Sono i numeri a dare la certezza delle cose poiché i numeri restituiscono la realtà, permettono il confronto, e insieme ‘misurano successi e fatiche’. E sui numeri si fonda anche gran parte dell’attività dell’Ong padovana Medici con l’Africa Cuamm che da oltre settant’anni opera nell’Africa più povera, più disperata, l’Africa dimenticata ‘dell’ultimo miglio’.
Ad oggi il Cuamm è presente in Sierra Leone, Sud Sudan, Etiopia, Uganda, Tanzania, Angola e Mozambico con progetti a lungo termine per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane. Con oltre 2.200 operatori (di cui 233 professionisti qualificati nazionali africani, 55 internazionali africani e 264 europei), l’Ong è attiva in sei specifiche aree di intervento: salute materno infantile (con attività di sensibilizzazione, prevenzione e cura), nutrizione (con progetti di educazione alimentare e attività di contrasto ai casi di malnutrizione acuta e cronica), malattie infettive (con attività di sensibilizzazione e trattamento sulle principali malattie), formazione (sostenendo la formazione professionale di ostetriche e infermiere e universitaria di medici e specialisti e garantendo attività di affiancamento del personale sanitario di ospedali, centri di salute e dipartimenti di salute pubblica locali), monitoraggio, valutazione e ricerca (raccolta e analisi dei dati e realizzazione di ricerche operative), malattie croniche (sostenendo interventi di salute pubblica per la prevenzione e cura).
“Quello che caratterizza questa organizzazione – spiega il medico di salute pubblica Cuamm Francesca Tognon – è il fatto di andare a rispondere alle esigenze sanitarie di un territorio, non perché le vediamo noi, ma perché è quel paese che ce lo chiede affrontando anche le relative emergenze ed esigenze che quello specifico paese può avere in quel momento. L’Africa a cui ci rivolgiamo è quella che ci chiede di stare lì per aiutare la sua gente a crescere e migliorare non a scappare o a cercare altro”.
“ Uno dei vostri ambiti di intervento è la ricerca sanitaria. In un territorio così poco sviluppato e così fragile, come si fa la ricerca e a cosa serve farla?
‘Dietro ogni numero ci sono un volto e una storia’ spiegano gli operatori del Cuamm che in Africa (ma anche in Italia) lavorano quotidianamente a stretto contatto con questa realtà. Ecco allora che i 187.928 parti assistiti del 2017, i 9.586 trasporti in ambulanza, i 16.222 bambini trattati per malnutrizione acuta sempre nell’ultimo anno, le 260.236 persone curate per malaria, gli 11.623 operatori formati (e tutti gli altri interventi) non sono più solo semplici cifre ma diventano vere storie di vita (e di morte anche a volte). Storie che assumono ancor più valore, se possibile, quando ad accompagnarle sono ancora una volta i numeri che ci vengono in aiuto offrendoci un consapevolezza diversa e una visione più ampia e oggettiva della realtà. Facendo qualche confronto con l'Italia, ad esempio, si scopre che l’età media della popolazione nel nostro Paese è di 44 anni, in Uganda di 16, 17 in Mozambico, 19 in Sud Sudan. Le mamme italiane che muoiono a causa del parto, invece, sono 4 su 100.000, in Mozambico 480 su 100.000, 789 in Sud Sudan, 1.360 in Sierra Leone. Parlando di medici, nel nostro Paese se ne può contare 1 ogni 253 abitanti, in Sierra Leone 1 ogni 41.600 abitanti, in Etiopia 1 ogni 40.000, mentre in Sud Sudan la situazione è a tal punto instabile che è addirittura impossibile fare ogni tipo di rilevamento. In Sud Sudan, uno dei Paesi più giovani del mondo ma anche uno dei più poveri, il Cuamm è presente dal 2006. Oggi qui, la crisi umanitaria che prosegue dal 2013, ha portato a 4 milioni di sfollati (un milione di rifugiati in Uganda e 530 mila in Etiopia) e a una situazione fortemente instabile dal punto di vista sanitario, economico e sociale.
“In linea con quella che è la mission dell’organizzazione, rafforzare i sistemi sanitari per rispondere ai bisogni sanitari e al diritto alla salute delle popolazioni povere in Africa – continua Francesca Tognon – il Cuamm sposterà a breve il proprio intervento anche nella Repubblica Centrafricana, Paese che, nella graduatoria che raggruppa i paesi in base all’Indice di sviluppo umano, si colloca agli ultimi posti. Qui, prenderà in carico l’intero complesso pediatrico di Bangui, soprattutto per quanto riguarda la gestione complessiva della struttura affiancando il personale locale anche nella formazione on the job”.