitto sono oltre 300 e circa 600 quelle ubicate entro dieci chilometri dalle zone dei combattimenti, esposte dunque a possibili danni infrastrutturali e a gravi interruzioni dei servizi. Dal 24 febbraio l’Oms ha rilevato che 72 di queste sono già state colpite (dato aggiornato al 25 marzo). “Gli attacchi ai servizi sanitari – ha dichiarato Jarno Habicht, rappresentante dell'Oms in Ucraina – sono una violazione dei diritti umani internazionali, ma una tattica di guerra inquietantemente comune. Distruggono infrastrutture critiche e, peggio, distruggono la speranza. Privano persone già vulnerabili di cure che spesso fanno la differenza tra la vita e la morte. L’assistenza sanitaria non è - e non dovrebbe mai essere - un obiettivo”.

Le difficoltà di accedere alle cure, dunque, ma anche la mancanza di acqua e servizi igienici adeguati, il sovraffollamento di scantinati e bunker in cui le persone trovano rifugio potrebbero causare la recrudescenza di patologie come Covid-19, morbillo, poliomielite, ma anche tubercolosi e Aids. Aspetti, questi, presi in esame nell’ultimo rapporto settimanale, pubblicato il 24 Marzo dall’Organizzazione mondiale della Sanità.

Le prime considerazioni vanno fatte sulla pandemia in corso. Quando la Russia ha dato inizio alle ostilità, l’Ucraina stava uscendo dall’ondata Omicron, che aveva raggiunto il picco in quel mese. L’incidenza di Covid-19 ha continuato a diminuire, secondo quanto riferito dall'Oms, ma i dati devono essere interpretati con cautela, dato che il numero medio settimanale di test molecolari e test rapidi antigenici eseguiti è sceso sensibilmente dal 23 febbraio al 23 marzo. Ciò significa che i casi di Covid-19 e i decessi sono verosimilmente sottostimati.

L’adesione alla vaccinazione rimane bassa nel Paese. Secondo quanto riportato da Our World in Data, al 23 febbraio solo il 36% della popolazione aveva ricevuto almeno una dose di vaccino contro Covid-19. E le ostilità non fanno che peggiorare la situazione: prima dell'invasione, almeno 50.000 persone al giorno venivano vaccinate contro Covid-19. Tra il 24 febbraio e il 15 marzo, invece, sono state solo 175.000. L’interruzione dei test e delle terapie, quindi, mette soprattutto i più vulnerabili nelle condizioni di andare incontro a malattia grave e morte.

Oltre a Covid-19, c’è il rischio che possano diffondersi anche altre infezioni respiratorie, proprio per la scarsa ventilazione e il sovraffollamento dei luoghi in cui le persone sono costrette a rifugiarsi a causa dei bombardamenti. Inoltre, sottolinea il rapporto dell’Oms, la mancanza di accesso ai servizi igienici e all’acqua potabile aumenta il rischio di insorgenza di patologie trasmissibili attraverso cibo o acqua contaminati. Dei casi di colera sono stati identificati nella regione di Mariupol nel 2011 e uno anche nel 2016 nell’oblast’ di Zaporizhzhia, segno che una patologia di questo tipo può ancora verificarsi in alcune parti del Paese.

21 marzo 2022, Medici senza Frontiere a Palanca, al confine tra Moldavia e Ucraina

Con l’aumento delle temperature in primavera, l’interruzione dell’accesso all’acqua e ai servizi igienici e i danni alle abitazioni, può aumentare anche il rischio di malattie trasmesse da vettori, come l’encefalite da zecca e la febbre da virus del Nilo occidentale di cui in Ucraina dal 2008 sono stati segnalati 66 casi (il più recente nel 2015). Dal 18 marzo, per esempio, si stima che siano 120.000 le persone che non hanno accesso all’acqua nell’oblast’ di Luhansk; circa 460.000 quelle nelle aree non controllate dal Governo a corto di approvvigionamento idrico.

C’è poi il rischio che possano riemergere malattie prevenibili con i vaccini, come il morbillo e la poliomielite, dato che la copertura delle vaccinazioni di routine e di quelle infantili è al di sotto della soglia ottimale. Il rapporto del Regional Office for Europe dell’Oms, Ukraine crisis. Public health situation analysis: refugee-hosting countries, del 17 Marzo 2022, riferisce che da settembre del 2021 sono stati rilevati nel Paese casi di poliomielite (da poliovirus di tipo 2 derivato da vaccino circolante, cVDVP2) negli oblasti di Rivne in Ucraina nord-occidentale e Zakarpattya in Ucraina sud-occidentale. Il poliovirus ha causato forme di poliomielite paralitica ed è stato rilevato in 19 persone asintomatiche (ultimo rilevamento a dicembre del 2021).  Per questa ragione, il Paese ha intensificato la sorveglianza e dal primo febbraio ha lanciato una campagna di vaccinazione di recupero, iniziative sulle quali tuttavia ha interferito il conflitto in atto. Con il rischio che questo virus possa diffondersi anche al di fuori dei confini nazionali, nei Paesi confinanti, con i movimenti migratori.

