CULTURA

"Perché abbiamo bisogno di Scotellaro"

Recentemente mi è capitato di discutere di poesia tenendo tra le mani il grande libro che raccoglie Tutte le opere (non solo poetiche) di Rocco Scotellaro. Un volume di 840 pagine, pubblicato un paio di mesi fa da Mondadori, suddiviso in sei sezioni, denso di versi, racconti, prose giornalistiche, scritti cinematografici, il romanzo autobiografico L'uva puttanella e l'inchiesta socio-antropologica Contadini del Sud del sindaco-poeta di Tricarico (Matera), morto per un infarto il 15 dicembre 1953, a soli trent'anni, tre anni dopo l'ingiusto arresto per un presunto delitto di concussione (che lo costrinse al carcere per 45 giorni), da cui venne infine prosciolto. Una morte prematura, che porta con sé il carico di sofferenza e amarezza determinato da quell'accusa. Un anno dopo la scomparsa, il suo Contadini del Sud vince il Premio San Pellegrino per l'inchiesta e alla sua produzione poetica viene assegnato il Premio Viareggio. Mi è capitato di parlarne, dicevo, e di raccogliere riflessioni sul tempo e i suoi effetti, su quel che resta e quel che viene cancellato, partendo da una domanda: quanto possono essere considerati attuali la poetica e il pensiero di Scotellaro, la fotografia di un mondo contadino che sembra essere ormai così lontano? Non ho dubbi, so cosa rispondere, perché l'opera di Scotellaro custodisce un'anima senza tempo, è un cantiere permanente per la costruzione di storie e azioni presenti e future.

Io sono un filo d'erba / un filo d'erba che trema. / E la mia Patria è dove l'erba trema. / Un alito può trapiantare / il mio seme lontano Rocco Scotellaro, 1949

Rivelare il mondo contadino attraverso la poesia (d'amore e malinconia, di natura e verità), i racconti e le inchieste, è stato un atto generoso e lungimirante che ha creato le basi per riconoscere e dare un nome a quel che è venuto dopo e, forse, a quel che stiamo vivendo oggi: indagando il sentimento autentico legato alla terra, la relazione intensa, sincera e drammatica tra uomo e natura, possiamo "entrare nelle cose", analizzare le trasformazioni, riuscire a vedere più chiaramente e, se mossi da buona volontà, provare a riorganizzarci per un nuovo inizio mettendo al centro l'essenziale. Ecco, dunque, perché ho scelto di partire dalla parole di Franco Vitelli, il più attento e autorevole studioso di Scotellaro e ora curatore di quest'opera imponente, non domanda ma dato di fatto: "Perché abbiamo bisogno di Scotellaro". Per Vitelli siamo di fronte a un'eredità preziosa che attraversa i territori della letteratura, della politica, della cultura socio-antropologica e che non riguarda solo il Sud e la sua storia, ma un "mondo oltreconfine" dove "si abbia a cuore la sorte delle umani genti".  

 

Sradicarmi? la terra mi tiene / e la tempesta se viene / mi trova pronto Rocco Scotellaro, 1942

Per Carlo Levi, autore nel 1964 della prefazione per il volume Laterza che includeva L'uva puttanella e Contadini del Sud, l'opera di Scotellaro rappresenta una "meditazione su se stesso e il mondo" ed "è la vita nel suo farsi, da ogni parte aperta, immediatamente diventata parola". Franco Vitelli parla di coincidenza tra parola e cosa, tra poesia e mondo contadino, che acquista voce entrando nella storia. Estetica e pensiero sociale vengono inclusi, così, in un "discorso che è sempre andato oltre le ragioni letterarie - talvolta eludendole - per dire chi siamo e dove vogliamo andare". Ma ancora e, anzi, soprattutto, la riflessione di Vitelli dà un senso a quel perché (abbiamo bisogno di Scotellaro), senza peccare di ingenuo anacronismo ma regalando una certezza, una possibilità di riscatto, individuando un nuovo inizio: "La società dello sperpero e dello sfrenato consumismo può e deve trovare modello nella frugalità contadina che era saggezza per sopravvivere nelle condizioni piene di rischi e limitate risorse, mente ora diventa misura per opporsi alla hybris della modernità che non conosce limiti. Oggi che quasi tutti i vincoli di solidarietà sociale sono saltati, o stanno per saltare stremati dalla vittoriosa prepotenza del capitale finanziario, occorre ripartire da una nuova centralità del soggetto eticamente rinnovato e dallo spirito comunitario".

Essi vestono e parlano e giudicano secondo un accordo che li avvince, si riconoscerebbero in qualsiasi parte della terra "I contadini guardano l'aria", dalle prose giornalistiche di Scotellaro

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