SCIENZA E RICERCA

L'editoriale. Clima e guerra: il rapporto perverso

Qualche settimana fa, su Science, è uscito un editoriale da un titolo contro intuitivo: Per risolvere la crisi climatica, per prima cosa raggiungere la pace.

Cosa c’entra la guerra con il clima? C’entra per due motivi fondamentali. La prima è ovvia: in un periodo di conflitto, drammatico per l’attacco criminale del regime di Putin contro l’Ucraina, molti Paesi stanno cercando di affrancarsi dalla dipendenza dal gas russo con soluzioni di emergenza per sostituirlo con altre fonti di combustibili fossili. La previsione, quindi è che l’utilizzo di combustibili fossili aumenterà e non diminuirà. Ma la guerra fa male all’ambiente e alla transizione energetica anche in un altro modo. Per affrontare il cambiamento climatico, serve collaborazione internazionale, tavoli di discussione e diplomazia. Quest’ultima, con la guerra, si trova in uno dei suoi momenti più bassi con blocchi contrapposti che si muovono per conto loro. Saremo quindi più lenti ad affrontare crisi globali come il climate change.

Un altro effetto perverso è all’inverso come senso: il peggioramento della crisi climatica genera instabilità e insicurezza geopolitica. Aumenta i conflitti, destabilizza le regioni, genera migranti ambientali, crea altri conflitti per le risorse. Il tutto in un contesto di disuguaglianza: pagano di più I Paesi poveri, quelli che meno hanno contribuito alle emissioni di gas climalteranti. È una situazione di preoccupazione crescente nel breve e nel lungo periodo. L’editoriale conclude, ricordando come ora si stia andando a caccia di fonti alternative di energia, fossili, comprandole anche da Paesi che non sono, spesso, grande esempio di democrazia. Bisognerebbe, invece, ridurre il consumo e la dipendenza dai combustibili fossili.

Science ci mette in guardia, insomma, non solo dai danni umani e materiali della guerra, ma anche dai problemi di prospettiva. La guerra in Ucraina ritarderà di almeno quattro o cinque anni la conversione ecologica: un’ulteriore tragedia che si somma a quelle che leggiamo ogni giorno sul conflitto nell’Europa orientale.

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