CULTURA

Luoghi di poeti: Torreglia e Luvigliano

"Accogliete pertanto nella vostra Amicizia i pochi versi, qualunque sieno, del vostro Amico; né vi dispiaccia di rifar seco un poetico viaggio per i bellissimi Colli della vostra bellissima Euganea", scrive Giuseppe Barbieri, da Praglia, nel giugno del 1806, rivolgendosi "ai coltissimi signori Francesco ed Alessandro, fratelli Papafava da Carrara, cavalieri del S. Ordine Gerosolimitano". 

Barbieri è l'autore del poemetto I Colli Euganei, che inizia così "Se dolce antico ed ospitale affetto": parole che evidenziano il legame profondo con il territorio. In questo secondo episodio dedicato al Parco letterario Francesco Petrarca e dei Colli Euganei, con Torreglia e Luvigliano, partiamo proprio dall'abate, nato a Bassano del Grappa nel 1774, che, dopo gli studi a Padova e il periodo trascorso a Praglia, intorno all'anno 1819 scelse di trasferirsi nel borgo di Torreglia, nella dimora oggi conosciuta come Villa Gussoni-Barbieri Verson, a pochi passi dal sentiero Caromatto, dove restò fino alla morte, avvenuta nel 1852.

"Voi vel sapete, avventurosi Colli / Voi del mio genio confidenti, Antico / Ospite vostro e buon cultore, io seguo / L'interna voce che mi sprona al canto; / E nel canto ho del par gioja, e mercede [...] Voi siete un vezzo di natura, un riso / Gioja del Cielo, e leggiadria del suolo. / Facili dossi, collinette apriche, Tumuli erbosi, piccoletti scogli, / Commode vallicelle, ombrosi seni, / Cari boschetti, ruscelletti vivi / E torrentelli di brevissim'onda / Son vostra gloria" (Da I Colli Euganei, Giuseppe Barbieri, a cura di Francesca Favaro, postfazione di Giulio Osto, Marsilio)

Riprese e montaggio: Elisa Speronello

Prima di raggiungere i luoghi dell'abate Barbieri - e in particolare la villa, per incontrare l'attuale proprietario Saverio Verson -, facciamo tappa alla casa natale di Jacopo Facciolati (1682-1769), illustre “figlio” di Torreglia, latinista e dal 1723 professore all’università di Padova. Qui, sopra la porta d'ingresso, due iscrizioni ci parlano di lui: la prima semplicemente recita "Qui nacque Jacopo Facciolati / il 4 gennaio 1682", nella seconda leggiamo "Magna domus salve! Graiis innixa columnis splendore cedant regia tecta tuo" (Salve, augusta casa, al tuo splendore si inchinino le regge sostenute da greche colonne).

" [...] Torreglia, splendida per posizione e rigoglio. Lì c’è un bellissimo ostello dei frati di Santa Maria di Monte Ortone, noto come Mirabello; un piccolo cenobio dei monaci di San Benedetto, detto Castelletto, e l’eremo principale degli eremiti Camaldolesi, chiamato Rua" (Jacopo Facciolati, da Euganei Colles, 1746)

Lasciata la casa di Facciolati, raggiungiamo la parte alta del borgo. Sulla sommità del Colle della Mira sorge la Chiesa di San Sabino, che lo stesso Facciolati contribuì a restaurare, investendo quel che aveva guadagnato con la stesura dell'opera Fasti gymnasii patavini, per l'ateneo di Padova. 

San Sabino è luogo di fede, ma anche di letteratura. Nel 1869, diciassette anni dopo la sua scomparsa, le spoglie di Barbieri vennero collocate proprio in questa chiesa. Torniamo dunque sulle tracce dell'abate. "Arrivato a Padova per diventare monaco benedettino all'Abbazia di Praglia, Barbieri fu docente  presso il monastero di Santa Giustina e allievo e discepolo di Melchiorre Cesarotti, a cui succedette all'università di Padova nella cattedra di Letteratura greca - racconta don Giulio Osto, tra i protagonisti di questo secondo episodio, teologo e saggista -. Dopo le soppressioni napoleoniche, uscì dal monastero, restò sacerdote secolare e, grazie allo stipendio dell'università, acquistò una bellissima casa a Torreglia, vicino a San Sabino". Tra le opere più note di Barbieri, oltre al poema già citato dedicato a I Colli Euganei in 750 versi, si ricordano le Veglie Tauriliane del 1821.

