SOCIETÀ

Le libertà negate dell'Ungheria di Orban

Sarà un inverno più difficile del solito per i senzatetto in Ungheria. Il partito di centrodestra Fidesz, guidato dal premier ultraconservatore Viktor Orban, è riuscito a far approvare in Parlamento, dopo anni di tentativi via via contrastati e in parte respinti dalla Corte Costituzionale, una legge che di fatto spazza via i vagabondi dalle strade delle città, a partire naturalmente da Budapest. Niente più panchine nei parchi pubblici, androni di palazzi, sotterranei della metro o delle stazioni ferroviarie. La legge, entrata immediatamente in vigore, consente agli agenti di polizia di segnalare e “avvisare” i clochard del divieto assoluto di vagabondaggio in tutte le città del paese. Al secondo avviso scatterà una multa di 473 euro, che ovviamente nessuno di loro potrà pagare. E chi non paga finisce in carcere, con una condanna già scritta: due mesi. Al terzo avvertimento in 90 giorni l’arresto sarà inevitabile. Tutti i loro averi (coperte, sacchi a pelo, indumenti, scarpe, cartoni: difficile immaginare altro) saranno distrutti. Baracche e alloggi abusivi saranno spianati con i bulldozer. I reclusi potranno essere assegnati a svolgere lavori socialmente utili. Per loro, comunque, divieto assoluto di rilasciare interviste e di avere qualsiasi contatto con la stampa (sempre più invisa a Orban e ai suoi sostenitori). Chi sgarra vedrà aumentata la pena. La spiegazione di tanta severità, che non ha pari in alcun paese dell’Unione Europea, è nelle parole di Attila Fulop, sottosegretario agli Affari sociali del governo: «Il nostro obiettivo è assicurare che i senzatetto non siano in strada di notte, e garantire così che i cittadini possano fare uso dello spazio pubblico senza impedimenti».

Numeri e promesse

Donne e uomini soli, da spazzare via, come rifiuti. Purché vadano altrove, lontano dalla vista. Ma quanti sono i senzatetto in Ungheria? Le stime contrastano, ma un recente studio dell’Onu ne conta circa 50mila, un terzo dei quali vivrebbe abitualmente in strada. A Budapest i centri d’accoglienza sarebbero in grado di offrire riparo a circa 10mila persone, ma i clochard sarebbero almeno il doppio.

Il governo, al montare delle critiche per il provvedimento, ha genericamente promesso «ulteriori investimenti per sopperire alle necessità di accoglienza». Le organizzazioni internazionali e i gruppi per i diritti alla casa denunciano invece la totale mancanza di infrastrutture per l’accoglienza delle fasce più povere della popolazione e l’inadeguatezza di quelle esistenti, al punto che «molti dei senzatetto preferiscono dormire in strada piuttosto che ammassati in centri sovraffollati e privi di servizi».

L’Onu: «Inaccettabile crudeltà»

Per riuscire nell’impresa di far passare la legge (i primi tentativi, risalgono al 2011) il partito di Orban ha dovuto mettere mano alla Costituzione, modificandone l’articolo 22. Una norma aspramente contestata non soltanto in patria, dove attivisti e Ong hanno protestato davanti all’ingresso del Parlamento, mentre un gruppo di avvocati ha avviato una raccolta firme per una petizione a favore dei clochard. Leilani Farha, relatrice speciale dell’Onu per il diritto a standard abitativi adeguati, ha definito la legge ungherese «crudele e incompatibile con le regole internazionali sui diritti umani». «È assolutamente inaccettabile – ha scritto la relatrice delle Nazioni Unite in una lettera inviata al premier Orban - che il governo non assolva al proprio dovere di prevenire o rispondere al problema dei senzatetto. E che invece abbia l’audacia di trattare la popolazione senza fissa dimora nei modi più rigidi con multe che ovviamente non possono pagare e la minaccia della detenzione». Per poi concludere: «Qual è il crimine che hanno commesso? Semplicemente cercare di sopravvivere».

