SCIENZA E RICERCA

“Mi dispiace, suo figlio è autistico”

“L’esperienza della disabilità è un terremoto emotivo che sconvolge l’esistenza di una persona costringendola a ricostruire la propria vita su basi diverse […] La nascita di un bambino disabile mette fine al sogno di avere un figlio perfetto. Da questa frase a quella successiva di accettazione della disabilità intercorre un tempo variabile nel quale si mischiano senso di colpa, vergogna verso se stessi e verso il figlio, rabbia, impotenza, depressione e nuovo slancio propositivo, sentimenti che si ripropongono a ogni stadio evolutivo del figlio”. Cosa significa essere genitore di un ragazzo autistico? Ce lo siamo chiesti e abbiamo cercato risposte tra le pagine di Mi dispiace, suo figlio è autistico, libro recentemente pubblicato da edizioni GruppoAbele che apre una finestra sulla quotidianità delle persone autistiche e delle loro famiglie, concentrandosi sulla storia vera dell’autrice Gabriella La Rovere, medico, giornalista, madre di Benedetta, responsabile del Centro di documentazione delle buone prassi in ambito familiare e sociale con sede a Todi e animatrice del sito Per noi autistici. La Rovere intreccia la sua vita quotidiana, fatta di sfide e piccole conquiste, con storie del passato e biografie di personaggi noti, passando per cinema e letteratura e trattando il tema dell’autismo senza moralismi o censure. “Da una ricerca condotta anni fa su un centinaio di famiglie, è emerso che subito dopo la diagnosi il bisogno primario della famiglia sia quello di non sentirsi sola e abbandonata – scrive l'autrice -. A questo va aggiunta la scarsa informazione o, quanto meno, un’informazione insoddisfacente che porta i familiari a cercare in Internet le risposte alle loro molteplici domande. E qui si entra in una vera e propria giungla dove è facile essere irretiti perché alla ricerca di un qualcosa che possa ‘aggiustare’ definitivamente quel figlio. I genitori devono invece essere aiutati a riscrivere la loro vita in funzione di quel figlio, niente di più o meno del caso in cui si vengano a trovare di fronte ad altre patologie (diabete, cardiopatie congenite, nefropatie) nelle quali risulta meno faticosa l’accettazione”.

Il libro di Fulvio Ervas Se ti abbraccio non aver paura (Marcos y Marcos, libro dell’anno 2012 di Fahrenheit Rai Radio 3, vincitore del Premio Anima 2012 e del Premio Viadana giuria giovani 2013) ha raccontato la storia vera di Franco e Andrea, il rapporto tra un padre e un figlio autistico partendo da un viaggio in America, in moto. Un primo passo importante che ha spalancato una finestra su un mondo privato, delicato e poco conosciuto, su una storia unica ma simile a quella di tante altre famiglie. "Quindici anni fa stavo tranquillo sul treno della vita, comodo, con i miei cari, le cose che conoscevo. All'improvviso Andrea mi scuote, mi rovescia le tasche, cambia le serrature delle porte. Tutto si confonde. Sono bastate poche parole: Suo figlio probabilmente è autistico".

Il 2 aprile è la Giornata mondiale per la consapevolezza dell'autismo (con un focus su Assistive technologies, Active participation), abbiamo intervistato la professoressa Irene Cristina Mammarella, psicologa del dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione e co-fondatrice del centro Lab.D.A., spin-off dell’Università di Padova che si occupa di valutazione e interventi, consulenza, ricerca e formazione nell’ambito dei disturbi dell’apprendimento (Dsa), delle difficoltà scolastiche e altri disturbi dello sviluppo (Adhd, disturbi del comportamento, dello spettro dell’autismo e di ansia). A lei abbiamo chiesto una riflessione sul ruolo dei caregiver e, in generale, sulle condizioni, i diritti e le esigenze delle famiglie di persone autistiche: “Al Lab.D.A. arrivano genitori che chiedono sostegno soprattutto per quanto riguarda le abilità socio-relazionali dei loro figli: i bambini autistici sono spesso soli oppure non riescono ad approcciare in modo adeguato, perché non riescono a trovare le giuste modalità per stabilire relazioni positive e continue con gli altri. Noi cerchiamo di inserirli in gruppi omogenei per età e caratteristiche e utilizziamo tecniche di role playing per simulare situazioni di vita quotidiana. Un'altra problematica è legata alla scuola, anche per i bambini con spettro autistico ad alto funzionamento. Nel nostro centro noi forniamo anche sostegno scolastico”. E per quanto riguarda le terapie, Mammarella aggiunge: “Quello che mi sento di consigliare ai genitori è di richiedere prove di validità scientifiche delle terapie, per avere le necessarie garanzie. Deve essere sempre riposta attenzione sulla scelta del tipo di intervento”, per non imbattersi in terapie fallimentari e difendersi dal rischio di illusioni.

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