"Sorge la piccola Villa sul dosso erboso d’un Colle fruttifero, ventilato da purissime aure, e sotto a benignissima guardatura di cielo: ché, nato appena, la vien salutando co’ primi raggi il sole, e tutta intorno la veste con la sua luce. E così bella invero è la mostra, che fa di sé questa cara Villetta, che uscendo voi di Padova, e prendendo la via Romana, ve la mirate risorgere in faccia, e biancheggiare dall’alto lieta e ridente" (Giuseppe Barbieri, Veglie Tauriliane, 1821)

Ed eccola la bella dimora, descritta dallo stesso Barbieri. Splendida negli spazi interni ma soprattutto in quelli esterni: "Le vedute poi che di là si presentano all’occhio, oh! le vedute sono cosa teatrale". Oggi la villa appartiene a Saverio Verson: "Questa casa è stata acquistata dalla mia famiglia direttamente dagli eredi dell'abate Barbieri, che avevano venduto qualsiasi cosa: era diventata una casa da recuperare sotto ogni aspetto [...] Io ho iniziato il restauro nei primi anni Novanta". E Verson continua: "Ogni angolo, ogni pertugio, interno ed esterno, è un luogo dove io riesco a stare bene. Qui Barbieri fissò il suo nido e racchiuse il cuore, ed è lo stesso per me. Nella parte del piano nobile abbiamo ancora la sua vecchia cappella, che ora è una camera da letto. In questa casa ho trovato una grande eredità dal punto di vista spirituale e provo sensazioni sempre nuove".

Spostandoci verso il Castelletto troviamo la targa letteraria che propone una citazione da una poesia di Niccolò Tommaseo, allievo di Giuseppe Barbieri. Per omaggiare l'abate, suo maestro, Tommaseo compose il carme Tauriliae descriptio (già citato nel primo episodio: Luoghi di poeti è infatti il titolo scelto per questa serie).

"Cantiamo Torreglia. Poeta che vivi nella amata ombra, / prestami la cetra, che raccontò gli amori dei fiori, / l’euganea terra, l’alternarsi delle stagioni e il grande Meronte / Non lontano dall’euganea urbe vi è un luogo bellissimo: / era mare; ma da tempo, per l’esplodere delle fiamme, / le onde si ritirarono: i colli balzano fuori, / si piegano ad arco, verdeggiano rigogliosi di ogni bene […] / Già luogo di poeti è codesto. Tutto all’intorno avvince il poeta" (Niccolò Tommaseo, Tauriliae descriptio, 1821)

Percorrendo il sentiero Carromatto si attraversa una zona chiamata "campagne dell'osteria", richiamo alla vocazione vitivinicola e agricola del territorio. "Qui si trova la targa di Giulio Alessi, poeta, professore in diversi istituti padovani, tra cui l'Einaudi, e nelle scuole italiane a Mogadiscio, redattore della rivista dell'università di Padova - spiega Claudia Baldin, presidente del Parco letterario -. Dalla raccolta La crosta del pane, della fine degli anni Cinquanta del Novecento, è tratta la poesia Torreglia", scelta proprio per la targa dedicata al mondo contadino.

"I vendemmiati colli, il contadino / che i baffi ha sulle labbra (dal tennis / sulla vetta è discesa una fanciulla / ed entra nell’osteria con un passo / di carillon) quest’aria che non si agita / se fuori infuria la tempesta, dà / pace al vagabondo cuore…" (Giulio Alessi, Torreglia da La crosta del pane, 1957)

Sul Monte Rua, nella natura, tra gli alberi, si nasconde la targa letteraria di Concetto Marchesi, che fu rettore dell'università di Padova, e, "in due anni diversi, trascorse qualche giorno all'eremo - racconta Claudia Baldin - ospite dei monaci camaldolesi". Ne Il libro di Tersite dedica un capitolo proprio al Rua.

"Un colle di 423 metri, fra gli Euganei; ma dalla vetta l’occhio spazia in una vastità come di sommo valico alpino, fra le due pianure: quella che si perde verso Ferrara, e l’altra che da Venezia giunge ai monti Berici e alla grande cortina delle prealpi; e al mattino se le nebbie non fanno ostacolo, si vede a levante la larga striscia lucente della laguna [...] L’eremo col bosco, i campi, l’orto e i fabbricati è circondato da un muro, sì che il portone ne è l’unico ingresso; di là nessuno può uscire senza licenza del Priore che ne tiene le chiavi insieme al fratello portinaio: e può uscirne solo per gravi ragioni di obbedienza, di carità o di necessità" (Concetto Marchesi, Il libro di Tersite, 1935)

Arriviamo, infine, a Luvigliano per ammirare Villa dei Vescovi e scoprire la targa letteraria dedicata a Dino Buzzati, con un estratto da Festa in villa col mago, testo contenuto nella raccolta di articoli, scritti durante la carriera di giornalista al Corriere della Sera, dal titolo Cronache terrestri. Progettata nel XVI secolo da Giovanni Maria Falconetto, architetto veronese che seguì i lavori fino alla morte avvenuta nel 1535, la villa restò di proprietà dei vescovi patavini fino al 1962, per poi essere comprata da Vittorio e Giuliana Olcese che la restaurarono. Donata nel 2005 da Maria Teresa Olcese Valoti e Pierpaolo Olcese, oggi è un bene del FAI, Fondo ambiente italiano. Dal 2011 è aperta al pubblico.


LE TARGHE

Mappa interattiva del parco letterario


 

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