Per quel che riguarda il morbillo, invece, l’Ucraina ha registrato un’epidemia a livello nazionale tra il 2017 e il 2020 e nel 2018 e 2019 ha avuto i più alti tassi di incidenza di morbillo nella Regione Europea dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Questo riflette una prolungata copertura vaccinale al di sotto della soglia raccomandata del 95% nel Paese. Ora, i movimenti migratori e, ancora, la concentrazione della popolazione sfollata in luoghi sovraffollati, anche alle frontiere, possono aumentare il rischio di trasmissione della patologia.  

Quando le persone arrivano ha dichiarato Heather Papowitz, crisis manager dell’Oms per l’Ucraina, secondo quanto riportato da Nature –, dobbiamo davvero aumentare la sorveglianza nei Paesi limitrofi per la polio, il morbillo e anche per Covid-19 per assicurarci di prevenirli. Fornire vaccini per il morbillo, la polio e Covid-19 è fondamentale”. Su questa linea, anche in Italia il Ministero della Salute ha indicato alle Regioni di predisporre le risorse necessarie per l’esecuzione di test diagnostici per Sars-CoV-2 e per la somministrazione di vaccini anti Covid-19 e altre vaccinazioni di routine per i profughi che vengono accolti nel nostro Paese. La circolare del Ministero sottolinea infatti che “si segnalano notevoli criticità dovute alle basse coperture vaccinali e al recente verificarsi di focolai epidemici, come l’epidemia di morbillo nel 2019 e il focolaio di polio iniziato nel 2021 e tuttora in corso nel paese. Tale situazione affonda le radici in anni di difficoltà organizzative e di approvvigionamento di vaccini, oltre che in una lunga storia di esitazione vaccinale nel paese, ampiamente diffusa sia nella popolazione generale che fra gli operatori sanitari. Oltre a rappresentare un ostacolo per l’adesione all’offerta vaccinale in fase di accoglienza, questo può ulteriormente aumentare il rischio che si sviluppino focolai epidemici di malattie prevenibili da vaccino nelle strutture deputate all’accoglienza dei migranti, già favorito dalle precarie condizioni igienico-sanitarie associate alla crisi e al fenomeno migratorio stesso”.

Un’altra preoccupazione in Ucraina è data dalla tubercolosi, di cui nel 2019 sono stati registrati 28.539 casi. Importante nel Paese anche il carico di tubercolosi multiresistente (Mdr-Tb): nel 2021 l’Oms ha indicato l’Ucraina tra i 30 Paesi a livello globale con la più alta incidenza di casi resistenti ai farmaci, che sono più difficili e costosi da trattare e associati a una maggiore mortalità. In questo particolare momento storico, lo spostamento della popolazione e la conseguente interruzione di diagnosi e trattamenti rappresentano fattori di rischio che possono indurre a una elevata morbilità e mortalità e possono aumentare il rischio di trasmissione di tubercolosi e tubercolosi multiresistente (Mdr-Tb) in Ucraina e nei Paesi vicini.

Le ostilità in questo momento creano difficoltà anche nella diagnosi e nel trattamento di Hiv/Aids oltre che incidere sui servizi di prevenzione. Nel 2020, nella Regione Europea dell’Oms, l’Ucraina ha registrato il più alto tasso di diagnosi di Aids. Duecentosessantamila persone dai 15 anni in su in quello stesso anno vivevano con Hiv, 3.100 invece gli adulti e i bambini deceduti a causa dell’Aids. Secondo quanto riferito dall’Organizzazione mondiale della Sanità, si stimano quasi 25.000 pazienti affetti da Hiv nel numero previsto di rifugiati. “Non si dovrebbe interrompere il trattamento – sottolinea Raman Hailevich, direttore nazionale del Programma congiunto delle Nazioni Unite sull'Hiv/Aids, secondo quanto riportato da Nature. Data la natura dell’Hiv, che porta l'Aids e la morte, la medicina è un salvavita”. In questo particolare momento, però, le persone possono non essere in grado di assumere i loro medicinali. “E anche se si riesce a raggiungere una struttura medica, questa deve essere rifornita di farmaci”, sottolinea Hailevich. Un aspetto, questo, non sempre scontato come si è visto.

Difficoltosa anche la fornitura di medicinali e cure per il trattamento delle patologie non trasmissibili, come le malattie cardiovascolari, l’ipertensione, il diabete, le malattie renali croniche, le malattie respiratorie croniche, l’epilessia, il cancro. Interrompere le cure in questi casi può anche mettere a repentaglio la vita, ma la capacità di fornire beni di prima necessità come acqua, cibo e medicinali necessari per il trattamento delle malattie croniche è in molti casi ostacolata da problemi di sicurezza e dalla distruzione delle infrastrutture.

Infine, secondo quanto riportato dall’Oms, si stima che nei prossimi tre mesi 80.000 donne daranno alla luce un figlio. Ebbene, le interruzioni delle cure prenatali possono aumentare il rischio di complicazioni ostetriche e neonatali. Al tempo stesso, le difficoltà di accesso ai servizi sanitari, la fornitura limitata di energia e ossigeno e gli attacchi ai centri sanitari riducono la capacità di gestire tali complicazioni.  

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