CULTURA

“L’occhio in gioco” rivela il mondo e noi stessi

Ciò che vediamo corrisponde a quello che esiste realmente? Che ruolo hanno i nostri sensi nel “costruire” l’ambiente in cui viviamo? Dilemmi fondamentali, che attraversano la vita di tutti ma anche differenti campi dello scibile umano: scienza, filosofia e arte. Se infatti è stato Immanuel Kant a sistematizzare per primo in maniera moderna il problema della conoscenza, è vero anche che le teorie della percezione sono in gran parte debitrici verso gli studi sull’ottica. “Se gli uomini avessero davanti agli occhi due vetri verdi – scriveva Heinrich von Kleist nel 1801 – dovrebbero concludere che gli oggetti osservati attraverso questi vetri sono verdi, e non potrebbero mai stabilire se l’occhio mostri loro le cose così come realmente sono o non attribuisca ad esse qualche proprietà che appartiene non alle cose, bensì all’occhio. Lo stesso accade per l’intelletto. Noi non possiamo decidere se quanto chiamiamo verità sia realmente verità o soltanto apparenza”.

Non possiamo decidere se quanto chiamiamo verità sia realmente verità o soltanto apparenza Heinrich von Kleist

Proprio a Padova, la città dove Galileo perfezionò il cannocchiale aprendo nuovi mondi all’osservazione umana, apre una grande mostra incentrata sull’eterno triangolo tra realtà, percezione e mente. L’occhio in gioco. Percezione, impressioni e illusioni nell’arte, dal 24 settembre al 26 febbraio 2023 presso il Palazzo del Monte di Pietà, si presenta fin da subito come una grande mostra internazionale, ricchissima nei contenuti – circa 400 gli oggetti esposti tra opere, strumenti scientifici, fotografie, libri, oggetti di design e quant’altro – e davvero densa nei richiami e negli spunti proposti (come testimonia il doppio catalogo edito da SilvanaEditoriale). Un progetto ambiziosissimo che è frutto della collaborazione tra Fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo e Ateneo Patavino, e che si pone come uno degli eventi di spicco per le celebrazioni degli 800 anni dell’università.

L’esposizione si articola in tre parti distinte. La prima, curata da Luca Massimo Barbero, è dedicata alle ricerche artistiche, scientifiche e culturali, che dal XIII secolo si sono concentrate su colore, ottica e movimento. Si parte dalle rappresentazioni del cosmo nel Medioevo e nel primo Rinascimento tra preziose miniature, mappe celesti e zodiaci, per arrivare a oggetti unici come planetari e sfere armillari, simbolo del rapporto tra scienza e natura. Fin dalla prima stanza è stabilita una forte connessione con l’arte contemporanea, poi pienamente sviluppata negli ambienti successivi con opere di gran pregio provenienti da alcuni dei maggiori artisti del secolo scorso: Paul Klee, Georges Seurat, Gino Severini, Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Marcel Duchamp, Vasilij Kandiskji, Pablo Picasso, Victor Vasarely… e poi ancora Gio Ponti, Bruno Munari, Ettore Sottsass. Un continuo assalto ai sensi che inebria la mente, rischiando talvolta di confonderla, ma che fa anche riflettere sull’intensa ricerca portata avanti in seno all’arte occidentale, spesso con l’ausilio della scienza, per cercare di rendere al meglio lo spazio e il tempo su superfici piatte e immote. Altre volte invece l’opera d’arte cerca di ingannare l’occhio, creando impressioni di profondità e di movimento che appaiono più vere del reale. Chiude questa sezione un richiamo a… David Bowie! La copertina disegnata da Vernon Dewhurst per uno dei suoi album più famosi, Space Oddity, è infatti un esempio di come questo tipo di arte possa assumere toni e diffusioni decisamente pop.

Se la prima sezione parte dall’arte, la seconda – curata da Andrea Bobbio, Giovanni Galfano e Massimo Grassi – ha il suo baricentro soprattutto nella ricerca scientifica. Fin dal 1919 infatti, anno dell’arrivo di Vittorio Benussi, Padova è anche uno dei centri d’avanguardia nel campo della psicologia sperimentale, che ha tra i suoi argomenti fondamentali proprio lo studio della percezione sensoriale. Una scuola che annovera personalità come Cesare Musatti, Fabio Metelli, con i suoi studi sulla percezione della trasparenza, e Gaetano Kanizsa, che diventerà famoso in tutto il mondo in particolare per i suoi studi sulle illusioni ottiche. L’interrogativo è antico: la realtà è qualcosa completamente al di fuori o noi contribuiamo in qualche modo a crearla? In che modo? Nelle stanze le opere d’arte sono affiancate a schede e a materiali di laboratorio, tanto che a un certo punto diventa addirittura difficile distinguerli tra loro, mostrando come ricerca scientifica e creazione artistica siano spesso intrecciate al limite dell’interdipendenza. Come accade nella figura di Manfredo Massironi, nella sua “prima vita” artista e in seguito ricercatore e docente universitario di psicologia generale, specializzato proprio nell’ambito delle percezioni visive.

Ed è Massironi a costituire il trait d’union con l’ultima sezione della mostra, curata da Guido Bartorelli: quella dedicata al “Gruppo N”, uno dei movimenti artistici più interessanti e originali del dopoguerra. Cinque ragazzi terribili – oltre a Massironi Alberto Biasi, Ennio Ghiggio, Edoardo Landi e Toni Costa – che tra il 1960 e il 1964 sfidano l’accademia e gli equilibri consolidati facendo di Padova uno dei centri del rinnovamento artistico italiano. Ancora una volta mettendo al centro della loro concezione dell’arte la grande questione del rapporto tra visione e realtà. Non un’arte cinetica, ma un’arte che però contiene comunque il movimento, in cui le opere sembrano cambiare forma, prospettiva e persino colore a seconda della posizione dello spettatore, che così assume un atteggiamento attivo e non passivo, come se fosse lui stesso a partecipare alla creazione artistica. Per questo l’opera del “Gruppo N” e dei suoi componenti è oggi conosciuta ed esposta in tutto il mondo, dal MoMA di New York al Centre Pompidou di Parigi.

Quella di Padova è una mostra che dunque riesce a unire l’universale al locale, e che nella scelta degli organizzatori è stata in qualche modo disseminata in tutta la città: opere sono infatti presenti anche a Palazzo Bo, all’Orto Botanico e al Musme, il Museo di Storia della medicina in via San Francesco. Un ottimo modo per sottolineare ancora una volta il carattere di museo diffuso di Padova, già messo in evidenza dalla sua inclusione nel patrimonio mondiale Unesco come Urbs Picta, e di celerare degnamente otto secoli di storia, scienza e bellezza.


L’occhio in gioco. Percezione, impressioni e illusioni nell’arte

a cura di Luca Massimo Barbero, Guido Bartorelli, Giovanni Galfano, Andrea Bobbio e Massimo Grassi

Palazzo del Monte di Pietà, Padova, fino al 26 febbraio 2023

www.palazzodelmontepadova.com

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