Lo scontro con l’Unione Europea

Più articolato lo scontro che vede l’Unione Europea contrapposta all’Ungheria sulla base di una mozione presentata dall’europarlamentare olandese Judith Sargentini, approvata dal Parlamento Europeo lo scorso 12 settembre (448 voti a favore, 197 contrari, 48 astenuti), che chiedeva l’attivazione dell’articolo 7 del Trattato per “grave rischio” di violazione dello stato di diritto. Il “metodo Orban” è stato applicato non solo ai clochard ma anche ai migranti (la riforma della legge sull'asilo presenta, ad avviso dell’Ue, gravi violazioni dei diritti umani, a partire dalla detenzione obbligatoria di tutti i richiedenti, compresi i minori, per l'intera durata della procedura), al controllo dei media (limitata libertà di opinione ed espressione, assenza di garanzia di una stampa priva di censura e restrizioni), all’indipendenza della giustizia (la modifica costituzionale voluta dal governo dà facoltà al cosiddetto “Ufficio governativo dei giudici” di spostare a piacimento giudici e processi, oltre a ridurre le competenze della Corte costituzionale), ai diritti sociali (l’Ue considera illegale la modifica imposta nel 2010 alla legge sugli scioperi) e alla libertà accademica (imposte limitazioni alle Università dell’Unione Europea e di altri paesi, in contrasto con quanto stabilito dalla stessa Ue in materia di diritto alla libertà accademica, all'istruzione e alla libertà d'impresa), fino al braccio di ferro con le Ong, per le quali sono stati di fatto bloccati i finanziamenti dall’estero.

Orban: «Nessun passo indietro»

Viktor Orban non sembra avere alcuna intenzione di arretrare, forte com’è di un consenso in continuo aumento nel suo paese, apprezzato sia per l’intransigenza verso i migranti sia per i successi in economia (il Pil è stimato in crescita del +4%). «Ci punite perché difendiamo le frontiere. Ma noi continueremo a farlo, anche contro di voi, se necessario. Non accetteremo minacce e ricatti dalle forze pro-immigrazione», ha dichiarato, bellicoso, il premier ungherese. E sulla pagina Facebook del governo ha fatto diffondere un video nel quale, in sostanza, scredita il Parlamento Europeo e la mozione Sargentini: «L'Ungheria è attaccata perché gli ungheresi hanno deciso che il nostro non sarà un paese d’immigrati».

Ora la decisione passa al Consiglio Europeo, che riunirà i capi di Stato e di governo dei 28 Paesi membri (ma l'Ungheria non partecipa al voto). E che potrà confermare la decisione dell'Europarlamento solo a maggioranza di quattro quinti dei votanti. Il comma 1 dell'articolo 7 prevede che il Consiglio, prima della decisione, ascolti lo Stato membro al quale può rivolgere delle raccomandazioni. Quanto alle eventuali sanzioni, il Consiglio (a maggioranza qualificata) può decidere di sospendere alcuni dei diritti allo Stato membro, tra cui i diritti di voto del rappresentante di quel governo all’interno dello stesso Consiglio. In ogni caso, lo Stato membro in questione continua a essere vincolato dagli obblighi previsti dai trattati.

Verso uno scontro frontale

Uno scontro frontale sembra tuttavia assai probabile. Anche perché il “metodo Orban” (ordine e disciplina, soprattutto sulle minoranze, controllo e repressione delle voci contrarie all’azione di governo) riscuote oramai plausi e consensi anche al di fuori dei confini ungheresi: in Italia, ad esempio, con Lega e Forza Italia apertamente schierate a favore delle politiche imposte dal premier, ma anche in altri paesi dove soffia forte il vento delle destre, come la Polonia, l’Austria, la Slovenia. E’ presto per ipotizzare un’uscita traumatica dell’Ungheria dall’Unione, ma al momento nessuna opzione può essere esclusa.

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