SCIENZA E RICERCA

Perseverance e le molecole organiche su Marte. Il punto sulla missione del rover

Negli ultimi quindici giorni il rover spaziale Perseverance, progettato per esplorare il cratere Jezero su Marte nell’ambito della missione Nasa Mars 2020, ha raccolto un altro frammento di roccia, portando così a quota 14 il numero di campioni ritenuti scientificamente interessanti. A renderli particolarmente significativi è la presenza di molecole organiche, le cui concentrazioni sono risultate sempre più elevate man mano che ci si avvicinava al delta del piccolo fiume che miliardi di anni fa alimentava un lago colmo di acqua allo stato liquido.

Sebbene vada subito chiarito che non è ancora stato possibile determinare l’eventuale origine biologica di queste molecole organiche (e per farlo con certezza bisogna attendere il ritorno del campioni sulla Terra, con la futura missione Nasa-Esa Mars Sample Return in programma per il 2033), la scoperta sta alimentando molto entusiasmo perché ormai sappiamo che in un remoto passato l’ambiente del cratere Jezero era molto diverso da oggi e aveva caratteristiche favorevoli allo sviluppo della vita. La stessa missione Mars 2020 ha tra i suoi obiettivi primari proprio la ricerca di eventuali tracce biologiche, in un pianeta che mostra somiglianze con la Terra primordiale e dove potrebbero essere nate forme di vita microscopiche.

Abbiamo parlato dell’argomento con Teresa Fornaro, ricercatrice dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) che lavora all’Osservatorio astrofisico di Arcetri (Firenze) ed è l’unica italiana tra i 13 participating scientist della missione.

E’ come se fosse una caccia al tesoro e ci stiamo avvicinando sempre di più a un luogo che era abitabile nel passato e avrebbe potuto ospitare delle forme di vita” ha spiegato Fornaro a Il Bo Live, ricordando che la presenza di materiale organico in alcuni campioni di polvere di roccia è stata riscontrata per la prima volta dal rover Curiosity della Nasa nel 2013, ma che adesso si è arrivati a un punto cruciale perché le nuove misure provengono da un’area caratterizzata da un terreno geologicamente molto ricco e hanno mostrato le concentrazioni più abbondanti di composti organici rilevate finora dalla missione. 

Teresa Fornaro, ricercatrice INAF e unica italiana tra i 13 participating scientist della missione, parla del rilevamento di molecole organiche su Marte. Intervista e montaggio di Barbara Paknazar

Perseverance: dai primi passi sul suolo marziano ai 14 campioni scientificamente interessanti

Il rover Perseverance è su Marte dal 18 febbraio del 2021 e, grazie a una trivella in grado di perforare la superficie, ha raccolto il suo primo campione di suolo marziano all'inizio di settembre dello stesso anno. Da allora è andato avanti con il suo lavoro che consiste nello studiare la geologia del luogo, prelevare campioni da analizzare e studiare eventuali tracce di vita passata. Il rover ha cominciato ad esplorare il fondo del cratere Jezero avvalendosi di un laboratorio mobile composto da strumenti sofisticati che consentono di analizzare la composizione chimica delle rocce e altri da cui provengono quelle spettacolari fotografie che ammiriamo ormai da un anno e mezzo. Nel suo viaggio il rover si è gradualmente avvicinato sempre più verso il delta del piccolo fiume che 3.5 miliardi di anni fa alimentava il lago, il luogo più adatto per cercare possibili segni di vita passata.

"Le rocce migliori per trovare informazioni sull’abitabilità del pianeta sono quelle che si trovano nel delta perché è dove si sono depositati tutti i sedimenti che venivano trascinati dal lago. E’ anche dove vi è anche la maggiore probabilità di preservazione di tracce di vita passata. Eravamo molto entusiasti dall’idea di arrivare al delta, ci siamo arrivati e le esplorazioni che abbiamo condotto hanno confermato che effettivamente il delta è un luogo dove l’abitabilità del pianeta era molto elevata", spiega la ricercatrice Teresa Fornaro.

A partire dal mese di luglio il rover ha dunque cominciato a raccogliere i campioni marziani proprio nell'area del delta" e se nella prima esplorazione, Perseverance si era concentrato sul fondo del cratere individuando roccia ignea, prodotta dal magma nel sottosuolo o da attività vulcanica in superficie, i campioni più recenti sono invece di origine sedimentaria.

"In particolare sono stati esplorati due siti molto interessanti: da una parte ci sono i campioni di Skinner Ridge, sono rocce arenarie costituite da grani di sabbia di varie dimensioni, compresi frammenti di rocce che sono stati trasportati anche da molto lontano dal fiume e che ci potranno dare molte indicazioni anche su regioni di Marte che non sono presenti a Jezero ma che sono a centinaia di chilometri e non avremmo mai potuto raggiungere con il nostro rover. L’altro sito interessante dal punto di vista dei materiali organici è quello di Wildcat Ridge, una roccia fangosa di un metro di diametro che molto probabilmente si è formata quando il lago è evaporato e si sono depositati questi fanghi con grani di sabbia molto sottile. Mostra una composizione molto omogenea, è ricca di solfati che sulla Terra sono ottimi per preservare biofirme molecolari e infatti, con lo strumento Sherloc che è a bordo di Perseverance, sul braccio robotico, siamo stati in grado di rivelare molecole organiche", approfondisce la scienziata.

Molecole organiche la cui origine è però ancora da chiarire 

Lo strumento Sherloc (Scanning Habitable Environments with Raman & Luminescence for Organics & Chemicals) è il primo a utilizzare la spettroscopia Raman e di fluorescenza su Marte e da questo sofisticato "investigatore" tecnologico sono arrivate le prime risposte sulla natura dei campioni raccolti.

