SOCIETÀ

L'accesso a Internet, tra la Costituzione e leggi dimenticate

“L’accesso ad internet dovrebbe essere un diritto inserito in Costituzione”. A dirlo, in diretta a reti unificate, è stato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Il 6 aprile, in occasione di una delle dirette social, ma inevitabilmente rilanciate anche dalle maggiori televisioni italiane, di aggiornamento sulla situazione causata dalla pandemia, il premier ha rilanciato un concetto già caro ad alcune influenti personalità italiane.

Sono passati dieci anni infatti da quando Stefano Rodotà, giurista italiano, in occasione della III Edizione dell’Internet Governance Forum Italia, aveva avanzato una proposta tramutatasi poi in un disegno di legge. Di fatto si proponeva l’introduzione dell’articolo 21-bis della Costituzione, recante disposizioni volte al riconoscimento del diritto di accesso ad Internet. Riccardo Luna, uno dei promotori dell’iniziativa ed allora direttore di Wired, ha ripercorso i momenti della nascita di quest’idea, caduto poi nel nulla.

Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete Internet, in condizione di parita`, con modalita` tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale Proposta Art-21 bis

Il lavoro di Stefano Rodotà è però poi sfociato anche nella Dichiarazione dei diritti di Internet. Varata nel 2015, la carta riconosce come internet abbia “contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato, a strutturare i rapporti tra le persone e tra queste e le Istituzioni. Ha cancellato confini e ha costruito modalità nuove di produzione e utilizzazione della conoscenza. Ha ampliato le possibilità di intervento diretto delle persone nella sfera pubblica. Ha modificato l’organizzazione del lavoro. Ha consentito lo sviluppo di una società più aperta e libera. Internet deve essere considerata come una risorsa globale e che risponde al criterio della universalità”. per questo all’articolo 2 si riconosce “l’accesso ad Internet come diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale”.

“Ogni persona - continua l’articolo - ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale”.


Leggi anche:


L’Unione Europea

Sulla stessa linea della Dichiarazione italiana, il Parlamento Europeo il 25 novembre 2015 ha approvato un regolamento che stabilisce misure riguardanti l’accesso a un’Internet aperta, modificando la direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica e il regolamento (Ue) n. 531/2012 relativo al roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all’interno dell’Unione.

Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale Dichiarazione dei diritti di Intenret

In pratica il regolamento europeo cerca di definire norme comuni per garantire un trattamento equo e non discriminatorio del traffico nella fornitura di servizi di accesso a Internet e tutelare i relativi diritti degli utenti finali. L’obiettivo è quello di tutelare gli utenti finali, cioè i comuni cittadini, e a garantire al contempo il funzionamento ininterrotto dell’ecosistema di Internet quale volano per l’innovazione. 

Internet significa anche rete mobile ed è anche grazie a questo regolamento che dal 2017 sono state abolite le tariffe di roaming all’interno dei diversi Paesi dell’Unione Europea. 

Articolo 34-bis della Costituzione italiana

Tornando all’Italia, è stata avanzata un’altra proposta per inserire “internet in Costituzione”. Sulla falsariga di quella ideata da Stefano Rodotà, è ancora in discussione una legge costituzionale che vorrebbe introdurre l’articolo 34-bis della Costituzione. Presentata il 4 settembre 2018 durante la scorsa legislatura dai Senatori Giuseppe D’Ippolito e Mirella Liuzzi, entrambi del Movimento 5 stelle, la proposta è ancora in corso di esame. Anche con il cambio di governo infatti, la proposta è stata ripresentata e, ad oggi, è l’atto numero 1136 della Camera, dove attende l’inizio della discussione parlamentare.

 

«Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete internet in condizioni di parità e con modalità tecnologicamente adeguate.

La Repubblica promuove le condizioni che rendono effettivo l’accesso alla rete internet come luogo dove si svolge la personalità umana, si esercitano i diritti e si adempiono i doveri di solidarietà politica, economica e sociale. La limitazione di tale diritto può avvenire, con le garanzie stabilite dalla legge, solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria.

È riconosciuta la neutralità della rete internet. La legge determina le condizioni affinché i dati trasmessi e ricevuti mediante la rete internet non subiscano trattamenti differenziati se non per fini di utilità sociale e riconosce la possibilità di utilizzare e di fornire apparecchiature, applicativi e servizi di propria scelta» - Articolo 34-bis

 

In attesa della discussione di questa proposta di modifica costituzionale, una regione italiana ha provato a fare da sé. Si tratta dell’Umbria che nella sua legge regionale n. 31 del 13 dicembre 2013, nel comma 1 dell'art. 1 ha scritto: “La Regione riconosce il diritto di tutti i cittadini di accedere a internet quale fondamentale strumento di sviluppo umano e di crescita economica e sociale e promuove lo sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione al fine di assicurare la partecipazione attiva alla vita della comunità digitale. [...].»

ONU: accesso ad internet diritto umano fondamentale

Anche l’UNHCR si è espressa in materia di accesso ad internet. Il 5 luglio 2012, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità la risoluzione che riconosce l’accesso a Internet e la libertà di espressione online come diritti umani fondamentali.

POTREBBE INTERESSARTI

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012