"Non siamo ancora stati in grado di capire se sono di origine biologica oppure no ma abbiamo osservato, andando dal pavimento del cratere fino al delta, che la concentrazione di molecole organiche è andata man mano aumentando, fino ad arrivare al sito del Wildcat Ridge dove in ogni singolo punto che abbiamo analizzato abbiamo trovato un segnale molto intenso. Questo ci fa ben sperare che una volta riportati sulla Terra questi campioni possano effettivamente rispondere alle nostre domande", spiega Teresa Fornaro.

Come hanno subito chiarito gli esperti della Nasa in una conferenza stampa organizzata per dare l'annuncio della scoperta i campioni di roccia raccolti su Marte contengono molecole organiche "associate alla vita" ma che possono essere prodotte anche da processi non biologici. Le molecole organiche, ricorda la stessa Nasa, possono comprendere un'ampia varietà di composti formati principalmente da carbonio. Di solito includono atomi di idrogeno e ossigeno ma possono contenere anche altri elementi come azoto, fosforo e zolfo. 

"Non sappiamo ancora se queste molecole organiche derivino da vita passata su Marte oppure siano molecole geologiche, formatesi in seguito a processi geochimici sulla superficie del pianeta. Un'altra ipotesi è che siano addirittura essere molecole meteoritiche, cioè prodotte nello spazio e poi trasportate su Marte attraverso la caduta di meteoriti", osserva al riguardo la ricercatrice dell'Inaf.

In attesa della missione Mars Sample Return

In attesa di poter analizzare i campioni direttamente sulla Terra gli scienziati affiancano ai dati che giungono da Marte delle ulteriori indagini condotte in laboratorio con esperimenti di simulazione dell’ambiente marziano per aiutare l’interpretazione dei risultati forniti dal rover.

"Stiamo lavorando sodo anche per riprodurre quei campioni in laboratorio. E’ proprio quello che faccio io all’osservatorio di Arcetri a Firenze dove abbiamo un laboratorio di simulazione dell’ambiente marziano: prepariamo delle miscele di molecole e minerali come questi solfati che sono stati rinvenuti e mettiamo questi campioni analoghi in condizioni simili a quelle marziane, quindi forte irraggiamento ultravioletto e bassa pressione.

In questo modo vediamo come le molecole si trasformano, confrontiamo il destino di diversi tipi di molecole - quindi biologiche, abiotiche e meteorite - e vediamo con strumenti simili a quelli che si trovano a bordo del rover quali sono i segnali che ci aspetteremmo per questi diversi scenari. Questo ci sta aiutando a capire l’origine di questi organici. La conferma della loro possibile natura biologica avverrà comunque quando potremo averli sulla Terra e potremo analizzarli nei laboratori terrestri dove le nostre apparecchiature sono molto più sensibili e hanno un’altissima risoluzione rispetto a quelle miniaturizzate che possiamo mettere a bordo di un rover", continua la ricercatrice Teresa Fornaro.

I prossimi obiettivi di Perseverance

Una risposta definitiva sull'origine delle molecole organiche rilevate su Marte arriverà quindi tra diversi anni, ma intanto Perseverance ha ancora molto lavoro da svolgere.

"Abbiamo raccolto altri due campioni sempre al delta e il prossimo sarà un campione di regolite marziano, quindi non un campione di roccia compatta ma di materiale più disgregato che costituisce il suolo marziano. E poi questo primo set di campioni che abbiamo raccolto sarà depositato vicino al delta in un luogo che si chiama Three Forks e che è stato individuato come un luogo abbastanza sicuro per l’atterraggio di un lander per riportare i campioni sulla Terra". 

I campioni raccolti finora sono adesso custodite all'interno di speciali provette che dovranno isolare e preservare il valore scientifico del loro contenuto per oltre 10 anni sulla superficie marziana, prima che la missione di sample return vada a ritirarle e le riporti sulla Terra.

"Questo è un primo set di campioni, non è quello definitivo però la strategia utilizzata finora è stata quella di raccogliere ogni campione in duplicato in modo da poter depositare un primo set di campioni all’inizio della missione, forse già entro novembre. In questo modo se il rover dovesse fallire nei prossimi mesi ed anni sarà comunque possibile recuperare dei campioni da riportare sulla Terra. Se la vita del rover continuerà a lungo ci aspettiamo invece di raccogliere altri campioni e a bordo continuerà a portare uno dei duplicati che ha raccolto finora. In questo modo potrebbe riportarli esso stesso al lander che poi prenderà i campioni, li metterà all’interno di un razzo, li lancerà in orbita e la sonda orbitante li riporterà sulla Terra", spiega la participating scientist della missione.

"Quindi l’idea è quella di continuare l’esplorazione, adesso ci aspettiamo di fare una salita di una quarantina di metri per esplorare la parte superiore del delta e poi andare verso il margine del cratere che è una regione ricca di carbonati che hanno anch’essi un elevato potenziale di preservazione per le biofirme molecolari. Poi, una volta finita tutta la parte di esplorazione di Jezero, vorremmo allontanarci per portare tutti i campioni al lander quando arriverà nel 2033. Speriamo per quel tempo di avere un set di campioni molto più completo, molto più vasto di quello che depositeremo a novembre", conclude Teresa Fornaro.

Solo quando i campioni arriveranno sulla Terra sarà quindi possibile capire se se sia mai esistita la vita su Marte. Nel frattempo è possibile seguire le imprese di Perserverance seguendo i suoi cinguettii su Twitter (dove ha altre 3 milioni di followers) o la mappa interattiva che mostra la sua ultima posizione.

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